Un ponte per dimenticare, un ponte sull’ignoto. Per scordarsi rapidamente di chi è rimasto là sotto, per ignorare che le autostrade sono una frana ancora tutta da sanare. I sentimenti alla grande (sobria?) inaugurazione sul Polcevera, appaiono contrastanti.
di Angelo Verrando (*)
Si scopre che, a fronte di tanta tecnologia post-disastro, c’era il progetto di usare quel viadotto come una circonvallazione per il traffico leggero attorno alla città. E pure che i tir dovevano passare su un altro viadotto, peraltro mai costruito. Ma intanto sarebbe facile, ora, dare colpe al traffico pesante che lì, ma pure nella galleria Coronata, e sull’elicoidale, non avrebbe dovuto mai essere ammesso. Non perché in grado di mettere a rischio un manufatto bello ma fragile. Ma perché è mancata una struttura alternativa, meno bella, ma adeguata a sopportare tonnellate di carico al minuto. E’ mancata la progettazione di un’opera rimasta in qualche idea, in qualche cassetto polveroso.
Ecco: dovremmo rimanere ancora un po’ a quella maledetta vigilia di Ferragosto. A riflettere, piangendo, a cosa siamo, a cosa vorremmo essere, a cosa pensiamo di essere. Ad aziende che, non ancora estratta l’ultima salma, hanno già pensato agli azionisti, a un possibile crollo in borsa. Con un crollo, quello sì, già avvenuto. A quel pompiere che dall’alto di una autoscala, urlando con voce strozzata e insistente: “C’è qualcuno? C’è qualcuno??”, e per tutta risposta ha ricevuto la eco solo dai giganteschi massi di cemento sbriciolati nel greto del torrente. L’unica figura di riferimento di quel Ferragosto che appare già così lontano, è apparsa oggi quella del presidente della Repubblica. Nessuna parola di circostanza, silenzio più che eloquente anche al taglio del nastro, cerimonia così ambita dai politici sempre in campagna elettorale. Solo un breve incontro con i parenti delle vittime. Ma imparare è sempre una strada in salita. La nuova speranza nel futuro, la nuova immagine di Genova, i ‘modelli’ più avveniristici e spregiudicati riproposti con forza, appaiono sentieri più agevoli. Ricordando un’unica frase apprezzabile scritta su un bianco lenzuolo con vernice nera, in una recente visita di vip sotto il ponte crollato: “Basta passerelle”.
CONTROLLI. San Giorgio, in sella al cavalo con la sua lancia, avrà un gran daffare per trafiggere certe convinzioni demoniache. E’ stato assicurato che durante il blocco imposto dall’emergenza sanitaria, i lavori di controllo – e di sistemazione – nelle gallerie e sui viadotti, sono proseguite 24 ore al giorno e sette giorni su sette. Altre voci incontrollate, parlano invece di cassa integrazione generalizzata per tutto il personale di Autostrade e, quindi, sospensione degli incarichi pure alle aziende collegate. Chi è stato in grado di verificare anche solo una di queste affermazioni? Il ministero dei Trasporti? La Regione Liguria? La magistratura? La domanda è tutt’altro che oziosa: al termine del blocco abbiamo scoperto che il fervore dei controlli, delle chiusure di lunghi tratti, delle attente verifiche, ha provocato lunghe code, danni devastanti all’economia turistica, stress da vendere per migliaia di automobilisti. Ma siamo ancora a discutere degli effetti. Mai delle cause e delle responsabilità di qualcuno.
BARRIERE. Parliamo di protezione, di dispositivi fonoassorbenti o di sicurezza che dir si voglia. La magistratura ha aperto un’indagine con l’ipotesi di truffa in pubbliche forniture. Bisognerà dimostrare davanti a un giudice che le barriere installate da decenni, ma anche le più recenti, non proteggevano né dal rumore e meno che mai da cadute di materiali dai viadotti. L’avessero chiesto a chi abita sotto un viadotto, la consulenza sarebbe stata perfetta. E’ solo una sensazione. Ma qui è successo l’inimmaginabile. Su evidente sollecitazione dell’indagine in corso, gli addetti sono stati incaricati di smontare le barriere ‘illegali’.
I lavori di demolizione lungo decine di chilometri di tragitto, sono stati rapidi, non solo nel tratto Savona-Genova, ma pure verso il Levante ligure. Nel frattempo, in diversi punti a ridosso del tracciato, sono apparse anche cataste di nuove – e regolamentari – barriere, pronte per essere installate. Pronte? Ecco: sono ancora lì, pronte. Accatastate. Ma mai installate. Dato aggiornato ai primi di agosto 2020. Domandarsi chi deve verificare cosa sta succedendo, appare velleitario. Tutti presi da altri lavori più urgenti? Tutti a pensare alla sicurezza di gallerie e viadotti? Tutti in qualche tunnel della frenesia? Intanto larghi squarci ai bordi delle carreggiate autostradali aperti con la rimozione delle vecchie, vituperate, illegali, barriere, indicano che almeno una parte della sicurezza è stata dimenticata, archiviata. Altri rischi per chi transita sull’autostrada. Altri allarmi per chi vi abita sotto, lungo il tracciato. E il ministero dei Trasporti che non consente ad Autostrade di installare a proprie spese nuove barriere.
TIR E FS. Molti pubblici amministratori hanno fatto propria la protesta, le richieste di risarcimento, il cahier de doleances che arriva dal mondo dell’autotrasporto e degli operatori dello scalo più importante del Mediterraneo. Problematico arrivare e uscire dal porto, uguale ingenti danni economici per tutti. E la politica dice di voler andare in soccorso ancora una volta, a chi soffre. Anche qui una verifica non farebbe male. Bisognerebbe chiedere a qualcuna di quelle aziende di trasporto così penalizzate dai blocchi, deviazioni, inaccessibilità ai varchi portuali, se negli ultimi sei mesi hanno mai pensato di cambiare, diciamo così, stile di vita.
Ad esempio, caricare tutti quei container che giornalmente debbono andare e venire dal porto, su convogli ferroviari? Almeno provvisoriamente poteva costituire una sorta di esperimento. Rispondere no, appare quasi banale. Ma c’è di più: il traffico su gomma, come lo chiamano gli esperti, negli ultimi mesi sembra quasi essersi intensificato, quasi che il trasporto sui tir, reso così difficoltoso e penoso, sia diventato il solo. Una piccola prova è fornita dal viadotto Teiro sud, direzione Genova. Rifatte venti linee di giunto per contenere rumore e vibrazioni, prima del blocco, i tecnici sono dovuti nuovamente intervenire per rifare il fondo dell’asfalto e la parte tecnologica sottostante per la nuova protesta degli abitanti che riscontravano forti vibrazioni e rumori talmente insopportabili che la notte non lasciavano dormire le persone. Tutto provocato da un intensificarsi del traffico pesante in pieno lock-down.
E che dire della ferrovia? Le gloriose Fs sono sempre più orientate verso le dismissioni, i risparmi e i tagli. E i risultati si vedono. Che la Genova-Ventimiglia venga considerata come un ramo secco per il traffico passeggeri, è ormai realtà. Figuriamoci per le merci.
VIADOTTI MALATI. Quello in direzione Genova è stato ultimato nel 1957, ossia dieci anni prima del Morandi. Quello a nord, in direzione Savona, è di circa dieci anni più giovane. Ma le magagne sono identiche per i viadotti Teiro di Varazze così malati. Forse la corrosione del salino, forse per altre cause, la situazione è a dir poco preoccupante. E immobile. Accertamenti, sopralluoghi, promesse. Tante parole, pochi fatti. Siamo votati solo alle preghiere, ma anche intenzionati a far sentire la nostra voce a tutte le prossime consultazioni popolari. Agli abitanti del popoloso quartiere a sud, e agli artigiani e altre famiglie di quello a nord, è venuto in mente di intitolare i due ponti a Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa. Per essere più protetti, almeno in senso spirituale. San Giorgio là, Caterina qui, che a Varazze sconfisse la peste. Altri tempi. Quando le cattedrali erano nel cuore della gente e luoghi di devozione popolare. Non santuari nel deserto delle idee e delle intenzioni. Oltre che della volontà e della serietà.
Albenga Verrando
(*) portavoce del comitato viadotti Teiro di Varazze