La cronaca non finisce mai di sorprendere e stupire, soprattutto quando ci sono contenziosi. Ma ciò che anche un vecchio cronista, abituato a raccontare migliaia di vicende, non si sarebbe mai atteso, è riferire di una smentita -rettifica che ci riporta all’unico eremita della Liguria che dopo 22 anni, il mese scorso, ha lasciato l’eremo di Nava per trasferirsi a Ubaga. C’è un aspetto ed un retroscena davvero clamoroso a leggere la lettera che abbiamo ricevuto dall’avv. Gabriele Castiglia, studio legale a Ceriale.
“E’ assolutamente falso che la mia assistita ed il suo compagno avrebbero perpetrato dispetti, soprusi e angherie nei confronti dell’eremita. Non corrisponde alla realtà dei fatti. Al contrario, smentiscono. Semmai padre Massimo Sturla ha aggredito la mia assistita e ha portato all’emissione di decreto penale a carico del frate e alla richiesta danni della donna che, per le ferite riportate, dopo la violenta aggressione patita per mano del sig. Massimo Sturla, ha subito traumi guaribili in 40 giorni come da referto medico”.
E ancora dal legale: “.…Non è più intenzione dei miei assistiti tollerare ulteriori illazioni e ricostruzioni fantasiose della vicenda, quali l’intervento pacificatore del maresciallo dei carabinieri di Nava, in qualità di paciere, circostanza che se provata sarebbe gravissima e da censurare”.
Corretto prendere atto di una versione dei fatti ad opera dell’altra campana. Un’asserita altra verità, persino giudiziaria. Non ci era stato possibile, infatti, raggiungere telefonicamente tutte le parti in causa, dopo aver cercato invano di contattare persone che rivestono ruoli istituzionali in valle Arroscia e oltre. La risposta era: ‘Non ci risulta nulla....Non è accaduto nulla.…’. Oppure: ‘Meglio lasciar
perdere…Seguite l’esempio degli altri giornalisti …’. Come se alla base della decisione di un eremita di cui si sono occupati negli anni media cartacei (tra cui Il Secolo XIX e La Stampa, la Repubblica edizione ligure), Rai 3 Liguria, ImperiaTv, blog e social imperiesi e liguri, pubblicazioni nazionali, fosse notizia pruriginosa, pettegola, di nessun interesse pubblico. Del resto le fonti che ci era stato possibile contattare, anche nei giorni precedenti il ‘trasloco’ da Nava al bosco di Ubaga, apparivano concordi nella versione che padre Massimo se n’era andato per le ‘cattiverie subite’.
Il nostro ruolo non è quello di fare indagini, né giudicare, ma riferire ciò che un giornalista si sforza di sapere e descrivere. Con i suoi limiti umani e professionali. Esercitando libertà di cronaca e, se ritiene il caso, di critica. E non ci siamo limitati alle voci del bar o della strada. Come testimonia la stessa lettera del legale. Non ci resta, sperando di non ricevere altre smentite e rettifiche anche da parte del sacerdote, che avere il tempo e la possibilità di recarci nel suo nuovo eremo. E metterlo di fronte ad un’altra versione dei presunti accadimenti (anzi reati) che ci sono stati comunicati nero su bianco. Certo, avevamo riproposto pure la domanda in merito alla sua determinazione di lasciare Nava e lui a rispondere sorridente (era il pomeriggio del Corpus Domini) : ‘Non c’è stato nessun problema, ho scelto di venire qui e ringrazio la Provvidenza’.
Dunque nell’allontanamento da Nava, dopo 22 anni, nessuna
responsabilità ne comportamento altrui ? O “di quelli – ricorda il legale – facilmente identificabili da tutti i residenti della zona di Pornassio”. Chissà, ripeteva un vecchio maestro capocronista al Secolo XIX, se a volte non sia utile un bel processo per diffamazione per conoscere verità e retroscena che magari emergono soltanto in aula di giustizia, con tutti i protagonisti e testimoni. E nel caso di Nava magari il popolare ed apprezzato maresciallo dei carabinieri.