Siamo una sola Umanità, figli dello stesso Diritto, soggetti tutti degli stessi diritti e doveri, ma non abbiamo mai il diritto alla paura e all’egoismo. Mai. Ebrei nel mirino a causa ’imbecillità, alimentata dal vuoto culturale e quindi dall’ignoranza che domina il nostro paese, dalle campagne ai vertici dello Stato, Parlamento compreso. I mezzi sociali di comunicazione, dandogli visibilità, ne ingrandiscono la portata, favorendo il diffondersi dell’epidemia.
di don Paolo Farinella
Nutro CINQUE provvisori auspici:
1. Auspico che in tutte le scuole di ogni ordine e grado sia introdotto lo studio della Costituzione del 1948, con esame obbligatorio in tutti gradi del sapere. Nelle Università, la Costituzione deve essere «materia primaria» in tutti i piani di studio di tutte le facoltà con esame finale, scritto e orale perché deve costituire il coronamento di tutto il «cursus studiorum».
2. Auspico che tutti gli aspiranti a cariche pubbliche nello Stato Repubblicano, elettive o per concorso, siano obbligati al giuramento sulla Costituzione e alla dichiarazione contro ogni forma di antisemitismo e razzismo, in applicazione del comma 2° dell’art. 3 della Carta costituzionale.
3. Auspico che tutti gli insegnanti siano Maestri di cittadinanza universale e insegnino agli studenti che l’unica qualifica degna della civiltà è la condizione umana di ciascuno, sia singolo sia gruppo di qualsiasi nazionalità e Paese.
4. Auspico che tutti coloro che hanno concessioni dallo Stato o contraggono rapporti economici con esso, dichiarino che utilizzeranno le strutture e gli strumenti delle loro attività economiche, culturali o massmediatiche nel rispetto assoluto e letterale dello spirito e della lettera della Costituzione, in modo particolare, impegnandosi a bandire ogni forma di antisemitismo e di razzismo.
5. Auspico, infine, che noi qui presenti, da oggi, decidiamo l’ostracismo definitivo dell’antisemitismo e del razzismo, anche velato, dalla nostra coscienza, come atto di risarcimento verso Viktor Ullmann e tutti coloro che come lui, dopo avere scritto pagine memorabili di alta cultura, internati nei lager, hanno scritto l’ultima parola, l’ultima nota, l’ultimo verso nei formi crematori di Auschwitz o di altri inferni nazisti.
Dal campo di Terezin pochissimi sopravvissero, compresi i bambini che morirono tutti nei forni di Auschwitz. Poiché è necessario coltivare la «memoria» e fare i conti con la storia, noi continueremo, anche se dovessimo essere da soli, anche se dovessimo marciare in un deserto arido di umanità.
Vi diamo appuntamento qui a Palazzo Ducale in Genova, venerdì 24 aprile 2020 nel pomeriggio per inaugurare la mostra documentale sul poeta Giorgio Caproni, nel trentennale della sua morte. Egli fu resistente e partigiano e vogliamo onorarlo anche in questa veste. Il giorno dopo, il giorno della Liberazione il 25 aprile 2020 alle ore 16,30 in San Torpete, il giornalista e scrittore, Massimo Minella, con sottofondo della fisarmonica di Franco Piccolo, ricorderemo ancora Giorgio Caproni resistente con la lettura di alcuni suoi testi.
Subito dopo, ascolteremo la storia di «Campo 52», il lager nazifascista nostrano a Coreglia della Fontanabuona, con cui ancora noi liguri dobbiamo fare i conti storici e morali. Una occasione speciale per uomini e donne forti e liberi che non abdicano al loro dovere, alla loro coscienza e alla loro civiltà che difendono nel quotidiano dovere della vita.
Ringrazio Palazzo Ducale che ci ospita, la Fondazione Giorgio e Lilli Devoto e le Edizioni di San Marco dei Giustianiani che con l’Associazione Musica&Cultura San Torpete sono la fucina in cui queste iniziative sono forgiate; il Centro Aleph-Tau – Centro Culturale Primo Levi e il Göthe Institut che ci hanno dato il loro patrocinio.
«Per non dimenticare» dedicato alla Memoria della Shoàh, e nello stesso si distingue dalle celebrazioni ufficiali, ormai sufficienti a contrastare il rigurgito di sentina che sale dalle fogne del nostro tempo, registrando rimpianti di nazifascismo, esaltazioni di nazismo e vergognosi gesti di antisemitismo. Ne sono testimonianza amara le ultime scritte sulle porte di Ebrei e Partigiani in diverse città d’Italia. Il comune di Salò ha mantenuto la cittadinanza onoraria a Mussolini; a Predappio i pellegrinaggi alla tomba di Mussolini sono continui; Verona intitola una via al repubblichino fascista Giorgio Almirante; negli stadi e sui muri si grida e si scrive «Anna Frank, brucia». Gli Ebrei sono di nuovo nel mirino non della storia, ma dell’imbecillità, alimentata dal vuoto culturale e quindi dall’ignoranza che domina il nostro paese dalle campagne ai vertici dello Stato, Parlamento compreso. I mezzi sociali di comunicazione, dandogli visibilità, ne ingrandiscono la portata, favorendo il diffondersi dell’epidemia.
Siamo qui non a celebrare, ma a incontrare un ebreo, di nazionalità ceco-austriaca, musicista e compositore, internato nel villaggio-lager cecoslovacco, Teresin, a 60 km da Praga. Teresienstadt non è un campo qualsiasi, ma un villaggio, trasformato in campo di concentramento prima e poi in lager. In esso erano rinchiusi gli artisti di tutti i campi della cultura e anche da bambini che formavano cori canori e teatrali. I nazisti scientificamente li utilizzavano per mostrare, durante i controlli della Croce Rossa Internazionale, che – Horribile dictu! – nei lager del Führer si faceva la bella vita. Non solo così si umiliava, disprezzandola, la vita di persone, colpevoli di essere ebrei o rom, o testimoni di Geova o omosessuali o portatori di handicap, ma erano vilipesi e massacrati sul piano culturale, cioè nel loro spirito. La loro arte, infatti, il loro sapere fu usato come espressione di schiavi senza dignità e senza diritti.
Qui a Palazzo Ducale, vogliamo trascorre un’ora di amicizia e compagnia con il compositore e poeta, VIKTOR ULLMANN che, tra le tante, ci ha lasciato l’opera da lui musicata nel campo di Teresienstadt: «Canto di amore e morte dell’alfiere Christoph Rilke», melologo per pianoforte e voce recitante sul testo di Rainer Maria Rilke.
Per la vostra presenza e il nostro ascolto, il suo nome splende nel cielo degli Uomini liberi e degli artisti sommi, mentre il nome dei suoi aguzzini è sepolto sotto la vergogna e il ludibrio dei giusti. Finché ascolteremo le opere sue e degli altri artisti, noi saremo una diga invalicabile contro i rigurgiti antisemiti di oggi e di domani; finché suonerà la Musica di Vicktor Ullmann o leggeremo le poesie, i diari, le opere degli internati e la loro vita, nessuno potrà mai sconfiggere la Storia che appartiene ai «Martiri», mai agli aguzzini, oggi viventi nei negazionisti.
Se siamo arrivati a questo punto, dopo 70 anni dall’orrore della seconda guerra mondiale e dall’invenzione dei lager di sterminio, se dobbiamo ancora occuparsi di negazionisti e nostalgici di Hitler e Mussolini, io penso che sia anche Anche per responsabilità della Chiesa cristiana. Essa, infatti, ha dato la cornice teologica all’antisemitismo, alimentandolo e diffondendolo nei secoli con l’assurda accusa di «deicidio». Non basta dichiarare che «gli Ebrei sono i nostri fratelli maggiori»; non è sufficiente affermare che Gesù era ebreo, che gli apostoli e i primi cristiani erano ebrei; non basta riempirsi la bocca di frasi ad effetto, perché è necessario assumersi le responsabilità delle proprie azioni e dei propri insegnamenti, con un esame di coscienza, un riconoscimento della propria colpa e, finalmente, porre una definitiva pietra tombale, obbligando l’intera teologia a farsi carico della verità storica e della purificazione del pensiero religioso.
L’antisemitismo è un marchio indelebile che grava su ciascuno di noi finché non faremo i conti, tutti i conti, con la storia del nostro passato. L’antisemitismo è il fondamento e la giustificazione di qualsiasi forma di razzismo e di xenofobìa che non possiamo combattere con declamazioni, ma dobbiamo sconfiggere con le scelte ordinarie, quotidiane, anonime della vita di ogni giorno: sono scelte di rispetto, di accoglienza, di politica, sono scelte che operiamo quando andiamo a votare, eleggendo uomini e donne «giusti», non mercenari di se stessi che urlano contro i più deboli. Noi facciamo la storia con il nostro pensiero, le nostre decisioni, il nostro voto, le nostre letture, le nostre parole, le nostre paure, le nostre incertezze. Siamo noi che alimentiamo l’antisemitismo e il razzismo, quando pensiamo di difendere solo i nostri interessi a scapito di quello degli altri. Ogni volta che neghiamo il diritto ad una sola persona, diversa da noi, noi le rinneghiamo per noi e per l’intera umanità. Siamo una sola Umanità, figli dello stesso Diritto, soggetti tutti degli stessi diritti e doveri, ma non abbiamo mai il diritto alla paura e all’egoismo. Mai.
Paolo Farinella, prete