Sul quotidiano La Stampa di domenica 21 gennaio 2018 e di domenica 28 gennaio e sul settimanale L’Ancora di domenica 28 gennaio, compaiono vari articoli che descrivono la disastrata situazione in cui versa il trasporto ferroviario nel Sud – Ovest della Provincia di Alessandria. Purtroppo, l’avventata riforma costituzionale del 2001, che, in seguito ad un travisamento del concetto di federalismo, che implica un e pluribus unum e non già un divide et impera, come si cerca di fare oggi, assegnando l’organizzazione di molti servizi, tra cui quello dei Trasporti, alle singole Regioni, ha creato de facto venti Italie differenti, anzi, fors’anche ventuno, essendo, in Sud Tirolo ogni Provincia autonoma nell’ambito della Regione. Leggi anche il documento di tre gruppi consiliari di minoranza a Savona e cosa disse il sottosegretario ai Trasporti del Pd Umberto Del Basso De Caro a proposito del raddoppio della linea Savona – Cairo M. – Torino (spesa prevista 400 milioni) e del raddoppio Andora – Finale (1 miliardo 700 milioni). La dissennata delibera della Giunta Regionale del 2012, che, su circa un terzo della rete ferroviaria Piemontese, ha sospeso un servizio già programmato in maniera tale da non soddisfare le esigenze dei viaggiatori, anzi, forse, architettato per scoraggiare l’uso dei treni, ha lasciato ferite ancora oggi aperte ed urenti, come traspare dal malcontento che serpeggia tra l’utenza, sempre più costretta ad arrangiarsi con altre soluzioni. In altre epoche, nessuno avrebbe mai pensato di chiudere linee come quella che da Acqui Terme conduce a Genova in periodo di alta stagione turistica e, nei casi in cui le chiusure per lavori fossero state inevitabili, l’autobus sostitutivo era limitato allo stretto necessario, sfruttando, per quanto più possibile, la ferrovia, le cui stazioni non avevano ancora subito le amputazioni ai piani dei binari ormai divenute tristemente note.
Scendendo nel dettaglio delle due linee considerate dagli articoli sopra segnalati, si deve, innanzi tutto, osservare che la linea Acqui Terme – Nizza Monferrato – Asti, è solo una sottotratta di quella linea del Turchino, che proviene da Genova e conduce ad Asti, come ben chiaramente testimoniano le progressive kilometriche. Sono pienamente comprensibili le ragioni addotte dai viaggiatori, che sono costretti a sobbarcarsi disagi per sei mesi, ma è essendo vero che questi siano inevitabili, essendo impossibile eseguire le operazioni senza interrompere la circolazione. Purtroppo, la dissennata politica della rete snella ha depauperato gli impianti, riducendo la stazione di Alice Bel Colle, al pari di altre più a Nord, ad una semplice fermata, con il solo binario di corsa e quella di Mombaruzzo ad impianto minimale d’incrocio con un breve binario tronco di ricovero, il che non consente né di ovviare ad eventuali perturbazioni nella regolarità dell’esercizio, né di intensificarlo, né di limitare le interruzioni con relativa sostituzione stradale al minimo indispensabile. Non essendo la prima volta che s’interviene nella galleria posta tra Alice Bel Colle e Castelletto Molina, paese che, peraltro, potrebbe essere servito dal treno mediante la realizzazione di una fermata in piena linea, si potrebbe cogliere finalmente l’occasione per adoperare il traforo attuale come foro pilota, allo scopo di realizzare una galleria a doppio binario, che consentirebbe di effettuare incroci in linea e, naturalmente, aumentare la velocità di fiancata. Parimenti, sul fronte del servizio, è impensabile non avere treni che percorrano l’intera estensione della linea, costringendo, sempre e comunque, i viaggiatori ad un cambio nella stazione di Acqui Terme, per (pilotata?) mancanza di coordinamento fra due Direzioni Regionali.
L’altra linea oggetto di disamina è il tronco Ovada – Alessandria, sui cui binari si è consumata la stessa farsa messa in atto anche su altre linee: se, dapprima, esistevano anche sette coppie giornaliere feriali e quattro o cinque coppie festive, si è cominciato a ridurre il servizio festivo, fino a sopprimerlo, e lo stesso dicasi del servizio estivo, in nome di una distorta programmazione dei Trasporti, che vede il mezzo pubblico solo come l’unica alternativa per chi non possa guidare, come, ad esempio, gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori. Nondimeno, l’impiego dell’autobus extraurbano su distanze così lunghe è improprio, essendo il suo ruolo quello di raccoglitore e di distributore nei confronti del treno, per tacere di inconvenienti derivanti da condizioni meteorologiche avverse, come la nebbia dello scorso lunedì 29.
Purtroppo, al pari degli altri settori della vita civile, anche nel campo del trasporto ferroviario, assistiamo ad una forte dicotomia tra punte d’eccellenza come l’alta velocità, necessaria, ma concepita per attraversare almeno mezza Nazione per volta, e le linee complementari, relegate ad un ruolo di stretta prossimità, con servizio ridotto a treni di breve percorrenza, sovente senza nodi interposti tra i capilinea, e fermata in tutte le stazioni. Tutto questo grazie ad una colpevole indifferenza, per non parlare di franca volontà di affossamento nei confronti delle linee complementari, molte delle quali, specie se poste in territori pianeggianti ed all’aperto, potrebbero essere percorse anche a velocità di tutto rispetto: infatti, per le linee ordinarie, sulle quali insistono passaggi a livello e marciapiedi di stazione, la velocità massima ammessa e di 200 km/h, ma, qualora tali adeguamenti fossero effettivamente messi in opera, le linee minori verrebbero, giustamente, a ricoprire il ruolo di complementari e non già di secondarie, nella cui limitazione molti vorrebbero confinare, anche, ma non solo, in vista di una paventata divisione in tre tronconi delle Ferrovie dello Stato (rete, trasporto ad alta velocità e trasporto regionale), e di una quanto mai indesiderabile privatizzazione del settore del trasporto ad alta velocità, le cui tariffe, a causa dell’infame politica dei prezzi di mercato, rendono il costo del viaggio sempre più una lotteria.
Va da sé che alcune operazioni di ammodernamento della rete, finalizzate a sfruttare appieno le potenzialità della ferrovia, che, grazie alle circolazioni eterotachiche ed alle diverse categorie dei treni offre una soluzione di viaggio più vicina possibile alle esigenze del viaggiator, oltre ad essere dispendiose, comportano d avere una classe politica che pensi al domani e non solo al classico hic et nunc, magari da sfruttare quale veicolo pubblicitario in occasione delle varie scadenze elettorali, come, ad esempio, succede per la viabilità stradale, dove non si contano più le varie rotatorie, sovente realizzate fuori asse o le tangenziali, desinate a non essere più tali, poiché catalizzano i più vari insediamenti al ciglio, con il risultato di creare traffico anziché ridurlo. Occorre fare per il trasporto su ferro quanto o, meglio, più di quanto non sia stato fatto, seppur senza alcuna logica e coordinazione, rispondendo a logiche meramente clientelari, per il trasporto su gomma.
Roberto Borri
E CRITICHE DA TRE GRUPPI CONSILIARI DI OPPOSIZIONE:
NESSUN FINANZIAMENTO PER LA FERROVIA TRA SAVONA E IL PIEMONTE
“Il piano industriale 2017/2016 del Gruppo Ferrovie Italiane presentato il 22 gennaio 2018 prevede, per quanto riguarda le stazioni della Liguria, 250 milioni di euro di investimento su 2,5 miliardi complessivi per 620 stazioni in tutta Italia. Ma non sono previsti finanziamenti sulla linea ferroviaria tra Savona e il Piemonte che per noi richiede un intervento urgente e prioritario”. La denuncia arriva dai consiglieri di minoranza di Savona Daniela Pongiglione (Noi per Savona), Manuel Meles (M5S) e Marco Ravera (Rete a Sinistra – Savona che vorrei).
“L’investimento per il biennio 2017/2019 è di 42 milioni di euro, già previsti per il 2019 altri 22 milioni – ricordano i tre esponenti delle minoranze savonesi – Saranno inaugurate nel 2018 le stazioni ferroviarie di Albenga, Genova Prà, Ovada. Nel 2019 toccherà a Genova Principe, Genova Sturla, Pietra Ligure, Taggia. Dopo il 2019 saranno completati i lavori delle stazioni di Cogoleto, Genova via di Francia, Genova Pegli, Monterosso, Rapallo, Santa Margherita- Portofino, Ventimiglia e Vernazza. Entro il 2026 saranno rinnovate 54 stazioni da Ventimiglia a Sarzana, e alcune località del basso Piemonte. Non sono previsti finanziamenti sulla linea ferroviaria tra Savona e il Piemonte”.
“Il 12 gennaio 2018 è stato firmato a Genova il nuovo contratto di servizio tra Regione Liguria e Trenitalia, che porterà entro il 2023 al totale rinnovo della flotta dei treni regionali. Il contratto 2018-2023 prevede investimenti per 557,7 milioni di euro (rinnovo parco rotabile, azioni di rinnovamento). Il nuovo contratto di servizio conferma la politica di rafforzamento del trasporto pubblico su ferro (voluta anche dall’Europa e recepita dal Governo italiano), che ha benefici reali anche in tema di sostenibilità ambientale, poiché il treno produce il 90 per cento di emissioni inquinanti in meno rispetto ai veicoli su gomma e contribuisce nettamemte a decongestionare il traffico sulle principali arterie stradali. Gli investimenti di Rete Ferroviaria Italiana si inseriscono nel quadro della ‘cura del ferro’ (sostenuta dal Governo e sollecitata dall’Europa) e nei rinnovati investimenti sulle infrastrutture del Paese. Nella nuova Legge di stabilità è stato inserito un fondo complessivo di 47 miliardi di euro, da utilizzare anche per le infrastrutture di trasporto. Il gruppo Rete Ferroviaria Italiana prevede di effettuare nei prossimi 10 anni oltre 94,5 miliardi di investimenti (73 miliardi per le infrastrutture, 14 per il materiale rotabile, 7 per lo sviluppo tecnologico). Ben 58 miliardi sono già disponibili, di cui 38 già stanziati nei contratti di programma”.
“Il 30 giugno 2017, nell’ambito del Convegno ‘La cura del ferro’ (Palazzo della Provincia), il sottosegretario Del Basso De Caro dichiara ‘fattibile il raddoppio della linea ferroviaria che da Savona porta verso Torino attraverso Cairo Montenotte. Si tratterebbe infatti di un investimento da 400 milioni di euro su cui si potrebbe trattare con Ferrovie dello Stato, perché è una linea che serve per collegare verso Nord il Porto di Savona’. In quella stessa occasione, l’ononorevole De Caro escluse la possibilità di un intervento imminente per il raddoppio tra Finale e Andora, dato l’importo necessario (1, 5 miliardi), ‘in quanto non si possono concentrare troppe risorse in una Regione dove c’è un investimento da 7,5 miliardi per il terzo valico’”.
“Dai dati sopra elencati è evidente l’assenza di investimenti previsti per la zona di Savona e in generale per la linea Savona-Torino. Negli ultimi quarant’anni non sono più arrivati finanziamenti per le infrastrutture ferroviarie. Questa carenza (e il progressivo degrado delle strutture) ha creato gravi danni alla vita econfmica dei territori, crea forti disagi ai viaggiatori e danneggia l’ambiente perché le merci vengono trasportate su gomma. Da almeno un decennio sono stati aboliti i treni merci. Però tutti i prodotti arrivano comunque dalla Francia, dalla Spagna, ma arrivano su camion: centinaia e centinaia di camion tutti i giorni viaggiano sulle nostre autostrade e attraversano le nostre Città, creando ingorghi, forti disagi e forte inquinamento”.