Un vecchio adagio ricorda: chi si loda s’imbroda. Non si conosce l’autore ma rispecchia la saggezza popolare. Solo per diritto – dovere di cronaca è doveroso dare atto degli oltre 800 messaggi ricevuti da ogni angolo della Liguria, del Basso Piemonte, dall’estero. La notizia che alla fine è toccato a me, dopo aver raccontato per decenni fatti di nera e giudiziaria: omicidi, sequestri, rapine, assalti, furti, aggressioni, violenze. Nel modo più inatteso ed audace perchè ero preparato, non mi sentivo mai sicuro, ero sempre su chi va là. La notte, ma anche il giorno. E’ accaduto forse per un’imprudenza: aver disattivato l’allarme dopo che era suonato una prima volta e si era rivelato ‘falso’, ma non era proprio così, esaudendo mia moglie inferma. Eppure c’è chi ripete che poteva andare molto peggio. Io ero armato, deciso, seppure da cardiopatico. La pistola a tamburo che mi hanno sottratto nel sonno e dopo l’uso di un potente narcotico, era a portata di mano, a fianco al cuscino. Di notte mi teneva ‘compagnia’. Ed altre volte era successo: allarme che suona, sveglia improvvisa, magari nel primo sonno, ispezione in casa, nell’orto, nel garage, sui terrazzi, con un naturale timore, presentimento, nervosismo, ansia.
Dopo il fattaccio, i giornali locali a tutta pagina, titoloni e locandine, Rai 3 edicola, Savona News, NiNiN, Rsvn, Radio Savona Sound, Primo Canale, Mediagold, ho ricevuto tanti attestati di solidarietà, vicinanza, conforto umano e morale, incoraggiamento. Dai colleghi, non tutti quelli con cui ho trascorso una vita al giornale; da sindaci (escluso quello di Loano, ma forse è solo una piccolissima negligenza o noncuranza), da esponenti del mondo professionale, commerciale, alberghiero, artigiani, pensionati tanti, giovani pochini, da sacerdoti già compagni di seminario ad Albenga. Tra i primi un imprenditore concittadino che qualche mese fa ha subito un agguato mentre si recava in banca ed ha pagato sulle propria pelle malvagità e violenza. Tanti lettori di questo umile blog e che in molti casi non conosco neppure di persona. Un gesto di sensibilità verso un giornalista che non appartiene, almeno credo, al quarto potere. Mi sono sempre sentito, come molti altri colleghi compagni di lavoro, un semplice servitore: per l’azienda che mi pagava lo stipendio e per i lettori che compravano il giornale. Motivato dall’orgoglio professionale di competere ogni giorno con altra testata, La Stampa in particolare. Essere i primi sulla notizia e qualche volta dare ‘buchi’ clamorosi, ma anche subirli.
E’ vero, ho vissuto i periodi in cui il glorioso Secolo XIX nella sola provincia di Savona aveva raggiunto punte di vendita in edicola che oggi si avvicinano quasi alla diffusione complessiva nazionale. Erano gli anni dei primi denunciati ed arrestati per ‘coca party’ nella Savona bene e in Riviera, gli anni degli omicidi a raffica, molti rimasti un giallo irrisolto, degli attentati incendiari a discoteche e locali pubblici, spedizioni punitive e vendette nel mondo della prostituzione, rinvenimento di corpi decapitati e sparatorie, rapine clamorose a banche ed uffici postali. Gli anni della ‘Teardo story‘, della pubblicazione dei nomi di centinaia di affiliati a logge massoniche liguri. Il primo caso in Italia di un giornale che pubblicava l’elenco di logge, maestri venerabili, massoni. Gli anni del picco diffusionale con Gigliola Guerinoni, la ‘mantide’ di Cairo Montenotte e Ettore Geri, ‘amanti assassini diabolici’ e che hanno pagato fino in fondo il debito con la giustizia.
Ebbene cosa è cambiato per il pensionato giornalista che si dedica anima e corpo ad un blog senza pretese, magari più libero rispetto a ieri, con qualche esperienza in più da mettere a frutto ? Con tanti limiti. La memoria storica, aver sempre tenuto un archivio per non dimenticare, per ricordare, confrontare, mettere insieme i tasselli, possibilmente approfondire. Non sempre essere documentati crea fans.
Ho letto l’articolo che un conoscente mi ha inviato nella brutta circostanza ladresca e scritto dalla Gazzetta di Lucca a proposito del comportamento di certi ufficiali dell’Arma, comandanti di gruppo, di compagnia, di stazione. Be ! A me, dopo la nottaccia, dopo un referto medico che mi imponeva ‘riposo assoluto‘, in toto per cinque giorni, è successo di essere convocato per ‘motivi di indagine’ dal comandante la compagnia carabinieri di Albenga. Immediatamente e non c’è ‘scusa’ che tenga. E questo dopo aver descritto e sottoscritto per due volte, alla prima pattuglia intervenuta, e successivamente in caserma a Loano, i verbali davanti a militari molto professionali. L’ordine di recarmi al comando del nucleo radiomobile e operativo era categorico. Sono sempre stato abituato ad essere ligio verso le istituzioni democratiche e chi le rappresenta. Pur senza venire meno, quando c’era il motivo, al ruolo di giornalista. Ho fatto il mio dovere.
Il collega della Gazzetta di Lucca ha scritto, tra l’altro: “In 25 anni ( per me una quarantina ndr) ho incontrato ufficiali che avevano una caratteristica, una straordinaria umanità e la voglia di raccontare, oltre che stabilire un rapporto umano e di reciproca professionalità. Oggi non più….il comando provinciale appare come un fortino isolato ed assediato dal nulla….senza anima, attento agli incontri istituzionali ed ai comunicati stampa, agli inviti pubblici….”.
Non ho elementi per giudicare cosa accade in provincia di Savona, non scrivo più di nera se non quando ho notizia tramite amici e conoscenti di irruzione ladresche di cui raramente si legge sui giornali, come se si temesse di allarmare, infastidire, piuttosto che mettere in guardia. Da derubato e violato nella propria casa avevo appena iniziato l’esperienza del ‘Controllo di vicinato’. Un paio di mesi prima partecipando ad una riunione popolare, peraltro assai disertata dai cittadini, scoprivo che il sindaco Luigi Pignocca e il comandante dei vigili Luigi Soro ignoravano la statistica sui furti in città, sulle zone più a rischio, sulle ore predilette dai ladri, sui risultati del sistema di videosorveglianza. Allora (20 settembre) Ivg.it titolava, senza peraltro dare conto della carenza di dati oggettivi: “Tavolo della sicurezza di Loano, la parola d’ordine è ‘sicurezza integrata”. Con la notizia che il nuovo comandante la compagnia, maggiore Sergio Pizziconi, vasta esperienza nel ponente ligure, in particolare sul fronte della lotta alla mafia, aveva chiesto ai sindaci di creare una sorta di catasto delle telecamere private. Insomma pare di capire una lotta ‘pro sicurezza’ e legalità a 360 gradi. Resta da sapere come vengono gestite le notizie dei furti commessi o tentati. Se la stampa, i corrispondenti hanno accesso alle notizie come accadeva ai miei tempi o meno. E chi decide se ‘secretarle‘ o no.
Il collega della Gazzetta di Lucca sostiene che “L’Arma sembra diventata una banca, un’azienda, servono numeri, si gestisce un’immagine che deve dare sicurezza, ma che sicurezza volete dare se la gente paga sulla propria pelle il dilagare della criminalità ? Perchè nascondere, allora, la pura e semplice verità ? Forse perchè se qualche ufficiale si incazza e dice quello che pensa…lo sbattono chissà dove ed addio sogni di gloria ? Il trionfo della politica nell’Arma? “.
Non ho gli elementi per sostenere che in provincia di Savona succeda lo stesso. Posso testimoniare che la mattina del fattaccio, dopo la convocazione tout court al comando di Albenga ( vedi condizioni di salute e il giorno stesso avrei dovuto mettere in rete il blog giornalistico che coordino da volontario ) ho cercato di mettermi in contatto con il comando provinciale. Quando ero sulla plancia della cronaca accadeva anche più volte al giorno di cercare il comandante ed essere cercato. Per avere notizie e per confrontare il contenuto. Una collaborazione reciproca senza favoritismo reciproco. Ebbene non mi era più capitato di telefonare ad un comandante di Gruppo che viene descritto persona retta e saggia, poco incline ai salotti. Non sono stato fortunato. Un gentilissimo centralinista prima mi ha inviato a mettermi in contatto con la segreteria, poi ha preso nota visto che in segreteria non c’era nessuno in quel momento. Ho lasciato invano il recapito telefonico. Conclusione ? E’ verissimo, pur da vecchio giornalista, non ha alcun diritto ad essere cercato dal comandante provinciale dei carabinieri. Ha cose ben più importanti di cui occuparsi. E non ho dubbi sia così.
Poche righe mi sia concesso riservarle all’autore (Frate Tuck) che su RSVN, blog on line della provincia di Savona, ha così descritto la scena:
L’altro giorno i ladri sono entrati in casa a Luciano Corrado, una delle storiche firme del Secolo XIX di Savona, cronista di giudiziaria in anni caldi e caldissimi per la città (aggiungerei per l’intera provincia, il ponente ligure ndr). L’hanno narcotizzato. Poi hanno portato via quello che hanno trovato. Compresa una pistola. (Il primo porto d’armi per difesa personale risaliva al 1981 ndr). Corrado, quando stava nella redazione di via Paleocapa del Secolo XIX ( cambi di sede ne abbiamo avuti quattro ndr), si guadagnava il pane rischiando qualcosa tutti i giorni. Subiva minacce, intimidazioni, persino aggressioni.
(Persino da un assessore del Comune di Loano, regolarmente denunciato, ma amnistiato e prima ancora, sempre a Loano, da un imprenditore che poi diventerà consigliere comunale e padre di uno dei sindaci della città. Il fatto provocò un commento, in cronaca nazionale, dall’allora capo delle Province, il compianto collega Luciano Basso. Tralascio le aggressioni ad opera di pregiudicati, al punto da sfondare una vetrata del mio ufficio in redazione ndr).
Eppure lui andava avanti. Col suo lavoro. Per amore dei lettori e per passione. E perchè sapeva che i suoi pezzi contavano qualcosa, per chi li leggeva. E che potevano cambiare le cose, in una città strana e opaca come Savona.
L’altro giorno, dicevamo, hanno svaligiato la sua casa. La notizia è grossa, almeno quanto il personaggio. Eppure è finita solo sulla locandina della Stampa, il giornale (una volta) concorrente del Secolo XIX. La locandina di Savona del suo ex – giornale si occupava d’altro. Che distrazione” . Firmato Frate Tuck.
Vorrei chiarire che in Riviera la locandina aveva come primo titolo la mia disavventura. Sarò pure diventato un blogger controcorrente, che ha rinunciato ad ogni forma di pubblicità, ma non ho mai cambiato idea sul potere in qualsiasi forma si eserciti. E’ più difficile esercitarlo con saggezza, buon senso, umiltà, che subirlo. Spero di non essere stato troppo prolisso e noioso. E chiedo scusa se ho approfittato di tanto spazio, non mi era mai successo.
Luciano Corrado
Caro Luciano,
ho letto e riletto il Tuo articolo (vedi….) trovandovi magnanimi concetti presentati in bella forma. Ora, però, voglio esporti il mio punto di vista, che diverge fondamentalmente dal Tuo.
Le modalità dell’aggressione rispettano un disciplinare noto e collaudato: i Tuoi predatori erano professionisti smaliziati, esperti ed inesorabili che “lavorano” per conquistare beni, ricchezza, ed anche prestigio nel torbido mondo della malavita. Magari vengono da lontano ed a ragion veduta scelgono l’Italia e nell’Italia le zone favorevoli perché ricche e meno efficacemente presidiate. Ricorrono alla violenza ed alle armi solo dove incontrano resistenza: in tal caso sono inesorabili. Scelgono innanzitutto l’Italia perché sanno che le famiglie italiane di provincia seguono la tradizione di tesaurizzare denaro e cose di valore anche se vivono modestamente, che i vecchi sono molto numerosi (e le badanti spesso fungono da “pali”), che il presidio delle forze dell’ordine é discontinuo, che la giustizia é scandalosamente clemente (su ciò si potrebbe sviluppare un ricchissimo dibattito) grazie a benevoli leggi parlamentari.
Accanto ai predatori professionisti operano qua e là anche bande di puri praticanti della violenza, sadici avidi di sopraffazione a scopo di lucro. Fanno parte della sterminata orda di sbandati, nullafacenti, clandestini, senzatetto ecc.. che affluiscono incessantemente nel Bel Paese.
Il panorama é sconsolante perché le vittime non sanno costituire un fronte di difesa in quanto seguono maldestramente il consiglio di non opporre resistenza per evitare il peggio. Non esiste una coesione sociale che ispiri la solidarietà fattiva espressa dall’attenzione e dalla delazione.
In Italia, come qui in Svizzera, tutti hanno gli occhi per vedere, le orecchie per ascoltare, la bocca per parlare e la testa per pensare: ma qui ogni comare anche un po’ rimbambita si fa dovere di segnalare ogni altrui comportamento scorretto, strano o illegale: ecco la delazione. Che viene discretamente presa sul serio e funge da prevenzione in modo eccellente. Viceversa in Italia chi é attento e denuncia per solo sospetto rischia talvolta di subire noie o spesso di essere tacitamente sbeffeggiato.
Mi fermo qui: m’hai capito benissimo.
Potremo riparlarne perché le attinenze con altri italici fenomeni deteriori sono innumerevoli.
Cura ut valeas, Silvio