Pietro saliva ogni mattina sul treno a Finale per raggiungere l’Ospedale S.Martino di Genova dove la moglie era ricoverata per un grave incidente. E sempre, nel tragitto che ci consentiva di colloquiare per una mezz’ora si scagliava addosso tutte le colpe perchè lui era rimasto praticamente illeso mentre la moglie era in coma nell’ospedale genovese. Per oltre quattro mesi ho avuto l’onore, insieme ad altri compagni di viaggio, di seguire la sua storia, preoccupandoci la mattina che non saliva perchè magari si recava dalla moglie in altra ora. E pian piano sono stato testimone di un piccolo miracolo, di una situazione che migliorava a piccoli passi, e poi magari tornava stabile. Mi diceva che lui si accorgeva dei miglioramenti della moglie dallo sguardo, dagli occhi che apparivano di volta in volta diversi, a volte chiusi, a volte aperti con lo sguardo a fissare il soffitto bianco, a volte illuminati come a voler raccontare, a volere esprimersi.
Di Pietro mi è rimasto impresso la sua voglia, nonostante il dramma che viveva, di rimanere agganciato alle sue passioni: parlava sempre del Torino, la squadra di cui era innamorato il padre che come altri di quella generazione rimase straziato dalla tragedia di Superga. Mi chiedeva sempre al lunedì se avevo visto qualcosa della partita, quando la televisione era ancora la <sintesi di un tempo alle 19 > e Domenica Sprint alle 20.
Era come un distrarsi per questo omone grande, magazziniere che a volte, invece di parlare, si concedeva una piccola pennichella, stanco di quelle giornate. Le belle notizie, la moglie che migliorava, che passava a terapie che la riportarono alla vita di tutti i giorni. E poi, un venerdì mattina di novembre, una di quelle giornate di pioggia e freddo, la notizia che ci scaldò il cuore: <Domattina vado in macchina a prenderla e portarla a casa>: un applauso spontaneo da me e tutti gli studenti universitari partì come una liberazione. Fu l’ultima volta che lo vidi, e mai un congedo di un pendolare da un treno fu così bello. Mi ricordo solo, da sentimentalone come sono, che la domenica successiva mi trovavo sul treno per Genova: ero partito prima perchè avevo un esame al lunedì mattina. C’era una persona con la radiolina, aveva da poco ascoltato le voci indimenticabili di <Tutto il calcio minuto per minuto>: venne spontaneo di chiedergli cosa avesse fatto il Torino: <Ha perso 2-1> mi rispose, rimanendo incredulo per le mie lacrimucce.
Guglielmo Olivero
P.S. Le storie raccontate sono assolutamente vere e che di esse, per correttezza giornalistica, vengono cambiati soltanto i nomi che non modificano il senso del racconto.