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‘Cristoro Colombo è nato a Savona’. Il libro di Icardi di pregio filologico e bibliografico pone fine alle diatribe?


Franco icardi, direttore della Biblioteca Comunale di Cengioo, è lapidario: Cristoforo Colombo è nato a Savona. Di recente ha pubblicato un volume di divulgazione storica, ma anche di grande pregio filologico e bibliografico che dovrebbe porre fine a tutte le diatribe in proposito.

 di  Gianfranco Barcella

Franco Mauro Icardi, direttore della Biblioteca Comunale di Cengio ha sempre coltivato con passione lo studio della storia locale. Di recente ha dato alle stampe un volume di ricerche storiche pregevole anche sotto il profilo filologico e bibliografico, dal titolo  “Fine di un mito genovese: CRISTOFORO COLOMBO E’ NATO A SAVONA”.

Colombo per antonomasia è sempre stato considerato genovese, ma molte altre località ne hanno rivendicato la paternità, perfino in Spagna. Il grande navigatore, grazie al suo fiuto marinaro, fu talmente importante da segnare la fine del Medio Evo, almeno secondo l’ipotesi di molti storici accreditati.

Scrive lo studioso Franco Mario Icardi che tra l’altro ha seguito corsi di Antropologia, Etnologia e Linguistica all’Università di Abidjan in Costa d’Avorio e nel 2001 ha conseguito il diploma di bibliotecario presso la Biblioteca apostolica Vaticana : “Cristoforo Colombo nasce presumibilmente nel 1436. Una testimonianza autorevole che conferma questa ipotesi ci viene fornita da Andrés Bernaldez, dal 1488 fu parroco di Los Palacios presso Siviglia, poi cappellano di monsignor Diego Deza, arcivescovo di Siviglia e amico di Cristoforo Colombo. Da “Historia de los Reves Catòlicos …”:

Si legge: “Cristoforo Colombo nato nella provincia di Milano (natural de la provincia de Milan) e come uomo della terra di Genova (un uomo della terra di Genova (un hombre  de tierra de Jénova”. Questa discordanza è dovuta alla differente situazione geo-politica della città di Saona (Savona) che, al pari di Genova, dal 1421 al 27 dicembre 1435 si trovava sotto il dominio di Filippo Maria Visconti, duca di Milano. In tale periodo, infatti, i nati a Savona erano definiti “naturales de la provincia de Milan”, ma il 27 dicembre 1435 Genova si liberò dal giogo visconteo e nel marzo del 1436 Tommaso de Campofregoso ritornò ad essere il Doge di Genova. A quel punto Savona fu nuovamente sottomessa al Comune genovese e ne divenne un caposaldo nella guerra contro l’esercito milanese, stanziato nella Riviera di Ponente. Per questo motivo anche se Cristoforo Colombo fosse nato a Savona, dopo questa data, sarebbe stato indicato come uomo della terra di Genova”.

Franco Mario Icardi storico e studioso di Cristoforo Colombo

Occorre inoltre notare che “un hombre de tierra de Jénova” significa “un uomo del territorio sottomesso a Genova”. Ancora Franco Icardi rimanda a un’altra sua preziosa opera dal titolo: <Navigare rende curiosi> per continuare il suo approfondito excursus su Cristoforo Colombo: “Il punto cruciale della ricerca su Cristoforo Colombo è quello di stabilire la sua data di nascita. A tal fine è indispensabile partire dai suoi manoscritti autografi. Nella bozza autografa della Lettera di Cristoforo Colombo ai Re Cattolici ma mai inviata loro, si legge:< Altissimi Re: in giovanissima età cominciai a navigare ed ancora oggi vado per mare. Questa medesima arte inclina chi la segue a desiderare di conoscere i segreti di questo mondo. Sono al presente più di XL anni (più di 40) che io la pratico. Ho percorse tutte le rotte conosciute>. Cristoforo continua: “cominciai a navigare per mare de muy pequena edad (nella mia piccola età) e desde hetadad nueva (fin dalla tenera età)”.

I manoscritti riportano poi che ‘el almirane Crustòval Colon murio in senectute ‘(morì da vecchio) e la copia più antica aggiunge: “de edad de setenta anos (a 70 anni). Persino Paolo Emilio Taviani che fu lo storico per eccellenza di Colombo fece pubblicare questa copia antica nella quale si sostiene che Colombo morì a Valladolid all’età di 70 anni. (Da Le scoperte di Cristoforo Colombo nelle testimonianze di Diego Alvarez Chanca e di Andres Bernaldez, Roma. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,1990 (Nuova Raccolta col.VII pag.206 Edizione voluta da proprio da Taviani allora vicepresidente vicario del Senato per le Colombiadi del 1992). Oltre la cronistoria precisa della vita di Cristoforo Colombo dal documentatissimo saggio di Franco Icardi si evince, tra l’altro, la testimonianza del fiorentino Giambattista Strozzi che qualificò: “Colombo savonese armiraglio del òceano”.

Ed ancora il fatto che nessuno dei Colombo di Genova nel 1582-1583 rivendicò l’eredità dell’ammiraglio Colombo, unitamente alla prova indiscutibile della nascita dell’ammiraglio a Saona. C’è inoltre un’analisi storico-filologica molto intrigante, del cognome Colombo, molto diffuso dai tempi dell’ammiraglio sino ad oggi.

Da savonese ho molto gradito infine che Franco Icardi abbia inserito, inoltre, un quadro storico di pregio, della Savona del tempo, che riporto integralmente. Scrive Icardi: “Nel 1513 mori Giulio II e Savona perse l’aiuto di questo Papa Savonese (saonensis si firmava) che sosteneva l’indipendenza della città di Genova. Nel 1552 l’imperatore Carlo V vinse il re di Francia Francesco I alla Bicocca, ed il 24 Febbraio 1524 a Pavia. Allora il doge di Genova, Antoniotto Adorno, per porre un definitivo freno alle aspirazioni di libertà dei Savonesi, decise la distruzione del molo e l’interramento del porto di Savona. La convenzione conclusa nel marzo del 1526 recò anche la  tristissima clausola che chiunque avesse governato in Liguria, Savona avrebbe sempre dovuto essere alle dipendenze di Genova. Per il momento i Francesi tenevano a Savona un caposaldo militare ed economico. A questo punto l’ammiraglio Andrea Doria passò dal servizio al re di Francia a quello dell’imperatore Carlo V. Il 12 Settembre 1528, con un colpo di mano Andrea Doria liberò Genova dai Francesi ed entro l’ottobre fece la riforma del governo della città che da allora in poi la chiamerà Excellentissima Respubblica. Decretò  che Genova riottenesse la sottomissione di tutti i suoi  ex possedimenti, in particolare quello di Savona. Per consolidare tale supremazia e per evitare un nuovo attacco francese decide di assediare Savona. Questa era difesa dal governatore Francesco Solaro di Moretta e da un piccolo presidio francese. Andrea Doria attaccò da terra e dal mare, e la città dovette arrendersi senza combattere. Il 21 ottobre 1528 Savona firmò la resa a patto che i cittadini e le loro ricchezze fossero rispettate. Quando il 29 ottobre i Genovesi entrarono in Savona, non tennero conto della convenzione appena stipulata, e presi dal furore di vendetta, si accinsero ad assestare alla città un colpo mortale. Furono demolite le torri, spianati i bastioni ed interrato il porto. Anche la gloriosa campana che tante volte aveva chiamato i cittadini a parlamento venne rovinata affinché non si udisse più la sua voce. Queste distruzioni durarono sino al giugno 1529. Il saccheggio passò casa per casa e Agostino Abate scrisse nelle sue Cronache savonesi: “Serto (certo) li Turchi non aviano fati li danni che ne fece nostri vicini” di Genova.

Con il decreto del 20 Agosto 1529 i Savonesi vennero definitivamente privati di tutti i benefici. Quindi furono spremuti per pagare le indennità di guerra e dovettero anche rimborsare ad Andrea Doria le spese sostenute per le galee che avevano occupato la città di mare. L’annalista Filippo Casoni che ci ha trasmesso un resoconto del dibattito seguito alla sottomissione di Savona, attribuisce al patrizio genovese Gianbattista Fornari la seguente proposta: “Togliere di mezzo la città e deportarne gli abitanti mandandoli (I Savonesi) ad abitare divisi in altre terre della Liguria, o trasportarli  in diverse colonie a popolare la Corsica”.

Il patrizio Agostino Pallavicino espose una più mite proposta, che poi venne attuata, affermando che <tolto ai Savonesi il porto, e per questo mezzo, impedita loro la navigazionee levato il comerzio, verrà Savona a diminuirsi da se stessa di popolo e di ricchezze e però a perdere quelle forze, le quali potessero alzare gli animi degli abitanti, e tirarli a disegni alla pubblica quiete perniciosi”.

Nel 1534 Savona cessò di battere moneta e le sue monete:in circolazione persero ogni valore commerciale. Era veramente la fine del piccolo stato savonese. Sul Priamar la cattedrale di Santa Maria che era stata abbellita ed ampliata dalla munificenza del Papa Savonese Sisto IV e poi da Giulio II fu in pericolo di annientamento. I Genovesi chiusero l’accesso alla cattedrale e abbatterono tutte le chiese ed oratori delle confraternite (o casacce) savonesi che si trovavano sulla strada Chiappinata che da via Untoria saliva alla cattedrale. Ancora G.A. Abate riportò nelle sue Cronache Savonesi: “Havendo la luminosissima  Signoria de Genoa fato fabricare in la cità de Saona una fortesa inespugnabile alla quale lo convento di San Domenico restava solo e molto apreso e loro Signorie dubitando che  alto convento e iesia (chiesa del vecchio San Domenico)non avesse a  nozere alla dita fortesa ordinono (ordinarono) de farlo ruinare”. Ancora una volta i Genovesi rimangiandosi la convenzione firmata, abbatterono sino alle fondamenta tutto il vecchio convento di San Domenico il 20 aprile 1544. Distrussero anche tutti i documenti che lo riguardavano, condannandolo così alla damnatio memorie. La stessa fine aveva fatto nel 1542 la cattedrale di Santa Maria con il palazzo del Vescovo, quello dei canonici che furono tutti rasi al suolo fino alle fondamenta. Anch’essi furono condannati alla damnatio memorie. Nemmeno i pirati saraceni avrebbero fatto un tale scempio”.

“Per fortuna, oggi, i rapporti tra Savona e Genova sono un poco migliorati!”

La verità può far male, ma se la mettiamo a tacere, diventa velenosa.

Gianfranco Barcella 

Vedi inoltre: https://www.ivg.it/2024/03/savona-da-cristoforo-colombo-ai-papi-e-al-futuro-mauro-zunino-chiamiamola-citta-roveresca-servira-anche-per-capitale-della-cultura#share-anchor


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G.F. Barcella

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