Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Le croci sulle vette. 2/Il ‘santuario’ dei cetacei. 3/L’Isola Gallinara. 4/La miniera abbandonata di Bric Fariàn. 5/I meriti dei cacciatori e Campagna anti cinghiali


L’AIW, che da sempre si batte contro l’erezione di nuove croci sulle vette delle montagne, e che spesso ha criticato il Club Alpino Italiano per l’appoggio dato a queste iniziative (quasi sempre organizzate dalle loro Sezioni), almeno per una volta apprezza la decisione presa da quest’associazione escursionistica e alpinistica durante un recente convegno tenutosi a Milano presso l’Università Cattolica.

di Franco Zunino*

Convegno conclusosi «con una sostanziale convergenza dei tre relatori (monsignor Melchor José Sanchez de Tosca y Almeda, lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del CAI e il docente di diritto penale Marco Valentini) sulla necessità di preservare le croci esistenti in quanto testimonianze significative di uno spaccato culturale, e sull’opportunità per motivi interculturali e paesaggistico-ambientali di non istallarne di nuove».

Una posizione che si apprezza, in quanto in linea col pensiero della Wilderness da anni portato avanti, anche con non poche polemiche con alcune Sezioni del CAI. Non condivide invece la posizione politica presa dalla Lega e da Forza Italia e dai loro portavoce (Matteo Salvini e Antonio Tajani) dichiaratasi favorevoli ad ogni altra croce con la scusa che farlo significhi rispettare il diritto della cultura e della tradizione locale. In realtà, una posizione che sa più di impegno politico in vista delle imminenti elezioni europee, come hanno scritto alcuni media.

L’AIW ritiene che un conto sia il rispetto per le vecchie e tradizionali croci, finanche ormai storiche (almeno alcune), un conto pretendere di continuare ad erigere croci su ogni vetta per lo sfizio di qualcuno o di qualche gruppo o anche comunità locale. Questo perché, se per quelle del passato ci furono delle ragioni storiche, religiose o di tradizioni culturali, questo non può dirsi oggi, dove lo stimolo ad erigere altre croci è perlopiù solo esibizionistico di qualcuno; una specie di “marchio” del territorio che non ha ragione d’essere e che rappresenta solo un danno al paesaggio e la creazione di “mete” per gli escursionisti che necessitano sempre di opere antropiche da raggiungere, anziché limitarsi a godere della bellezza dei luoghi e della loro immacolatezza. In definitiva, oggi è saggia la posizione del CAI nazionale, perché è la più ragionevole. Ovvero: SI alle croci ormai storiche e tradizionali, NO ad ogni nuova croce, ma non per negare un diritto, ma per rispetto al paesaggio e alle leggi che lo difendono.

Ma non solo, l’AIW ritiene e avanza anche la proposta che siano smantellate tutte le croci erette negli ultimi anni che non abbiano una valida ragione giustificativa alla base della decisione; specie quando sono state installate per meri motivi esibizionistici, spesso anche personali o motivati da interessi tali, fosse anche solo quello di creare una “meta”!

IL SANTUARIO DEI CETACEI E L’ISOLA GALLINARA – Ora nel mare del Santuario dei Cetacei (o Pelagos) progetteranno anche un desalinatore per portare acqua potabile nella Val Padana. Attorno all’Isola Gallinara (che finalmente pare si cerchi di acquisire alla pubblica proprietà) o tra questa e la costa, posizioneranno non proprio una ‘piscina galleggiante’ come è stata impropriamente definita, ma un’area delimitata da ‘boe’ per praticare sport acquatici.

In tutta la vasta area marina del Santuario intanto continuano a navigare per ogni dove navi di tutte le stazze possibili, ovviamente turistiche, commerciali e militari comprese. La pesca non ha limitazioni alcuna (ovviamente) o solo quelle generiche. I mammiferi, che mai nessuno vi aveva cacciato, sono continuamente disturbati dai turisti a pagamento portati apposta ad osservarli. In pratica, forse i cetacei erano meno disturbati e più protetti quando nessuno li aveva resi famosi (anche perché nessuno li aveva mai cacciati!). Ma che razza di Santuario è questo Pelagos? Ci fosse qualcuno, a parte l’AIW, che abbia avanzato la proposta di tracciare all’interno dell’enorme triangolo tra Corsica, Toscana, Liguria e Costa Azzurra, almeno una vasta area dove tutto quanto sopra sia proibito: in pratica un’Area Wilderness marina. Solo così avrebbe la credibilità internazionale che merita.

Area Wilderness Bric Zionia – Curiosa e interessante, ma anche foriera di futuri impegni per l’AIW, la notizia apparsa nella pagina di economia & finanza del La Stampa del 25 giugno scorso: in un articolo che tratta della ricchezza di materie prime rare presenti in Italia, con allegata una carta d’Italia con l’indicazione dei principali luoghi della loro presenza, per quanto riguarda la grafite, vengono evidenziati due soli siti: il maggiore è quello della miniera di grafite della Val Chisone (Piemonte occidentale), il minore quello della vecchia miniera abbandonata del Bric Fariàn (che ultimamente appartenne proprio alla società industriale che possedeva e sfruttava l’altra miniera), settore dell’Area Wilderness Bric Zionia (Liguria, Savona)! A quando una richiesta di riapertura, specie qualora la grafite venisse ad essere richiesta per soddisfare quelle delle nuove tecnologie?

Sottaciuto merito alla caccia. Purtroppo, ancora una volta i tanto vilipesi cacciatori non sanno difendersi dalle calunnie che su di loro vengono regolarmente propalata dagli anticaccia (e i media loro amici spesso si guardano bene dal riportare, almeno loro, la verità dei fatti!). In Provincia di Savona è partita la campagna di riduzione dei cinghiali per cercare di fermare il diffondersi della peste suina africana (psa). Il Commissario governativo ha organizzato delle squadre di cacciatori preposti a questo compito, formandoli con dei corsi specifici, quindi, non più e solo cacciatori, ma biocontrollori, con obbligo di agire in questa veste. Eppure sui giornali non si parla d’altro che di “apertura della caccia”.

Ci fosse stato almeno un’associazione venatoria o altro organismo loro vicino, che abbia ritenuto di diffondere un comunicato stampa di precisazione! Non si tratta, infatti, di “caccia al cinghiale” come ovviamente la percepiscono i cittadini comuni, ma di riduzione numerica della sua presenza quale barriera anti psa; riduzione di cui sono stati incaricati i suddetti cacciatori appositamente formati e iscritti in un elenco di “biocontrollori” per la riduzione numerica della popolazione di cinghiali; autorizzati ad abbattere i capi prestabiliti, con tutte le precauzioni e il rispetto delle regole del caso.

Un obbligo che anche a tanti cacciatori non è che sia propriamente piaciuto, in quanto eticamente discutibile (se non ci fosse l’emergenza psa a renderla tale). Vero che i cinghiali abbattuti possono poi essere adibiti ad alimentazione, ma solo dopo gli esami del caso. In ogni modo, resta il fatto che quella che si sta praticando in questa Liguria estiva non è “caccia”, ma attività di riduzione numerica dei cinghiali (cosa che potrebbe anche essere fatta, per assurdo, anche dall’esercito, se ne avesse la capacità e competenza – e la Confederazione Italiana Agricoltori lo ha anche richiesto!). Un’attività che in altri paesi è spesso praticata da tecnici statali della selvaggina. Invece in Italia è presentata sui media come attività venatoria. Ovvero, di fatto si diffamano i cacciatori! Una pratica, si ripete, meritoria in quanto di controllo di un pandemia, che anziché lodata viene presentata sotto la luce negativa di una semplice pratica venatoria, per di più in stagione turistica! Purtroppo, nessuna loro (dei cacciatori) organizzazione ha finora ritenuto di far presente quanto sopra, smentendo i tanti articoli apparsi sulla stampa! Peccato, una volta ancora si rivela come i cacciatori non sappiano presentare alla società civile che a caccia non va, il merito anche sociale della stessa. Perché almeno questa volta, così andava e va presentata, in quanto attività a favore di tutta la società. Evidenziarlo poteva essere, e dovrebbe essere, un’occasione d’oro per far vedere all’opinione pubblica come la caccia può avere anche degli aspetti apprezzabili dall’opinione pubblica non cacciatrice (un altro aspetto dovrebbe essere il loro impegno per la tutela dei territori e degli ambienti di caccia, ma anche su questo punto… la caccia latita, e non poco!). Purtroppo, e invece,… tutte le organizzazioni venatorie hanno finora (almeno per quanto noto) taciuto. Così succede che l’opinione pubblica ha solo appreso che anche in piena estate – abominio! – i cacciatori sono stati autorizzati a riprendere l’attività che la massa dei cittadini aborre! Ovvero, è stata propalata quasi una calunnia verso la categoria! Malauguratamente,… chi è causa del suo mal pianga se stesso, dice un antico proverbio.

Franco Zunino*

Segretario Generale AIW

 


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