Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Ricordo di Fiorenzo Toso Maestro ideale per le nuove generazioni di linguisti (e non solo). Le parlate liguri


Dopo la laurea in Lingue e letterature straniere all’Università di Genova, i prestigiosi corsi di perfezionamento all’Università tedesca del Saarland, il dottorato all’Ateneo di Perugia, la  docenza a Udine, l’approdo come associato e poi ordinario a Sassari.

di Gian Luigi Bruzzone

Di grande interesse storico le sue ricerche sul dialetto pegliese parlato da una colonia di corollari a Tabarca, località donata alla famiglia Lomellini dal Bey di Tunisi, il cui trasferimento in blocco, nel 1738, in un’isola disabitata della Sardegna, portò alla nascita di Carloforte, dove il dialetto genovese si parla ancora oggi. E non a caso nel 2021 ne è divenuto cittadino onorario. Sua l’intuizione che ha portato a individuare la presenza di liguri fin dagli inizi del 1700 ai tempi della guerra di successione spagnola. Vasta e di grande interesse la sua produzione letteraria e scientifica. La sua prematura scomparsa, a 60 anni, ha lasciato un grande vuoto nella comunità delle discipline linguistiche.

L’intervista al Prof. Lorenzo Coveri, apparsa su Trucioli.it del 25 febbraio 2023 (vedi……) ha suscitato in alcuni lettori il rimpianto del Prof. Fiorenzo Toso, ivi non menzionato. Si trattava tuttavia di un’intervista, non di una panoramica dei dialettologi liguri o esperti di dialettologia ligure.

Certo la precoce morte, ad appena sessant’anni, di Fiorenzo Toso (Arenzano 1962-2022), ha lasciato un vuoto difficilmente colmabile, e non è una frase fatta, ma quanto sentito nel cuore, almeno da parte mia. Dopo la laurea in Lingue e Letterature straniere nell’Ateneo genovese l’anno 1988, seguì prestigiosi corsi di perfezionamento all’Università tedesca del Saarland nel 2000 e conseguì il dottorato in Filologia romanza l’anno appresso, all’Università di Perugia. Grazie a questa preparazione, tacendo la passione per le discipline linguistiche, si formò un notevole fondamento specialistico.

Chi scrive lo conobbe da una vita, da quando lavorava presso la Casa editrice Marietti di Genova, diretta da don Antonio Balletto. Mi ricordo come, andando a visitare don Balletto, Fiorenzo mi donasse il volumetto Galatea di Gabriello Chiabrera.

Le sue doti e la sua volontà di migliorare sempre lo portarono nel 2003 alla docenza di Linguistica all’Università di Udine e nel 2007 al ruolo di professore associato e poi ordinario all’Università di Sassari, dalla quale non si allontanerà più.

Parlare, sia pure per sommi capi, della sua produzione strettamente scientifica risulta quanto mai complesso, giacché, pur nell’ambito delle discipline professate, i suoi contributi spaziano in molteplici direzioni, tanto erano la sua curiosità intellettuale e la sua brama di conoscere, nonché di cogliere risvolti ed aspetti fino allora sconosciuti o non bene conosciuti.

Menziono appena la collaborazione a progetti internazionali, quali il Lessico etimologico italiano (diretto a Saarbrücken da Max Pfister e Wolfgang Schweickard) e nazionali, quali il Vocabolario delle parlate liguri in quattro volumi curato con Giulia Petracco Sicardi e Patrizia Cavallaro (Consulta Ligure, Genova, 1985-1992); e la datazione dei lemmi per il Dizionario italiano di Francesco Sabatini e Vittorio Coletti (Firenze, Giunti, 1997).

Un filone particolarmente caro al Nostro è quello dedicato al dialetto di Genova Pegli parlato da una colonia di corallari operanti a Tabarca, in Tunisia: località donata alla famiglia Lomellini dal bey di Tunisi al tempo di Andrea Doria. I reiterati attacchi della componente turca della popolazione e forse l’impoverimento dei banchi coralliferi convinsero la colonia nel 1738 a trasferirsi in blocco in un’isola disabitata della Sardegna, battezzata Carloforte. I coloni avevano sempre parlato in pegliese, continuarono a servirsene nella nuova sede e lo continuano tuttora. Così noi oggi abbiamo l’uso vivente del dialetto pegliese più o meno cinquecentesco, conservato sia per l’isolamento geografico sia per l’isolamento culturale, circondati com’erano da lingue affatto diverse. Il pegliese di Carloforte ha trovato nel Prof. Toso uno studioso incomparabile e indefesso nei suoi molti interventi. Non a caso l’isola gli attribuì nel 2021 la cittadinanza onoraria.

Fiorenzo Toso

Un altro filone coltivato ed interessante per un pubblico più vasto è quello dei cognomi liguri a Gibilterra. Ricordo come fosse ieri quando Fiorenzo, avendo richiesto l’elenco telefonico del possedimento britannico, mi facesse notare la frequenza di cognomi “nostri”. Con la guerra di successione spagnola (1701-14) infatti, Gibilterra fu occupata dagli inglesi e non più restituita al regno di Spagna. Avendone allontanato la popolazione spagnola, gli occupanti invitarono gente esperta di arti marinaresche e nautiche. Per questo vi fu un afflusso di liguri.

Di sicuro l’iniziativa del Toso ad avere una più ampia utenza è la Letteratura genovese e ligure, in cinque volumi, edita da Marietti nel 1989-91. Fu riveduta dieci anni dopo e pubblicata in tre volumi con il titolo La letteratura in genovese. Ottocento anni di storia, arte, cultura e lingua in Liguria a Recco (Le Mani, 1999-2001). Un rifacimento completo dell’opera fu impresso a Recco nel 2012 in sette volumi (“Origini e duecento”; “Trecento e quattrocento”; “Cinquecento”; “Seicento”; “Settecento”; “Ottocento”; Novecento”) con il nuovo titolo La letteratura ligure in genovese e nei dialetti locali. Profilo storico e antologia. Esso offre nuove prospettive di lettura grazie ad ulteriori acquisizioni di testi del passato e di opere recenti e di scrittori contemporanei. La tradizione scritta in genovese e nelle parlate locali viene presentata nella sua continuità e autonomia, pur nel costante rapporto con la produzione in italiano e con un contesto culturale più ampio, e ne viene evidenziata in particolare la funzionalità “pratica” nella rappresentazione che i genovesi e i liguri vollero dare attraverso i secoli a se stessi e di se stessi. Dai testi latini di Caffaro e di Iacopo da Varagine, necessari per comprendere gli sviluppi successivi della letteratura in volgare, fino all’emergere con l’Anonimo duecentesco del genovese come lingua letteraria, dalle prose tre e quattrocentesche alla fioritura della poesia lirica e civile tra Cinque e Settecento, dalla poesia “borghese” alla lirica moderna, l’itinerario tocca tutte le forme di espressione artistica in genovese e nei dialetti liguri, tra “pezzi” di notevole valore letterario e testi curiosi o poco noti, tutti importanti per la storia della Liguria.

Una di queste opere del Toso conobbe amplissima diffusione essendo distribuita dal quotidiano genovese “Il Secolo XIX”.

Queste importanti opere di consultazione oltreché di interessante lettura, in particolare la prima, oltre a fornire parecchie notizie ed autori fino allora pressoché ignoti, avevano come antecedente l’ormai lontana Storia letteraria della Liguria del P. Gian Battista Spotorno (Genova, Ponthenier, 1824-58).

S’intende che non mancano iniziative di contorno, quale la simpatica collana in volumetti di testi dialettali liguri, antichi e meno antichi, a cominciare da La raxione de la Pasqua, uno dei primi incunaboli impressi in Liguria, per continuare con Ne scrìvan d’Arensen: un paese di riviera attraverso le corrispondenze giornalistiche di O Balilla e O Stafî, 1872-1904, A me dixeiva ‘na òtta mae nònna, e un’antologia del poeta genovese Gian Giacomo Cavalli (1590 –1657) e via enumerando.

Un altro filone è rappresentato dagli studi e dalle monografie sulle parlate liguri in America Latina, sulle rotte interlinguistiche e sulle presenze comunitarie del genovese d’oltremare: dal Mediterraneo al Mar Nero, dall’Atlantico al Pacifico, insomma in ogni terra dell’ecumene.

Praeter omnes angulus ridet: la sentenza di Orazio (Odi, II, 6,13) vale anche per il Toso, come documentano gl’interventi e gli scritti sull’amata Arenzano. Fra i tanti cito la miscellanea di studi Arenzano fra Seicento e Settecento, patrocinata dal Comune nel 1999. Se mi è consentita una reminiscenza estemporanea, a questo evento non è estraneo chi scrive, poiché gli propose un contributo, fondato sull’escussione di rogiti notarili abbraccianti il decennio 1670-80, concernenti la vita arenzanese e preceduto da una panoramica bibliografica della località. Fiorenzo allargò il discorso coinvolgendo altri studiosi e varando il volumetto in parola.

Fra gli ultimi eventi rammento la conferenza tenuta dal Toso l’8 marzo 2014 nella Sala rossa del Comune sabazio sul tema “Lingua e dialetti della Liguria” (notizia data da “Trucioli” del 27 febbraio 2014).

E nel 2019 in Ventimiglia, nella sala conferenze della Biblioteca Aprosiana, presentandosi il n. 24 di “Intemelion”, rivista annuale di Studi storici dell’Accademia di cultura intemelia, il Toso parlò della situazione linguistica del Ponente ligure sottolineando come oggi i dialetti siano meno studiati che in passato. Almeno in Liguria, poiché affermò come – paradossalemte – nelle sedi universitarie di Zurigo e Innsbruck il dialetto ligure sia oggetto d’indagine e di approfondimento, mentre a Genova l’interesse per la lingua dei carrugi sembra essere scemato. “Oggi è più facile manifestare l’amore per la salvaguardia di un bene artistico che del dialetto​“.

E ​”oggi si studia più la sintassi, mentre ieri si studiavano maggiormente la fonetica e il lessico” sostenne il Toso, citando studiosi ventimigliusi del passato come Emilio Azaretti, Renzo Villa e Don Guido Pastor che avevano messo il dialetto al centro delle loro ricerche, contribuendo in tal modo a fare luce su un campo di studi che fino al 1870, attraverso l’insigne linguista Graziadio Isaia Ascoli, considerava quello ligure un dialetto non di area settentrionale ma assimilabile alle parlate meridionali.

Come persona, il Toso era affabile ed alla mano, pronto sempre ad accogliere domande, spunti, collaborazioni da chiunque gli pervenissero. Fra le tante testimonianze di colleghi ed estimatori riporto a caso quella ti un suo antico studente, Marco Caria, apparsa sul sito della Treccani l’8 novembre 2022:

Toso presenta il n 24 di Intemelion

«Il ricordo di Fiorenzo Toso suscita in me un turbinio di emozioni che oscillano fra il profondo dolore per la prematura scomparsa e le immagini legate ai momenti gioiosi trascorsi insieme. Lo conobbi nel 2011, quando, vincitore di una borsa di dottorato in Scienze dei sistemi culturali, mi presentai con timore reverenziale nel suo studio sassarese. Mi accolse con una stretta di mano, ed esordì dicendomi: «senti, oltre a darmi il tuo numero di telefono, inizia a darmi del tu, perché siamo colleghi». Già questa frase, da lui pronunciata con naturalezza, fa comprendere chi fosse Fiorenzo Toso: persona geniale, d’immensa cultura, dotata di grande generosità, disponibilità e semplicità allo stesso tempo. […] Straordinariamente empatico nel suo approccio relazionale con studenti e colleghi, non ha mai ostentato la sua enorme conoscenza, e soprattutto non ne è mai stato geloso; anzi, è sempre stato entusiasta nel prodigare consigli a chi richiedeva il suo aiuto, senza per questo lesinare eventuali appunti o critiche, ma sempre con finalità costruttive. La sua insaziabile sete di ricerca, spesso pionieristica, lo ha spronato ad impegnarsi nelle sue passioni fino ai suoi ultimi giorni di vita e l’ingente eredità morale e culturale che lascia servirà da apripista per chiunque voglia seguire il suo esempio. Tutto questo, e molto altro, fa di Fiorenzo Toso un Maestro, anzi – oserei dire – il Maestro ideale per le nuove generazioni di linguisti e non solo.

Gian Luigi Bruzzone 

Toso a Ventimiglia, aprile 2019

 


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