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Liguria e Basso Piemonte

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Al lupo! Al lupo! E’ lui ad avere paura di noi. E lo studio dei tecnici WPIU: 4 unità operative in Liguria


Non è con il “far west” delle armi, proposto dall’attuale Governo, che si tutela la “biodiversità”. Il problema della presenza dei lupi in Liguria.

di Gabriello Castellazzi*

Ridurre l’impatto delle predazioni del lupo sul bestiame domestico, attraverso l’individuazione e l’adozione di sistemi di difesa e di prevenzione, rappresenta una azione strategica prioritaria. Dobbiamo raggiungere l’obbiettivo conciliando  il mantenimento delle attività zootecniche tradizionali  e la conservazione dei grandi carnivori (come il lupo) necessari dal punto di vista ecologico. Lo scopo non può essere annientare la natura ma vivere finalmente in equilibrio con essa.

Alcune associazioni di agricoltori hanno accolto positivamente il via libera dell’attuale Governo circa le “Nuove norme per un piano di gestione degli animali selvatici” (che comprende il lupo) perchè “la protezione di una specie deve tenere conto che occorra garantire allo stesso tempo gli allevatori”.
Senza alcun dubbio Europa Verde è al fianco degli agricoltori ma ritiene il provvedimento ambiguo perchè la  formulazione attuale aprirebbe la via ad un attacco indiscriminato alla “biodiversità” tutelata dalla “Costituzione italiana” ( oltre che dalla normativa europea).

Europa Verde teme che un piano di “gestione del lupo”, motivato dalla tutela degli allevamenti, possa diventare un mero abbattimento di individui o di branchi interi (come sta per accadere al cinghiale che attraverso la nefasta “caccia in braccata” provoca un loro aumento con considerevoli  danni per l’agricoltura).

Il ritorno del lupo, così come quello dell’orso e della lince, non sono il punto critico principale per l’ allevamento e la risonanza mediatica non è rapportabile al numero di predatori (e relativi danni) ma è sapientemente cavalcata da una politica che ottusamente si ostina a non applicare provvedimenti risolutivi certamente più impegnativi e costosi.

E’ appurato che i lupi si spostano nei territori cercando migliori condizioni per la sopravvivenza e la loro fonte di cibo è principalmente costituita da ungulati: caprioli, cinghiali, lepri e, solo per ultimi, gli animali di allevamento normalmente protetti.

L’uomo ha favorito in Liguria, come nelle altre Regioni, il ripopolamenti di cinghiali e caprioli effettuando (contro le norme vigenti) il foraggiamento artificiale causando quindi l’aumento considerevole  del loro numero. A questo fatto si sommano altri importanti fattori quali il cambiamento climatico globale e il progressivo riscaldamento del pianeta che agiscono almeno in due diversi modi:

  • gli inverni sono diventati più miti e riducono la selezione delle popolazioni per gli individui più adatti  al freddo.
  • il riscaldamento globale agisce sulle disponibilità alimentari in quanto gli inverni più corti e meno rigidi consentono stagioni vegetative più lunghe con  maggior produzione di nutrimento (soprattutto in Europa centrale e settentrionale).

Numerosi studi hanno spiegato l’elevato potenziale riproduttivo dei cinghiali  collegato alla sopraccitata “caccia in braccata” che modifica la struttura delle popolazioni  con cambiamento del ciclo riproduttivo, favorendo la prolificità delle femmine (4-7 piccoli per figliata e talvolta due figliate ogni anno),  provocando la mobilità dei cinghiali verso aree meno disturbate (centri urbani-zone agricole antropizzate). Si aggiunga che, in condizioni particolari, le femmine in giovane età  possono ovulare e partecipare alla riproduzione. Questo tipo di fertilità femminile si traduce in tassi medi d’incremento annuo della popolazione pari al 90-180%, contro il 30- 40% nel capriolo.

Analizzando le condizione di criticità circa la presenza del lupo e la predazione del bestiame, secondo i dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), il numero delle predazioni accertate per la Liguria, in riferimento al periodo 2015-2019, sono state 224 per una media di 44,8  eventi ogni anno: l’andamento temporale degli eventi di predazione ha mostrato quindi un andamento sostanzialmente stabile. Sono stati registrati, come predati, un totale di 568 capi di bestiame (per la maggior parte ovini e caprini). Le cifre non sono tali da discriminare cane e lupo e, per quanto riguarda le eventuali misure di prevenzione contro possibili danni al bestiame, in 137 dei fatti riportati (pari al 61,1% del totale) non è stata fornita alcuna informazione rispetto a questo aspetto. In 21 casi (9,3% del totale) è stato invece esplicitamente indicato come nessuna tra le possibili misure di prevenzione fosse stata adottata dall’azienda vittima del danno al momento della predazione. In 16 eventi di predazione (7,1% del totale) è stato segnalato come fossero presenti cani da guardiania e  in 60 (26,7% del totale) come venisse indicata la presenza di una recinzione per il bestiame (elettrificata o meno).

Al “far west” delle armi proposto dal Governo (addirittura caccia in aree protette e aree urbane) preferiamo progetti già esistenti in alcuni stati europei: uno di questi riguarda proprio la catena alpina e si chiama progetto “LIFE WolfAlps EU” . Questo progetto comprende un team internazionale che lavora per mitigare l’impatto del lupo sull’allevamento del bestiame: ovvero la necessità di trovare un equilibrio tra il mondo della caccia e la presenza di predatori, contrastare il bracconaggio, gestire le problematiche legate “ lupo-uomo” e diffondere informazioni corrette sulla specie in base a dati scientifici.

Nelle Alpi occidentali sono almeno vent’anni che gli allevatori si confrontano con la presenza del lupo. L’esperienza ha dimostrato come la reperibilità costante, collegata alla presenza di personale in grado di fornire assistenza e informazioni agli allevatori, sia efficace per far sì che gli imprenditori zootecnici non si sentano abbandonati o vengano addirittura considerati come un elemento meno importante del lupo quale specie protetta. È a questo scopo che nell’ambito del progetto “LIFE WolfAlps EU” sono state institute le unità di pronto intervento per la prevenzione degli attacchi da lupo chiamate  “WPIU” (Wolf Prevention Intervention Units).

Ridurre l’impatto delle predazioni del lupo sul bestiame domestico a livelli economicamente accettabili si può fare attraverso l’adozione di sistemi di difesa e di prevenzione. L’adattamento dei sistemi di allevamento alla rinnovata presenza del lupo, rappresenta pertanto un’azione strategica prioritaria per garantire il mantenimento e lo sviluppo delle attività zootecniche tradizionali, compatibili con la conservazione del lupo nel territorio alpino.

Ad oggi si contano un totale di 42WPIU” sulle Alpi di cui 28 in Italia, 2 in Francia, 7 in Slovenia e 5 in Austria. In Piemonte sono formate da personale dei Servizi Veterinari, militari dell’Arma dei Carabinieri Forestali, Agenti di Polizia provinciale e della Città Metropolitana di Torino, personale dei Parchi. Tutti intervengono per affiancare allevatori professionisti e amatoriali nella prevenzione degli attacchi con:

  • reperimento e messa in opera di sistemi di prevenzione,
  • assistenza all’accesso alle misure di indennizzo e supporto alla prevenzione,
  • corretto impiego dei cani da guardiania.

Lo studio effettuato dai tecnici “WPIU”  (in Liguria 4 unità operative, una per Provincia) evidenzia chiaramente due tipologie di impatto ben distinte: una prima formata da una larga maggioranza di aziende zootecniche soggette a danni sporadici da lupo, con perdite quantitativamente ridotte.  Una seconda tipologia è costituita da una minoranza di aziende  che registrano attacchi frequenti, ripetuti in modo cronico di anno in anno, con perdite numeriche rilevanti. I risultati indicano però una chiara scala di priorità nel mettere in atto azioni necessarie a ridurre l’impatto del lupo sul comparto zootecnico, soprattutto nelle aziende con danni ingenti e cronici, al fine di migliorare le condizioni di lavoro degli allevatori più a rischio, ridurre le spese per indennizzi a carico delle Amministrazioni, prevenire il conflitto tra la conservazione del lupo e la zootecnia.

Sperando che il Governo Italiano e le Associazioni degli allevatori tengano conto di tale esperienza, confermiamo che è indispensabile prendersi cura e difendere la biodiversità perché  i grandi carnivori, come i lupi, ne fanno parte assolutamente importante:  la coesistenza richiede  disponibilità e  capacità di adattamento.

Claire Simon, direttrice della CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi), ne è convinta: «Dobbiamo discutere quanti grandi carnivori sono necessari dal punto di vista dell’ecologia, quanti sono socialmente compatibili e come è possibile sostenere le persone danneggiate».  Per i grandi predatori è sempre in gioco la sopravvivenza quando c’è un contatto con l’uomo e «noi siamo responsabili non solo di noi stessi, ma di tutte le specie e dei loro habitat.»

Noi tendiamo a sottovalutare le capacità di spostamento di animali che non devono essere condannati a trascorrere la loro vita nel raggio di pochi chilometri quadrati. Alcune specie terrestri, fra cui il lupo, sono in grado di compiere grandi spostamenti: decine di chilometri in un solo giorno nell’ambito del proprio territorio, fino a diverse centinaia di chilometri, nel giro di qualche mese, se si tratta di dispersioni.

La paura è una delle reazioni più frequenti nelle zone di ricolonizzazione del lupo: paura di essere aggrediti, di non poter più girare nei boschi in tranquillità, di non poter più lasciare i bambini da soli a prendere l’autobus perché “saranno aggrediti dai lupi affamati”. In realtà non dobbiamo aver paura del lupo “perchè è lui ad aver paura di noi” (Studio faunistico Chiros di Macerata) e nelle Alpi occidentali sono almeno vent’anni che gli allevatori si confrontano con la presenza del lupo. L’esperienza ha dimostrato che la reperibilità costante e la presenza  di personale in grado di fornire assistenza e informazioni agli allevatori è efficace per far sì che gli imprenditori zootecnici non si sentano abbandonati o, addirittura, considerati come elemento meno importante del lupo in quanto specie protetta.

Ridurre l’impatto delle predazioni del lupo sul bestiame domestico, a livelli economicamente accettabili, attraverso l’individuazione e l’adozione di sistemi di difesa e di prevenzione, rappresenta pertanto una azione strategica prioritaria per garantire lo sviluppo delle attività zootecniche tradizionali e la conservazione del lupo, a lungo termine, nel territorio alpino. Si spera che il Governo Italiano, le Associazioni degli allevatori e dei coltivatori, tengano conto delle  esperienze portate avanti da tecnici competenti, considerando quanto sia importane difendere la biodiversità, compresi i lupi che sono una risorsa per il suo mantenimento.

*Gabriello Castellazzi

Per Europa Verde – Verdi Liguria

 

 


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