Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Intervista/Francesco Vichi. Pianista, concertista e passione per la pittura. ‘Ho copiato la Gioconda ma l’opera di Leonardo ha una fama immeritata’


Francesco Vichi, savonese, classe 1955, diplomato in pianoforte, concertista, compositore, pittore pluridecorato, poeta, cultore del vernacolo, artista estroso e vulcanico.

di Gian Luigi Bruzzone

Nipote del fotografo Fossa le cui immagini ritrattistiche hanno segnato un’epoca e sono una preziosa documentazione storica. I primi studi di pianoforte con il maestro Barisone; interpretazione, tocco e fraseggio appresi dal maestro Bisio. La scelta di proseguire a Lucca per la sua tradizione musicale. Dalla passione per la Divina Commedia, letta più volte, è nata l’ispirazione di scrivere l’Inferno in endecasillabi con personaggi savonesi del passato. La cultura a Savona? “Ha grande potenzialità, ma non viene valorizzata”.                            Egregio Professore, ci parli della sua famiglia (il cognome non è indigeno), se non le dispiace.           

 Infatti, mio padre era originario di Chiaravalle, presso Ancona, il paese della Montessori. Mio nonno dalle parte materna era il fotografo Fossa, che avviò uno dei più noti studi fotografici di Savona la cui figura ho illustrato in un pomeriggio dedicato alla Società di Storia Patria con la presentazione di numerose sue immagini ritrattistiche: la mia famiglia possiede numerose lastre in parte ristampate e foto d’epoca, oltre a preziosi mobili che utilizzava nelle sue creazioni; aveva anche frequentato, come pittore, l’accademia Ligustica di Genova e conseguito numerosi premi, un amante del bello, insomma.

E dei suoi studi. A Savona? Qualche insegnante le avrà trasmesso una lezione di vita rimasta indelebile nel suo animo: è così?

Ho conseguito il Diploma di pianoforte, che oggi è laurea, dopo molti anni di difficili studi iniziati piuttosto precocemente, in contemporanea ho frequentato l’Istituto Magistrale, superando esami universitari, tra cui Storia della Musica a Genova. L’unico insegnante che ho considerato come un amico è stato il primo maestro di Pianoforte, il maestro Barisone.

Com’è sbocciata la sua passione musicale? Perché è approdato a Lucca?

In casa avevo un pianoforte Rosenfranz di fine Ottocento. Iniziò mia sorella, chissà perché solo le ragazze di buona famiglia erano spronate allo studio della musica! Poi si stancò e quasi per gioco iniziai io. Lucca ha sempre avuto una solida tradizione musicale, pensiamo a Puccini, Boccherini, Catalani, Gemignani; inoltre era un piacere passeggiare sulle mura mentre si studiava solfeggio o armonia complementare!

Oltre che pianista concertista, suona il clavicembalo altresì e compone…

Come pianista mi è sempre stata riconosciuta una buona tecnica e velocità, ho poi appreso molto sull’interpretazione, il tocco, il fraseggio dal maestro Bisio del “Paganini” soprattutto nell’esecuzione di Chopin. Spesso imparo certi brani a memoria dopo essermene impadronito, è quella che viene detta “memoria cinetica” ossia del movimento, per cui le dita vanno per conto loro senza che io sappia in anticipo che note e con che dita io debba suonare e questo mi ha facilitato durante i concerti. La composizione in sé ha qualcosa di misterioso, come tutta la musica, in quanto i motivi mi si presentano in mente chiari, ma sono frutto sicuramente di miscele, fusioni inconsce di brani ascoltati che io non so riconoscere, più razionali sono lo sviluppo e la variazione: il genere è un classicismo con dissonanze e apertura al moderno, le forme quelle della tradizione, sonate, fughe, suites.

La Savona della mia infanzia.

Negli anni sessanta la vita era più semplice, avevamo un’utilitaria, la tv bianco e nero con due canali, un telefono fisso: la città era più brutta di oggi, non c’erano isole pedonali ma c’erano molte meno automobili, si parcheggiava dovunque, io abitavo in pratica sull’Aurelia, nel viale più largo, il corso Mazzini. Questa zona era già molto trafficata, non c’era autostrada, ma si poteva comprare qualsiasi cosa girando a piedi tanto era fitto il tessuto commerciale, la zona portuale era più autentica, con quei cannoni infissi alla banchina come bitte, chissà ora dove saranno.

Gli anni d’insegnamento: lati piacevoli e delusioni…

Insegnare è molto difficile, al contrario di quel che si pensi; certo la soddisfazione aumenta a seconda dell’attitudine, del talento e della volontà di imparare dell’alunno.

Ma la pittura è stata la sua prima passione: come mai?

Sono nato con la matita in mano, è stata una passione irrefrenabile che stupiva maestri e compagni di scuola, le ragazze mi chiedevano i ritratti e si arrabbiavano se apparivano più brutte di quel che si credevano. In seguito ho provato la pittura ad olio, ho imparato da solo; ho provato anche altre tecniche, cera, acquerello, china, pastello, gesso, acrilico.

Sovente ripropone capolavori del passato: ce ne parli, par favore.

Sono sempre stato affascinato dalla pittura europea che va dal ‘400 all ‘800, e fin da bambino desideravo cimentarmi in copie a matita per affinare la mia tecnica ,proseguendo poi con l’olio, anche i pittori più innovativi tipo Degas e Monet copiavano i capolavori del Louvre; la copia non è una fotografia e inconsciamente ci si mette sempre qualcosa del nostro , attualmente c’è un florido mercato delle copie d’autore e sono sorte molte gallerie “ad hoc”.

Quale il messaggio, il ‘succo’ della sua pittura creativa?

Il messaggio lo trova chi guarda ed è soggettivo e individuale; oltre alle copie ho una mia personale creatività: ho dipinto paesaggi, chiari di luna, marine, vicoli della Liguria, ricostruzioni della Savona del passato e soprattutto albe e tramonti, mi affascina il sole alto sul mare al centro della tela.

Se dovesse spiegare il rapporto fra pittura e musica…

Queste arti sono molto diverse, una si svolge nello spazio, l’altra nel tempo, l’una è materia, l’altra nasce dalla materia me è suono ,una si esegue e si guarda, l’altra si scrive, si legge, si suona e si ascolta: inoltre col pianoforte bisogna allenarsi di continuo, cosa che non avviene nella pittura

Dopo diuturna riflessione, ha(ri)dipinto la Gioconda! Saprà che sua concittadina Carla Glori ha avanzato interpretazioni suggestive su questo celeberrimo capolavoro.

Certo, ma per me la fama di questo quadro è immeritata, ci sono tantissimi sorrisi enigmatici nella pittura e si sono versati fiumi d’inchiostro sulla sua interpretazione. Avevo trovato una tavola delle stesse dimensioni dell’originale e il desiderio di cimentarmi con questo era troppo forte: ho cominciato molti anni or sono e ho modificato il dipinto più e più volte, non si apprezza mai un’opera d’arte come quando con gli stessi mezzi si prova a tentarne un’imitazione .La cosa che mi ha più colpito è la cosiddetta tecnica dello sfumato, che è il fondersi di tutti i colori l’uno nell’altro e la stessa linea del disegno è quasi sfocata, cosa inusuale per la pittura toscana; ho spesso usato le dita ,come pare facesse il Maestro, per trasportare il colore fresco sul secco, ottenendo una fusione più morbida tra le tinte.

Non le dispiacerà presentarci i suoi scritti.

Durante l’adolescenza ho scritto i primi nuclei dei miei tre libri, e penso: perché li ho scritti? Perchè mi piaceva farlo e penso che ognuno debba sviluppare tutte le sue potenzialità. M’intriga l’opera d’arte frutto sì di intuito e fantasia, ma anche di cultura, razionalità e di un lungo lavoro di lima e correzione fino all’ultimo “ritocco”. Col tempo sono nati La Colombiade (o Savoneide), Il Triangolo delle Bermude, diviso in tre parti , libro avventuroso e fantascientifico e Il Bosco delle Ninfe, raccolta di oltre 400 pensieri, annotazioni, considerazioni, appunti, aforismi. Al mio attivo ho anche alcuni saggi musicologici che mi sono valsi il 3° premio al concorso “Bonino” di quest’anno, uno studio su P. Sbarbaro e uno sull’urbanistica savonese.

Su una bancarella ho reperito il poema La Colombiade.

Da ragazzo ero appassionato della Divina Commedia e l’ho letta tutta, eccomi quindi a scrivere un’imitazione dell’Inferno con centinaia di endecasillabi in rima e personaggi savonesi passati e attuali: lo diedi alle stampe dopo molti rifacimenti in occasione delle Colombiane del ’92.

Incontri memorabili nella sua esistenza.

Ogni incontro ci trasmette qualcosa.

Che pensa della situazione culturale di Savona e del Ponente?

Savona ha grandi potenzialità, Colombo, la zona dell’antica cattedrale, il piazzale a mare del Priamar, il Cenacolo del Giampietrino ma non si riesce o non si vuole valorizzarle, probabilmente perchè non siamo né Genova, né Sanremo. Del Ponente preoccupa la cementificazione che non si arresta e pregiudica qualsiasi altro tipo si sviluppo.

Un progetto accarezzato.
Continuare a eseguire copie su commissione.
Che cos’è la felicità?
La felicità dobbiamo darcela da soli, pensando alle cose buone e ai doni che abbiamo ricevuto come ha detto qualche filosofo, non pensare troppo al passato e al futuro,è un po’ la logica del “carpe diem“.
Sul far della sera…
Amo la sera più del mattino.

Grazie, egregio Francesco, per aver accolto le mie domande. Auguro a Lei ed ai Suoi ore sempre serene, Viva noi!

Gian Luigi Bruzzone


 

 

 

 

 

 

 

 


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