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Mantova verso Natale: Pisanello, Giulio Romano designer ante-litteram, Fortunato Depero, la cucina e la bellezza


Una assolata giornata mantovana, in un autunno padano d’oggi, cioè meno nebbioso, aria fresca e sole caldo. Giovedì, giorno di mercato, la cittadina non è assediata come avviene nei fine settimana da un pubblico di turisti, più o meno contigui, particolarmente distratti, in visita a qualcosa cui sfugge loro la vera essenza di bellezza ma non i suoi effetti psichedelici.

di Sergio Bevilacqua

Il “vado a Mantova” della pianura padana circostante è un ritornello diffuso: Mantova è bellissima e suggestiva per tutti, ed è evidente che ha passato qualche secolo da vera principessa di una cultura e civiltà che impressiona ancora oggi tutte le menti, incluse quelle più semplici. La centralità padana la rende strategica: e non c’è bisogno di conoscere la storia del Rinascimento per rimanere a bocca aperta davanti alla Sala dei Giganti di Giulio Romano a Palazzo Te e nemmeno davanti alla bellissima apertura quasi lagunare dei laghi fluviali che hanno costituito uno storico elemento difensivo della città gonzaghesca verso nord-nordest.

Il mito di questo suo essere una vera, piccola capitale del gusto occidentale sopravvive in alcuni segni popolari, come ad esempio la cucina. Mantova non si confonde con ciò che ha intorno, anche se condivide la sintassi gastronomica padana, simile da est a ovest. A Mantova persino le fornerie, così vicine al popolo, hanno assorbito la finezza della tradizione cortese gonzaghesca. Me lo ricorda la cara Maria Teresa de “La Casa del Pane”: pasta rigorosamente all’uovo ripiena, arrosti e bolliti di tante carni diverse, le due torte più celebri, entrambe dal gusto burroso, la Sbrisolona alle mandorle, torta secca da bagnare con Grand Marnier o grappa o cognac, e la Torta delle rose, dalla forma caratteristica ottenuta con l’arrotolamento di morbido pan di spagna. Nella manifattura culinaria tipica della città del Mincio, il cervello è legato in modo competente al senso del gusto e questo la rende una specie di star accademica nel panorama padano. Una particolarità, per cui è orgogliosa terra di confine, è la presenza di ingredienti classicamente transpadani: la presenza del piccante, dovuto alla radice di rafano (e non al peperoncino come dalla cortina appenninica in giù), e anche l’altro piccante, le profumatissime bacche del pepe orientale, da mille anni in arrivo a Mantova da Venezia.

Venezia è stata partner commerciale storico dei territori mantovani: la megalopoli lagunare, più grande città dell’occidente per 800 anni, assorbiva prodotti agricoli dal mantovano e scambiava con preziose spezie ed altro esotismo, tessuti e manifatture evolute. Da poco si è nuovamente attivata una originale comunicazione, sotto forma di crociera sul Po, in partenza dal lago di Mantova per raggiungere la Serenissima, ma, parbleu, sotto la bandiera di un armatore francese. I rapporti dunque di questa curiosa città con civiltà vicine e lontane si son tenuti vivi: francesi, veneziani, tedeschi, le confinanti Verona e Brescia e il loro Garda, grandissimo bacino turistico con centinaia di migliaia di posti letto. Oggi, in corso anche un tentativo di proiettare la città in un quadro turistico globale.

Sergio Bevilacqua con Curioni, direttore di Palazzo Ducale e Palazzo Te

Me ne parla Stefano Baia Curioni, prestante direttore di Palazzo Ducale e Palazzo Te, in occasione delle presentazioni delle due grandi mostre in corso ora: gli affreschi e la epoca mantovana del Pisanello e la seconda, molto intelligente, su Giulio Romano in quanto designer rinascimentale. Due parole in più su quest’ultima: con fantasia e saggezza, la solida istituzione culturale mantovana ha pensato di dare nuova vita all’oggettistica di cui è speciale disegnatore l’illustrissimo romano, di nome e di nascita, facendo riprodurre alcuni suoi progetti, soprattutto destinati alla gioia del banchetto, da qualificati artigiani locali. Il risultato è di eccezionale effetto: i disegni prendono nuova vita e sapere che è manifattura di oggi ci avvicina a quelle stupende realizzazioni rinascimentali di oggetti e stoviglieria che la corte gonzaghesca utilizzava nei suoi banchetti, sontuosi di gusti e di stile. Un convivio curato come quello dei Gonzaga, nati Corradi prima del feudo di lascito imperiale e dunque laicissimo, già ghibellino, aveva pochi pari in Europa e, tra questi, certamente la corte estense a Ferrara prima che a Modena, e poi la Serenissima (vera capitale di finezza e corti elevate, almeno 100 nella città lagunare) e Genova la Superba, accanto alla Roma pre e post concilio tridentino.

Qualche anno fa, in occasione di un’altra grande mostra su Giulio Romano, avevo spiegato in un pourparler a Curioni la prospettiva di crescita economico-turistica globale di qualunque area di destinazione identitaria (almeno 200 in Italia, e Mantova importante tra queste), da me sperimentata in una decina di grossi progetti di sviluppo economico turistico nei lustri passati. Pacchetti, sistema informativo centralizzato su logistica e presenze, consorzi pubblico-privati, un marketing differenziato tra extra-continentale, continentale e nazionale. E così Curioni mi informa: “Abbiamo usato la Borsa del Turismo di Rimini, il TTG in corso in ottobre. per identificare tour operator extracontinentali da ingolosire con la nostra offerta di pacchetti, bellezza e cultura e con la nostra centralità logistica nella multi-millenaria, grande civiltà della Val Padana. Saranno oltre 20, ospiti nostri molto presto, per una esperienza pacchettizzata che dovranno poi promuovere nei rispettivi Paesi d’oltre oceano. Ma non ci siamo dimenticati di altri assenti: i vicini milanesi, ad esempio, e abbiamo attuato anche azioni di promozione verso di loro”.

Intanto nel bellissimo Palazzo della Ragione, una suggestiva mostra sul futurismo legato alla figura del simpatico Fortunato Depero ci ricorda, sgarbianamente, anche questa volta che l’arte, la vera arte, è sempre contemporanea. Si tratta solo di capire come farlo scoprire al più grande pubblico: in questo caso, la storia del futurista trentino nelle sue scorribande americane colpisce davvero e dona uno spessore nuovo ed efficace alla sua figura di artista eclettico e globale. Il MART, divenuto particolarmente S-MART con la direzione di Sgarbi, è prestatore di moltissime delle opere lì presenti, ma il concept è mantovano, ed è motivo di sinceri complimenti.

Bene, bravi mantovani: buona fortuna davvero, e che questa vostra ricchezza di fantasia, cultura, bellezza e cucina porti altri esiti gratificanti, che diano sempre più benessere e dignità al vostro popolo ospitale, al quale anch’io, in un’altra delle mie tante vite di sociologo, diedi il mio contributo, con la riorganizzazione del Comune. Correva l’Anno Domini 1993…

Sergio Bevilacqua


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