La nostra Città non può assolutamente permettersi una campagna elettorale (e di conseguenza una possibile nuova amministrazione) costretta tra argomentazioni rivolte all’indietro con stucchevoli rimpalli di pregresse responsabilità e l’indicazione di modelli “esterni” da seguire, primo fra tutti quello dell’attuale amministrazione regionale.
di Franco Astengo (coordinamento “Il rosso non è il nero”)
La nostra Città non può assolutamente permettersi una campagna elettorale (e di conseguenza una possibile nuova amministrazione) costretta tra argomentazioni rivolte all’indietro con stucchevoli rimpalli di pregresse responsabilità e l’indicazione di modelli “esterni” da seguire, primo fra tutti quello dell’attuale amministrazione regionale.
Anzi, per diverse ragioni che qui saranno sinteticamente esposte, il tema del rapporto dialettico con la Regione e il Governo rimane quello più significativo da affrontare con il massimo di capacità progettuale e di interlocuzione a tutti i livelli.
Precisato che Savona si trova da tempo in una una situazione di declino che è stato accentuato, nella fase post – industriale, da scelte di tipo speculativo profondamente dannose sarà bene stabilire alcuni punti di partenza da condensare in affermazioni molto precise:
1) Il giudizio sul recente passato può ben essere riassunto dal fatto che la maggioranza uscente sembra aver deciso di non ricandidare il Sindaco in carica che pure ha sostenuto per cinque anni. Ricordo per inciso che stiamo agendo sul “virtuale”. Non è stata ancora fissata la data delle elezioni e le candidature saranno “vere” soltanto al momento del deposito delle firme autenticate necessarie per i candidati e le liste. Ciò avverrà 30 giorni prima della data di effettivo svolgimento dei comizi elettorali. Adesso come adesso esaminando lo stato degli atti e volendo caratterizzarsi propagandisticamente (ma non è il caso) si potrebbe scrivere di “5 anni perduti” . In questo senso appare urgente la necessità di reclamare un’alternativa;
2) Il destino di Savona si gioca essenzialmente sulla “Savona fuori di Savona” e l’indicazione di un modello come quello della Regione Liguria appare davvero frutto di una visione del tutto provincialmente subalterna, tanto più che in questi anni dalla Reggia di De Ferrari sono venute avanti indicazioni prevalentemente di accentramento corporativo – privatistico come è ben dimostrato dalla conduzione della Sanità, settore che rappresenta la gran parte del bilancio dell’Ente;
3) E’ in atto un discorso di pesante riaffermazione del ruolo di Genova-città Regione mentre Savona sta gradualmente perdendo i pezzi della propria rappresentatività. Senza alcuna intenzione di sollevare ristrette questioni di ambito localistico basterà ricordare il passaggio della CARISA in CARIGE (non certo un fiore all’occhiello), la perdita della sede dell’Autorità Portuale (nell’ambito della disgraziata legge Del Rio), il papocchio delle aggregazioni – riaggregazioni delle sedi delle Camere di Commercio posto addirittura al di fuori da qualsiasi senso di continuità territoriale; l’accorpamento “a scavalco” di alcune sedi sindacali; l’ormai prevedibile accorpamento della sede dell’Unione Industriali a Genova;
4) La (credo voluta) esclusione della Città ancora capoluogo di provincia (sull’Ente provincia andrebbe aperto un discorso molto complesso sul piano istituzionale) dal perimetro della cosiddetta “area industriale di crisi complessa”. Testimonianza del permanere di una spaccatura a livello territoriale che già più di trent’anni or sono uno studio del CNEL indicava di colmare.
Occorre muoversi esattamente al contrario delle spaccature e della conclamata sudditanza dovuta a una ristretta visione di tipo provinciale. Una miopia sterilmente litigiosa nella ristretta cerchia delle nostre mura e subalterna all’esterno, in particolare nella specifica situazione della Liguria.
In questo senso, nel tentativo di sviluppare un’elaborazione progettuale proiettata oltre scadenza elettorale,è stata correttamente evocata la ripresa di una vocazione comprensoriale. Quella vocazione comprensoriale che sicuramente aveva contrassegnato alcune delle migliori stagioni nella capacità delle nostre istituzioni di produrre efficaci politiche pubbliche. Si è anche affermato che adesso l’espressione di comprensorialità oltrepassi la dimensione della sola fascia costiera ma comprenda a pieno titolo anche l’entroterra.
Occorre evolvere questo pensiero dentro a una proposta concreta di formazione di un soggetto di “Alleanza Territoriale” stipulata attraverso convenzione da tutti gli enti interessati (quindi rendendola più consistente nel suo profilo di istituzione e potenzialmente più produttiva nella sua possibilità d’intervento concreto anche rispetto al “patto territoriale”).
Nella struttura di governo di un Comune capofila che ritrovi la sua naturale vocazione di capoluogo l”Alleanza territoriale” deve trovare riferimento una specifica struttura istituzionale e amministrativa posta in condizione di elaborare, al riguardo delle diverse realtà aderenti, una vera e propria “strategia federativa”.
“Strategia federativa” e più direttamente “partecipativa” (pensando al ruolo degli enti intermedi, associativi, di volontariato presenti sul territorio) che dovrà essere realizzata ancora e soprattutto in forma istituzionale consolidata anche rispetto al rapporto tra le varie parti della Città, a partire dalla ridefinizione di ruolo e compito dei quartieri. Forma istituzionale consolidata deve significare, in sede propria di amministrazione comunale, la costruzione di un riferimento stabile con l’assegnazione di funzioni propositive e ordinative del decentramento cittadino.
Nell’ambito della Alleanza Territoriale (e non semplicemente a livello di Città) dovranno essere previste funzioni comuni (in un corretto mix di deleghe stabili e di responsabilità progettuali a termine) rispetto alle necessità di pianificazione che sono richieste da alcuni settori di intervento:
1) Sanità, con il ribaltamento territoriale in stretta connessione con il sociale (recuperando una strategia socio-sanitaria) e la difesa e implementazione della realtà dei presidi esistenti
2) Infrastrutture, ferroviarie e stradali (decisiva l’implementazione degli allacci ferroviari verso il Nord – ovest)
3) Digitalizzazione con il piano regolatore delle connessioni
4) Energia: chiusa la partita del gas rimane comunque la necessità di far sì che il nostro comprensorio si ponga all’avanguardia in questo campo, ad esempio, nella produzione dell’idrogeno verde.
5) Difesa ambientale.
Questi settori richiedono necessariamente la messa in campo di una capacità di rapporto tra progettualità e realizzazione che sarà difficile porre in atto nella sola dimensione comunale e dovranno rappresentare le basi per una progettualità rivolta anche ma non solo alla concretizzazione sul nostro territorio dell’utilizzo delle risorse derivanti dal PNRR.
Rispetto a questo tipo di discorso fin qui schematicamente riportato e bisognoso di approfondimento sarà necessario anche avviare una riflessione sull’insieme delle relazioni con le istituzioni sovraordinate, anch’esse da strutturare organicamente nel quadro dell’amministrazione, non delegando nulla a un sistema subalterno di relazioni interpersonali e/o di mera appartenenza politica e di schieramento. Si tratta di precisare anche come un’Alleanza Territoriale strutturata non debba porsi come elemento di ulteriore separatezza tra le diverse parti del nostro territorio, che pure presentano caratteristiche socio – economiche sicuramente difformi, ma anzi come fattore di necessaria e auspicabile coesione.
Franco Astengo