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L’ex giudice a Savona: eccidio Moro. Ecco tutti gli indizi quando facevo parte della Commissione stragi e terrorismo


Aldo Moro muore il 9 maggio 1978, 54 giorni dopo il rapimento, avvenuto il 16 marzo. Il 14 novembre 1985 la Cassazione condanna in via definitiva brigatiste e brigatisti rossi. Vengono poi celebrati i processi Moro-ter, Moro-quater e Moro-quinquies, che non modificano il quadro probatorio.

di Michele Del Gaudio

Mi occupo della tragedia, che trucida purtroppo i cinque agenti della scorta, come membro della commissione parlamentare contro stragi e terrorismo. Fin da subito l’esclusiva colpevolezza delle Brigate Rosse non mi convince. Rilevo diverse incongruenze, falsità, mezze verità, contraddizioni nelle confessioni di imputate ed imputati. Mi limito a riportarne alcune, che però incrinano apprezzabilmente il racconto, fondato sul coinvolgimento di sole nove persone.

La prima riguarda l’ingegner Alessandro Marini, che, a bordo del suo motorino, ad esigua distanza dall’eccidio, viene immobilizzato dalla mitragliata proveniente da una moto Honda con due passeggeri, che gli frantuma il parabrezza. L’ingegnere si salva per miracolo e pochi minuti dopo riferisce l’evento alle forze dell’ordine, consegnando loro il caricatore caduto ai motociclisti. La sua versione viene confermata da tre presenti. Eppure il commando smentisce la partecipazione di quel veicolo e gli inquirenti ci credono, nonostante il motorino bucherellato, il caricatore e ben quattro deposizioni convergenti.

Neanche il supporto di una seconda moto, citata da altri testimoni oculari, compare nelle dichiarazioni dei brigatisti, salvo uno. Ci sono quindi quattro complici di cui il manipolo “ufficiale” nega l’esistenza.

Altri quattro, appostati dietro le siepi di un bar, sparano quasi cento colpi. Indossano delle uniformi dell’Alitalia. Mi lascia perplesso la scelta di divise vistose, che vengono infatti notate da vari astanti. Sarebbe stato più logico cercare di passare inosservati. Forse sono utilizzate solo per evitare vittime di fuoco amico, in quanto ci sono componenti sconosciuti agli altri.

E, guarda caso, in una strada attigua cammina il colonnello Camillo Guglielmi del SISMI, il servizio segreto militare, che va a pranzo da un amico… alle 9.00 del mattino…

Potrei continuare, ma mi limito a segnalare che sono stati raccolti indizi non solo a carico dei servizi, ma anche contro la Loggia P2, la mafia, la ‘ndrangheta, russi, americani, israeliani e palestinesi.

Senza approdare ad ipotesi fantasiose, mi preme sottolineare che, dopo decenni, continuo a pensare che le Brigate Rosse non siano le autrici del massacro o, quanto meno, non abbiano agito da sole. Diversi elementi fanno propendere per un ruolo ideativo, organizzativo, di supporto dei servizi infedeli allo Stato.

Michele Del Gaudio

COMMENTI – Antonella Beccarini: Caro Michele, le tue conclusioni sono quelle a cui sono arrivata anch’io e altri, dopo l’uscita di documenti e testimonianze che sono state raccolte in vari libri sull’uccisione di Moro.  Anche il luogo del ritrovamento del corpo ha fatto pensare che, per i vari giorni di prigionia, Moro sia stato tenuto in un posto non molto lontano da Via Caetani. I silenzi restano. Grazie per il lavoro scrupoloso che hai fatto in Commissione, il tuo impegno ha certamente posto interrogativi.

Giuseppe Maria Lotano: Dopo il rapimento e in quei lunghi giorni spesso tra colleghi facevamo il punto della situazione circa le “voci” su dove potesse trovarsi il grande statista Aldo Moro. In ognuna di esse, meravigliando per l’insistenza, esprimevo la medesima opinione: “CARI AMICI NON LO TROVERANNO MAI PERCHE’, SECONDO ME, SE LO TENGONO BEN NASCOSTO SOTTO IL PROPRIO SEDERE, PER CUI OGNI VOCE E INDICAZIONE E’ UN INGANNO” e così fu, via Michelangelo Caetani “insegna “…..

CHI ERANO PAOLO INZERILLI E CAMILLO GUGLIELMI

che ha testimoniato scagionando Guglielmi

Il generale dell’esercito allora a capo di Gladio Paolo Inzerilli

Gladio non intervenne mai durante il sequestro Moro. Non fu redatto alcun rapporto né vi furono operazioni da parte degli uomini dell’organizzazione militare. Parola di Paolo Inzerilli, ex-generale dell’Esercito e, a lungo, a capo di Gladio, prima dal 1974 al 1986 e, poi, ancora dal 1989 al 1991.

…..Tutta la questione gira intorno alla figura di Camillo Guglielmi, il colonnello di Gladio, che la mattina di via Fani era nei pressi della zona dell’eccidio e del rapimento di Moro. E che resterebbe, così, fuori dalla ricostruzione, nonostante la sua accertata presenza durante l’azione brigatista. Una presenza che, fino ad oggi, è stata ritenuta non casuale.
Per Inzerilli, durante il caso Moro, «Guglielmi abitava a Modena, e dirigeva i carabinieri di quella città». Non la pensa così il membro della Commissione, Gero Grassi: «Guglielmi abitava in via Stresa 117, nei pressi di via Fani, il suo nome è sull’elenco telefonico del tempo», sostiene il deputato del Pd.

 


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M. Del Gaudio

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