Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Ogni strada ha le sue buche, l’entroterra ligure batte tutti. La ‘ricca Milano-Sanremo’ della Provvidenza


Nessuno ha dubbi: lo stato di salute delle strade italiane è assai preoccupante. Quello dell’entroterra ligure, lo è ancora di più.  Viaggiare per non credere. Le migliaia di buche che popolano raccordi, statali, provinciali, vie urbane e persino autostrade ne sono il simbolo. Ma c’è anche il buon esempio di tre strade a Finale Ligure mentre via Calvisio è tornata una emerita fetta di groviera, peggio di come era prima. E un altro dei cattivi esempi sulla provinciale savonese 8 bis, in Località Carrara. Vedi a fondo pagine ultime notizie sul nuovo percorso che esclude il Colle di Nava.

 di  Alesben B.

Pensando ai tratti stradali, che attraversano le nostre terre, ci viene in mente “Groviera (Roquefort)” – Un topo amico dei gatti, [da gli “Aristogatti” di W. Disney]. La prima menzione del termine gruière risale al 1072, quando a Gruyères si iniziarono a produrre le prime forme di questo formaggio, ma dopo l’antichità esso non designa più solo la città svizzera, ma anche il formaggio tipico che vi si produce. Durante il XVIII secolo, alcuni friburghesi si stabilirono nel canton Vaud, e nelle regioni francesi della Franca Contea, nel dipartimento del Giura e in Savoia, portando con sé le loro conoscenze tecniche.

Nel 1762 l’Académie française aggiunge il termine “Gruyère” nel suo dizionario specificando che si tratta di un formaggio originario del distretto della Gruyère. Ci vogliono circa 400 litri di latte per avere una forma di 35 kg. Il formaggio è stagionato per un periodo da 5 a 12 mesi. In seguito alla stagionatura le forme vengono poste in acqua salata e spazzolate. Come già detto non è caratterizzato da alcuna occhiatura (presenza di buchi), contrariamente a quanto si crede.

Il termine “Gruviera” oggi giorno viene applicato alle nostre strade, quelle che dovrebbero avere la copertura della carreggiata in pietrisco bitumato o l’asfalto. Le strade statali hanno un manto di copertura eccellente se in programma c’è il passaggio di una corsa ciclistica nazionale o internazionale; ed è per questo motivo che la Provincia di Savona vorrebbe che la Milano-Sanremo attraversi tutta la provincia, chi finanzierebbe la copertura sarebbe o lo Stato o la Federazione ciclistica internazionale.

È  già stato scritto molte volte che non c’è più l’asfalto di una volta  perché sembra sbriciolarsi e fare crateri dopo un temporale. Fino a qualche tempo fa capitava di vedere che le strade malmesse dopo giorni di gelo o di temporali, ora lo sono a tempo pieno anche dopo una pioggia sottile, con buchi e buchetti profondi e insidiosi al centro della carreggiata come ai lati, tanto che quando arrivi in certi tratti non sai se evitare il cratere centrale e spingere la ruota in quello laterale o fare zig zag pericolosi per evitare tutti e due.

Ogni tanto capita di vedere un camion con gli operai che rattoppano i buchi e i crateri, aggiustano la banchina e rialzano il piano dell’asfalto, ma sono ovviamente toppe che – come dice il proverbio – a volte sono peggio del buco. All’inizio tengono poi sprofondano e diventano un tranello: l’automobilista pensa che l’asfalto sia piatto e invece arriva il dislivello e ta-tac sussulto di pneumatici e ammortizzatori.

Ma gli Enti ed le Amministrazioni sia Comunali che Provinciali non hanno mai programmato l’esecuzione di una strada, pensando di risparmiare.  Finale Ligure, invece, con via Drione e via Porro e parte di via Molinetti, finalmente ha capito che rifare il volto ad una strada occorre anche procedere alla sistemazione del sottosuolo dove corrono tutti i servizi.

Via Calvisio, un giorno, è apparsa agli utenti con una asfaltatura impeccabile; pia illusione, la sua trasformazione era in agguato. E arrivarono quelli dell’acquedotto che pensarono bene di eseguire alcune aperture di assaggio una ogni due metri. Sicuri che le tubature dell’acqua c’era ancora, riempirono gli scavi e completarono il tutto con due dita di macadam compattato a piastra.  E arrivarono quelli della fognatura….., poi quelli delle bande  ottiche….. e poi arrivarono chi doveva allargare la carreggiata stradale ed infine arrivarono coloro che dovevano sostituire le canalizzazioni. Ora via Calvisio è tornata una emerita fetta di groviera, peggio di come era prima.

Non basta mettere il limite dei 30 chilometri orari perché  quasi nessuno li rispetta. E se qualcuno va ai trenta c’è qualcuno che a clacson sfrenato preme virtualmente per superare. E finire magari in buca,  oppure a seguito dell’articolo 141 comma n. 6 del Codice della Strada, nelle maglie di un solerte Vigile Urbano, il quale, per “farsi bello” [forma dialettale], in modo celere e con la celebre frase,  chiede: “concilia?” l’importo dell’obolo che va da un minimo di 41 a un massimo di 169 Euro. … Ogni trasgressore è quindi punibile con una multa o sanzione amministrativa.

A volte si prendono multe per l’alta velocità, mancanza di rispetto della segnaletica, altre invece perché si va troppo piano. E’ il caso che si è verificato ad un automobilista di Cremona [Viale Trento e Trieste] che uscito da una casa di riposo andava in modo troppo lento tanto che non è passato inosservato da un vigile che gli ha richiesto l’obolo, comminandogli  39 euro + 10 di spese di multa. “Il verbale è eloquente: il conducente circolava a velocità talmente ridotta da costituire intralcio per il normale flusso della circolazione”. Meno male che nelle zone della Bassa di Api se ne vedono pochine. Qui cade il proverbio famoso “chi va piano va sano e va lontano”.

Ci sarebbe un lungo elenco di luoghi e di strade perché tanto il problema riguarda moltissime e disparate zone, anche blasonate, del Veneto e della Lombardia, della Toscana e della Romagna, dell’Emilia e della Liguria giusto per citare territori “praticati” negli ultimi mesi. Molto meno in Trentino e  in Alto Adige perché lì evidentemente hanno più cura di mantenere le strade come quelle della vicina Austria. Immaginiamo i turisti tedeschi che lasciando per un giorno le amate sponde del Garda e si sono inoltrati in strade di campagna verso paesi caratteristici trovandosi con i loro Mercedes a zig-zagare tra buche e crateri, dossi e sgarrupamenti di banchine per raggiungere una rocca o visitare un museo.

Un ragazzo disabile ha pagato con la vita il dissesto dell’asfalto a Firenze, in piazza Brunelleschi: è incappato nello squarcio con la sua carrozzina, battendo la testa. È morto qualche ora dopo. Perché le buche portano anche a questo: fanno vittime, soprattutto quando sono automobilisti, motociclisti o ciclisti a trovarsele davanti.

I dati Istat parlano di poco meno di 1.500 incidenti stradali che hanno come causa proprio l’‘incontro’ con una buca (2018), in aumento del 4,5% rispetto al 2017. Molti di questi si verificano non per l’impatto, ma perché chi è alla guida reagisce spesso provando a evitare l’ostacolo, generando conseguenze peggiori. Il dato comunque non fotografa l’esatta portata del problema: i 1.500 incidenti sono solo quelli certificati, con l’intervento delle forze dell’ordine. Migliaia quelli in cui automobilista e centauri si sono ritrovati a fare i conti con i danni ai loro mezzi, prendendosela con la sfortuna e con chi doveva fare manutenzione e non l’ha fatta. Il report dell’Istat dice anche che una volta su tre gli incidenti causati dalle buche hanno conseguenze gravi: sono oltre 500 quelli con feriti – 640 le persone coinvolte, tra conducenti e passeggeri – e quattro i morti in un anno (due su strade urbane, altrettanti sulle provinciali).

“Un paese che ricava decine di miliardi di euro dal mondo dell’automobile tra imposte, tasse e accise – tuona Giordano Biserni, presidente Asaps (Associazione sostenitori e amici della polizia stradale) – non può permettersi di tenere le strade in questo modo. I rischi vengono addirittura amplificati: è inaccettabile”. Negli anni della crisi economica e della spending review le pubbliche amministrazioni hanno risparmiato 10 miliardi in manutenzione. “E ora ne servono tra i 40 e i 50 per ripristinare la normalità sulle nostre strade” ammette Stefano Ravaioli, direttore del Siteb, l’associazione di riferimento del settore. Molto più di una manovra finanziaria. Anche se nel 2019 la produzione di conglomerato bituminoso (e di conseguenza la manutenzione) è cresciuta “soprattutto per effetto degli appalti dell’Anas”.

Chi si imbatte nelle buche rischia poi la beffa, oltre al danno. Perché non sempre è possibile ottenere il risarcimento, dovuto solo a determinate condizioni. Cioè – sentenze della Cassazione alla mano – quando il dissesto non è segnalato in maniera adeguata, quando la buca non può essere evitata o se la manutenzione non viene effettuata per trascuratezza. In caso contrario l’ente gestore della strada, non responsabile se il dissesto è provocato da eventi imprevedibili come le frane o nelle ipotesi di condotta imprudente di chi è alla guida, non è infatti tenuto al risarcimento. E allora, in una giungla di regole, la colpa ricade interamente su automobilisti e motociclisti: è in realtà la colpa di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Alla fine del mese di gennaio, nel percorrere la provinciale 8 bis, in Località Carrara, a 50 metri circa dalla nostra auto, ecco che abbiamo visto un albero che scendeva dal versante di destra e si adagiava sulla carreggiata. A seguito ecco precipitare un cumulo di pietre di varie dimensioni; frenata all’improvviso e da parte nostra e da parte dell’ape del proprietario dello stabile a valle. Ora, con comodo, il servizio manutenzione della Provincia, ha esposto un cartello con la scritta: “Prudenza –  Frana” e due paletti segnalatori quelli a strisce bianche e rosse. Nient’altro; la circolazione prosegue a senso unico alternato per circa 15 metri. Se ci si ferma e si guarda verso l’alto, prima o poi scenderà un’altra frana che precipiterà sul mezzo o sulla testa del malcapitato di turno. E i giornali scriveranno che la colpa non è dell’Ente  bensì dell’imprudenza dell’individuo perché il tutto era stato adegua mente segnalato.

Alesben B.

NOTIZIE DEL PROBABILE PERCORSO DELLA CLASSICISSIMA NEL SAVONESE – … la possibilità di tornare a veder sfrecciare i campioni già da Albisola. Senza i problemi sul Turchino, probabilmente, la Classicissima di primavera tornerebbe interamente sulle strade abituali.La scelta della «via di Sassello», già adottata nel 2001, con deviazione da Ovada verso Molare, salita al passo, e successiva discesa su Stella fino giù all’Aurelia (si sta lavorando all’asfaltatura della SS334), taglierebbe fuori solamente Voltri, Arenzano, Cogoleto, Varazze e Celle, rispondendo così ai «danni minimi possibili» auspicati dalla Regione Liguria, giustamente sempre poco propensa a perdere una vetrina promozionale in Mondovisione….


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