Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Terremoti: scosse nella fossa Mar Ligure. E vulcani: scoperta in Piemonte con l’ultimo risveglio negli anni ’80


Una scossa  di terremoto a settimana leva la paura d’intorno. Sono 2 settimane che a cavallo della prima fossa del mar Ligure e le falesie della costa [entrambe fanno parte dell’appennino e delle alpi], se pure con lieve magnitudo, si fa sentire lo scuotimento del suolo. Scuotimento che non ha niente a vedere con gli scuotimenti del Veneto, del Friuli e della costa Dalmata; questi appartengono a faglie attive, di differenti tipologie e lunghezze, alcune delle quali capaci di produrre terremoti di incredibile violenza.

di Alesben B.

Anche la nostra penisola è attraversata da numerose strutture sismogeniche che in passato hanno innescato eventi sismici particolarmente intensi lungo l’Appennino (come il magnitudo 6.4 che nel 1909 colpì il bacino del Mugello, recentemente interessato da una nuova sequenza sismica). La faglia (in inglese “fault“) è una frattura nel sottosuolo in cui si verifica o si è verificato in passato il movimento tra i due blocchi di roccia adiacenti alla faglia stessa.

Faglie Italiane- In parole povere durante un evento sismico la roccia su di un lato della faglia subisce uno spostamento (detto slip) rispetto alla roccia posta sull’altro lato della faglia. Ovviamente maggiore sarà lo spostamento e maggiore energia verrà rilasciata. Il movimento in questione può essere improvviso oppure di lento scorrimento (crepp). Ciò che separa i due blocchi di roccia prende il nome di piano di faglia ed è caratterizzato da una direzione, un’immersione e un’inclinazione.Mentre l’intersezione del piano di faglia con la superficie del terreno viene invece definito linea di faglia (in caso di forti terremoti a volte è visibile proprio uno smottamento del terreno in corrispondenza della linea di faglia).Inoltre i blocchi di roccia separati da una faglia, possono spostarsi e muoversi, lungo il piano di faglia, in qualsiasi direzione.

A seconda della direzione in cui si muovono i blocchi di roccia distinguiamo 4 tipologie di faglie:

  • Faglie normali o dirette
  • Faglie inverse
  • Faglie trascorrenti o trasformi
  • Faglie oblique
  • Faglie normali o dirette

Nelle faglie normali o dirette, durante un evento sismico, si osserva uno scivolamento del blocco di roccia verso il basso rispetto all’altro. In questo tipo di fratture, diffuse sopra tutto lungo la catena montuosa dell’Appennino, il piano di faglia possiede un’inclinazione di 55°-70°.
Faglie inverse – Nelle faglie inverse, a differenza delle prime, durante un evento sismico si osserva uno scivolamento del blocco di roccia verso l’alto rispetto all’altro. Questo tipo di faglie, presenti sopra tutto lungo i margini convergenti e piani di subduzione, possiedono un’inclinazione che va da pochi gradi fino ad un massimo di 45°.
Faglie trascorrenti o trasformi – Lungo le faglie trascorrenti (dette anche strike-slip faults) il piano di faglia è verticale, perciò durante un sisma si osserva uno spostamento orizzontale dei blocchi di roccia (lungo il piano stesso). Le faglie trasformi sono identiche alla trascorrenti ma localizzate lungo le dorsali oceaniche. Una tra le più importanti faglie trascorrenti presenti sul nostro pianeta è la faglia di Sant’ Andrea. Faglie oblique – Le faglie oblique sono cosi dette poiché durante un sisma il blocco di roccia non si muove solo sull’asse verticale (come le normali e le inverse) o orizzontale (come le trascorrenti). Ecco una lista con alcune tra le faglie attive più pericolose al mondo : Faglia Alpina, di Atacama, Chaman, di Sant’Andrea, di Sumatra, di Messina – Giardini Naxos, Gloria, Nord-Anatolica, Oaxaca, trasforme del Mar Morto, trasforme di Cefalonia, SWIM. Una faglia si dice attiva se mostra tracce di scorrimento tra i due blocchi di roccia avvenuto nel corso degli ultimi 40.000 anni e per cui si presume che lo scorrimento, quindi un terremoto, possa ancora verificarsi.In conclusione la magnitudo di un terremoto, nonché la sua durata, dipende dalla lunghezza della faglia che ha causato l’evento sismico (più è lunga e più il sisma sarà forte). Ad esempio pare che la lunghezza della faglia responsabile del sisma di magnitudo 9.0 avvenuto in Giappone l’11/03/2011 fosse di circa 280 km !

Campi Flegrei, è allerta: il super vulcano potrebbe risvegliarsi… è parliamo di un vulcano che con l’ultima eruzione ricoprì di cenere tutta l’Europa fino a Mosca, causando un inverno che durò 2 anni! Il super vulcano dei Campi Flegrei potrebbe eruttare prima di quanto immaginiamo. I Campi Flegrei, uno dei super vulcani più pericolosi al mondo, sembra essere più vicino ad un’eruzione, i segni di risveglio si sono susseguiti negli ultimi 67 anni ed in questo periodo il vulcano è andato accumulando energia, incrementando il rischio di eruzione.

L’enorme campo vulcanico noto appunto come “Campi Flegrei” è una vasta depressione. Il vulcano ha eruttato per l’ultima volta nel 1528 dopo quasi un secolo nel quale la pressione si era andata accumulando. Nonostante la sua durata di una settimana, quell’evento fu relativamente piccolo se paragonato con l’eruzione “super-colossale” prodotta 40.000 anni fa. Questa è la seconda più alta classificazione dell’Indice di esplosività vulcanica: la prima è quella “mega-colossale”, come ad esempio quella verificatasi nel super vulcano di Yellowstone, 640.000 anni fa.

Altre caldere, in Italia e nel mondo, si sono formate in modo meno catastrofico, semplicemente in seguito allo svuotamento della camera magmatica dopo un’eruzione. In Italia ne sono un esempio i vulcani laziali, le cui caldere ospitano il lago di Bolsena e di Vico, dal quale si erge il piccolo cono vulcanico di Monte Venere; il vulcano “Vulcano” nelle Eolie, il cui punto di quota più alto è costituito da Monte Aria (499 m s.l.m.). Dal punto di vista geomorfologico l’isola è composta dalle caldere del Piano e La Fossa. All’interno di quest’ultima sorge il Gran Cratere de La Fossa, luogo delle ultime manifestazioni eruttive. Più a nord, invece, sorge la penisola di Vulcanello, collegata a Vulcano da un istmo sabbioso risalente all’ultima attività eruttiva collocabile nel XVI secolo

E nel resto del mondo ? Le aree interessate al vulcanismo sono le dorsali oceaniche (dove 2 placche si allontanano tra loro), la “cintura di fuoco” circumpacifica e altre fasce del pianeta dove è in atto uno scontro di placche (come quello che sta avvenendo sotto l’Italia tra l’Africa e l’Europa) e i “punti caldi”, dove il magma del mantello più profondo giunge direttamente fino alla superficie terrestre (come nel caso dell’Etna). I vulcani non sono dunque distribuiti in modo uniforme sulla superficie terrestre, ma per il 99% sono concentrati in alcune aree particolari che, tra l’altro, sono sede di frequenti terremoti.

E vicino a noi a sud est dell’ex polveriera di Vezzi Portio, appena più indietro della ex cava, ai cui piedi dei versanti sono adagiate le abitazioni di Voze località Ganduglia e le estensioni pratifere delle terre rosse, si eleva sulla dorsale due dossi gemelli, con caratteristiche morfologiche ed aspetto esteriore molto simili a quelli del Monte Poggio.

Il Monte Poggio, 1.081 m, è un rilievo sito all’interno del Parco Regionale delle Capanne di Marcarolo (provincia di Alessandria), riconoscibile per la sua posizione isolata dominante il lato sinistro della valle del Gorzente e gli omonimi laghi. poco a nord-ovest rispetto ai Piani di Pràglia, sull’ampia e poco definita dorsale che separa la Valle Stura dalla val Gorzente. La via più breve per raggiungerne la sommità è un sentiero segnato che ha inizio dalla strada provinciale 167 (vicinanze località case Poggio), un altro percorso parte dalla località Capanne Superiori (presenza Cappella N.S Assunta ai bordi della SP 167). Dalla cima panorama sui Laghi del Gorzente e le vicine vette dei monti Tobbio e Figne, in condizioni di cielo limpido visuali della Corsica e dell’arco alpino ove spiccano i profili del Monviso e del Monte Rosa.

Si presenta come un regolare cono erboso, riconoscibile anche da molto lontano; per via della sua forma assomiglia molto ad un vulcano spento. Sui versanti affiorano a più riprese rocce peridotitiche, dal caratteristico colore bruno-rossastro. La cima della montagna è costituita da due dossi gemelli; il dosso occidentale è il più alto, ed è sormontato da una grande croce metallica e da un cippo in cemento con annessa piccola croce; il dosso orientale è di pochi metri più basso, ed è segnalato da un grosso ometto di pietre. Poco sotto alle roccette del dosso sommitale si trovano alcuni ruderi di muretti a secco. Il Monte Poggio è una delle cime più belle e panoramiche del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo: offre una spettacolare vista a 360 gradi, con il mare, l’Appennino Ligure (bella la vista sull’altopiano della Scaggia e sulla Punta Martìn, o anche la vista ravvicinata sull’alta Val Gorzente, completamente disabitata, e sul Monte delle Figne), la Pianura Padana e gran parte dell’arco alpino sullo sfondo.

Più a nord, ai margini delle Alpi Pennine affiora silenziosamente il Super vulcano detto dei ”Vini” tra la Valsesia e la Valsessera il super vulcano fossile nelle Alpi Occidentali, tra le vallate e i rilievi della Valsesia, è un caso eccezionale e finora unico al mondo, perché permette di sviluppare degli studi sul complesso sistema di alimentazione dei vulcani. Il super vulcano fu attivo circa 290 milioni di anni fa e, sicuramente diede luogo a possenti eruzioni in grado di oscurare l’atmosfera e alterare il clima globale. Dopo alcuni milioni di anni di attività, non più alimentato dai magmi profondi, collassò su se stesso, formando una caldera, cioè uno sprofondamento, di una quindicina di km di diametro. Come mai non se ne erano accorti prima? Forse perché è sprofondato su se stesso e la catastrofe è avvenuta in lontane ere geologiche e quindi prima che potesse essere visto da occhi umani.

Nonostante questo, il Vulcano in Piemonte, celato da svariati millenni, è stato recentemente scoperto da un gruppo di scienziati italiani e americani. Questo ritrovamento non è stato affatto casuale se si considera che la zona era già conosciuta dai geologi per le sue particolarità e da quasi cento anni gli abitanti della Valsesia hanno visto studiosi di varie nazionalità visitare le loro terre, credendoli però attirati dalle vecchie miniere, ma la vera ragione era più profonda e dovuta al particolare assetto geologico della regione. Qui, come spiegano gli addetti ai lavori, l’orogenesi alpina ha causato il ripiegamento dell’antica crosta continentale che, di conseguenza, è stata sollevata ed esposta all’erosione.

Il perché della sua particolare evoluzione lo svelano gli studi degli ultimi vent’anni che hanno dimostrato che circa duecentonovanta milioni di anni fa la parte inferiore della crosta continentale di questa zona veniva intrusa da magmi basaltici ad alta temperatura e il conseguente riscaldamento portava alla fusione delle rocce profonde con la produzione di magmi granitici; formazione di un’area vulcanica la cui attività è culminata con lo sprofondamento di una caldera vulcanica di enormi dimensioni che i geologi chiamano appunto “super vulcano“. In uno studio pubblicato su Nature Communications, esamina alcuni segni di risveglio e sollevamento del suolo ai Campi Flegrei, a partire dagli anni ’50 per capire se il vulcano si stia preparando ad un’eruzione.

Episodi di risveglio della durata di due anni sono stati registrati negli anni ’50, ’70 e ’80: responsabile di quell’attività fu il movimento di magma a 2,9 km sotto la superficie, con una serie di piccoli terremoti e di sollevamenti del terreno che si verificavano ognuna di queste volte.

Ricerche hanno mostrato che il terreno intorno ai Campi Flegrei si sta sollevando, con un ritmo di 33 centimetri negli ultimi 10 anni. In totale, i tre episodi di sollevamento hanno fatto sì che il porto di Pozzuoli, vicino l’epicentro dell’attività, si sia alzato di tre metri dal mare. Qualcosa di simile era stato registrato anche prima dell’eruzione del 1538.“Ma bisogna intensificare l’attività di sorveglianza” esorta l’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia) dopo la pubblicazione di un suo studio su Nature Communications. I Campi Flegrei potrebbero raggiungere un punto critico. Il suolo si sta rigonfiando, il magma sta risalendo e le temperature interne aumentano. “Non sappiamo se e quando questa attività di lungo periodo condurrà ad un’eruzione, ma i Campi Flegrei stanno seguendo una tendenza che si è visto su altri vulcani, incluso il Rabaul in Papua Nuova Guinea, El Hierro nelle Isole Canarie e le Soufriere Hills sull’isola caraibica di Montserrat”. Parlando di quanto grande eruzione, il caso peggiore sarebbe quello di un evento equivalente a quello del Vesuvio nel 79 d.C., ossia l’eruzione che distrusse Pompei ed Ercolano. “Ma questo è piuttosto improbabile”, “è molto più probabile che sia 100 volte più piccola. Il problema reale è non sapere dove questo accadrà. Dovremo evacuare un’area maggiore rispetto a quella che sarà probabilmente affetta perché non si saprà da dove uscirà fino all’ultimo momento, mentre in un vulcano come il Vesuvio il magma normalmente esce dalla cima”.

Tra gli anni ’70 e ’80, migliaia di persone che vivevano nell’area intorno ai Campi Flegrei sono state evacuate per timore che il vulcano potesse eruttare. “La maggior parte del danno nelle crisi precedenti è stato causato dallo scuotimento sismico degli edifici”, spiega Giuseppe De Natale, ex-direttore dell’Osservatorio Vesuviano, “I nostri risultati mostrano che dobbiamo essere pronti per una maggiore quantità di sismicità locale durante un altro sollevamento e che dobbiamo adattare i nostri preparativi ad un’altra emergenza, che questa porti ad un’eruzione o meno”.

Segni di risveglio ai Campi Flegrei. Il vulcano più grande d’Europa preoccupa i ricercatori – Il sollevamento del suolo osservato dai satelliti (immagine Cnr Irea) “Dobbiamo monitorarlo meglio” esortano i ricercatori dell’Ingv, dopo uno studio scientifico che rivela segni di irrequietezza nella caldera abitata da 500mila persone. Il suolo si sta sollevando, le emissioni di gas aumentano, come le temperature del sottosuolo. La ricerca, coordinata da Giovanni Chiodini e condotta insieme alle università di Palermo e Savoia in Francia, ha cercato di fissare il possibile “punto critico” oltre il quale la risalita del magma e dei suoi gas renderebbe instabile tutto il sistema. “Raggiunte le condizioni critiche – spiega Chiodini – il magma rilascia grandi quantità di vapore”. Risalendo verso la superficie, questo vapore bollente indebolisce le rocce, aprendo due possibili scenari. Il primo è l’eruzione, il secondo (quello opposto) è un aumento della viscosità del magma, e quindi la fine della sua risalita. Il magma oggi è risalito a 3-4 chilometri dalla superficie (stessa profondità dell’ultima eruzione, detta del Monte Nuovo, nel 1538). Le analisi dei gas della solfatara di Pozzuoli dimostrano che le rocce intorno al serbatoio di magma si stanno scaldando e rilasciano sempre più vapore acqueo. “Il possibile avvicinarsi del magma alle condizioni di pressione critica può spiegare l’attuale accelerazione delle deformazioni del suolo, il recente incremento delle scosse di terremoto e l’aumento dei gas più sensibili agli incrementi di temperatura”.

Che cosa interessa parlare, qui, di terremoti e vulcani, in special modo dell’area vesuviana accoppiata alla Liguria ? Memento da TRUCIOLI del 18-08-2019: ““HANNO SOLO 72 ORE PER PENSARCI.” POI NOLI CRESCERÀ DI 334 ABITANTI. Tale incremento demografico del ponente savonese – Savona, Vado, Bergeggi, Spotorno, Noli, Finale Ligure, Pietra Ligure, Loano, ect –   potrebbe avvenire in un lasso di tempo di 72 ore.  Tale incremento non ha nulla a che vedere con i reparti di natalità dei vari nosocomi savonesi, bensì ne è una conseguenza:  Parturient montes, nascetur ridiculus mus.

Da TRUCIOLI del 24/05/2017: Noli, La Liguria e a Marechiaro [vedi], si scriveva: “A Noli e ai nolesi, argomento come quello che stiamo trattando, normalmente viene affrontato con noncuranza, già tanto nessuno sa più leggere. Gli unici argomenti che interessano sono quelli relativi al “famoso” tunnel di capo Noli, oppure a qualche pettegolezzo locale; eppure i fatti che, forse, a breve termine, potrebbero accadere, sconvolgerebbero la “pacifica vita” dell’antica repubblica marinara e farebbero puntare il dito verso le istituzioni governative che, secondo loro, a torto, non li hanno informati per tempo; o meglio………hanno solo 72 ore per pensarci.”

Ed ancora Da TRUCIOLI  ANNO VINUMERO 1 DEL 7 SETTEMBRE 2017 – Lo Spillo Di Noli o La Sibilla [ : ” Lo spillo di Noli o la Sibilla Cumana, cerca di tracciare, per la “gente” normale lo scenario che potrebbe interessare anche il Comune di Noli qualora vi fosse una eruzione, anche parziale, dei Campi Flegrei”.  “Chissà se l’Amministrazione di Noli ha ancora tempo per pensare alle fioriere, al campetto, al deposito degli anziani, al tunnel, alle onde elettromagnetiche, ai fuochi artificiali, ai migranti, e qualsiasi altra cosa, ………, o farebbe meglio, ora che ha tempo, predisporre un piano sul suo territorio dove alloggiare gli abitanti di Marano di Napoli e Cercola [totale 78 161 abitanti]”. 

Sulle pagine del Secolo XIX del 28 luglio 2019, Emanuele Rossi posta il seguente articolo: Vesuvio, in caso di eruzione previsto l’arrivo in Liguria di 80mila campani. Se evacuati, i cittadini di Cercola e Marano verranno accolti nei confini regionali.  Non solo accoglienza, tra gli obblighi anche quello di trovare lavoro agli sfollati [Evviva!] <<L’evacuazione più grande mai vista. Con la sistemazione, nel giro di 48 ore, della popolazione di due comuni della provincia di Napoli, Cercola e Marano di Napoli, dall’altra parte del mare Tirreno, in Liguria. Quasi ottantamila persone da ospitare in condizioni di emergenza. Non è fantascienza, ma il piano che la Protezione civile della Liguria dovrà preparare per mettere a punto il gemellaggio firmato tra i due Comuni e la Regione nell’ambito della “Pianificazione nazionale dell’emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio”>>.

Un piano che il dipartimento nazionale di Protezione civile ha messo a punto dopo cinque anni di lavoro, firmato a Napoli lo scorso giugno da dal Ministero dell’Interno, dalle autorità locali e dalle Regioni coinvolte. Un piano definitivo di evacuazione da applicare in caso di eruzione del Vesuvio o dei Campi Flegrei. Una eventualità che, è bene ricordarlo, è remota. L’ultima eruzione del Vesuvio è del 1944 e non ebbe le dimensioni catastrofiche di altre precedenti, come quella che distrusse Pompei nel 79 d.c. Nel weekend del 19 ottobre 2019 ci sarà un’esercitazione che durerà 72 ore. Saranno interessati quasi 2mila cittadini. Ma ci sono tante criticità come la questione della Statale 268 vesuviana, inadatta ai flussi enormi di un esodo emergenziale.

Solfatara a Pozzuoli- Più che dal simbolico Vesuvio, è dunque dai Campi Flegrei che gli abitanti di Napoli e dintorni dovrebbero guardarsi. La forma di caldera anziché di montagna fa sembrare innocuo questo vulcano con un diametro di 12 chilometri, metà a terra e metà nel golfo di Pozzuoli, costellato da bocche eruttive, coni e fumarole. Ma se greci e romani collocavano qui (nell’Averno) la porta dell’inferno, una ragione probabilmente c’è. Nella storia, la caldera si è sempre alzata e abbassata, quasi avesse un respiro. Nel mercato romano di Pozzuoli alcune colonne sono incrostate da conchiglie, a dimostrazione che un tempo si trovavano sotto l’acqua. Dopo l’eruzione del Monte Nuovo, la caldera si è assestata sprofondando leggermente.

E’ tornata ad alzarsi a partire dal 1950, fino all’eclatante bradisismo degli anni ’80. Tra il 1982 e il 1985 il suolo si sollevò di quasi due metri e uno sciame sismico provocò l’evacuazione degli abitanti di Pozzuoli. Dal 2005 il suolo si è rialzato di altri 40 centimetri, seguito millimetro per millimetro dai satelliti CosmoSkyMed, dall’Istituto Irea del Cnr che ne analizza i dati e dalle stazioni di monitoraggio dell’Ingv. Una sequenza di piccoli terremoti conferma che il gigante potrebbe aver voglia di risvegliarsi. Sarebbe come – dichiarò alla Reuters qualche anno fa Giuseppe De Natale, il direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv (il più antico centro di ricerche sui vulcani del mondo ) – come l’arrivo di un grande meteorite. Un’eventualità tanto rara quanto catastrofica”.

Alesben B.


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