Ho letto sul mensile “IL LETIMBRO” di questo mese le precisazioni del Sindaco di Noli, Lucio Fossati, interessanti i due cantieri dei box: ecco il testo……..
ULTIMA ORA – Albo Pretorio 10 DICEMBRE 2020: Pubblicazione 1005/2020 – Determina n.669 del 9 dicembre 2020- Impegno di spese legali. Ulteriori 58.346,80€ a favore dell’Avv. Mauro Vallerga di Genova per contenziosi del Comune relativi a Via Belvedere.
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Via Belvedere: già da tempo avevo chiesto, invano, perchè i lavori inerenti la nuova viabilità previsti sulla copertura dei box in realizzazione in via Belvedere fossero stati interrotti.
La risposta odierna non soddisfa affatto il quesito (che non è solo mio): perché da oltre quattro mesi i lavori che interessano la nuova viabilità pubblica sono fermi ? Ancora una volta impera la reticenza!
Dare la colpa ad un “esposto” potrebbe sembrare troppo facile! Per la trasparenza, di quale esposto si tratta? Ha un fondato motivo di essere questo esposto? Il Sindaco non lo dice! Perchè non può o perché non vuole? E’ colpa delle ditte che lavorano? Senza controllo da parte del Comune?
Prendendo atto di quello che il Sindaco scrive, si evincerebbe la sua autoesclusione dagli accordi tra Soprintendenza e le ditte riguardante la convenzione a suo tempo concordata e sottoscritta anche dal Comune. E gli interessi del Comune in questa fase, oggi, chi li protegge?
Queste sono le risposte che la cittadinanza si aspetta da un Sindaco che dovrebbe mettere la parola fine ad una problematica che comunque lascia una triste eredità: parcheggi a rotazione sottratti, degrado del paesaggio con piano fuoriterra dei box a un passo dalla Chiesa di S.Paragorio (monumento nazionale), senza dimenticare i disagi subiti dai condomini di tre edifici ancora fuori dalle proprie abitazioni da ben 11 anni.
Ad oggi lo Stato ha anticipato oltre 8milioni dei circa 11milioni riconosciuti dalle prime sentenze esecutive per evitare la bancarotta del Comune di Noli condannato in solido.
Ricordiamo inoltre che le spese legali che continuano a interessare il disastro di via Belvedere ammontano a centinaia di migliaia di euro, pagati con le nostre tasse.
Via IV Novembre: Per quanto riguarda via IV Novembre, il Comune di Noli dalla sentenza del Tribunale di Savona del 2014 è in una posizione di forza con il riconoscimento della piena disponibilità di tutta l’area che è sua, scavo compreso, e di un risarcimento danni quasi milionario. L’Amministrazione Niccoli in quel momento di gloria invece di far entrare i soldi nelle casse comunali decideva di non incassare per non far fallire la Progetto Noli.
Ma chi è la Progetto Noli?
È la società di progetto che ha danneggiato il Comune, gli incauti promissari acquirenti dei box a cui il socio di maggioranza Angelo Cega (vedi A FONDO PAGINA…) ha portato via gli acconti versati per circa 1.400.000 €, i residenti che da più di 10 anni vivono in uno stato di degrado ambientale e paesaggistico.
La Progetto Noli è quella che nel 2010 si è fatta sequestrare il cantiere dalla Procura di Savona a seguito di abusi edilizi ed illeciti ambientali e dove il Comune ha dovuto ripristinare condizioni di legalità a proprie spese.
La Progetto Noli è la società che nel 2012 ha chiamato in causa il Comune di Noli e nel 2014 l’ha pesantemente persa.
La Progetto Noli è la società che nel 2015 ha chiesto al Tribunale di Genova la sospensiva della sentenza del Tribunale di Savona e non l’ha ottenuta.
La Progetto Noli è la società per cui il Comune in una posizione di vantaggio ha rinunciato all’ultima udienza, quella in Corte di Appello prevista a novembre 2020, per la precisazione delle conclusioni.
Facciamoci delle domande e diamoci delle risposte:
Perché gli incauti promissari acquirenti non hanno fatto causa alla Progetto Noli che li ha fregati, ma hanno prontamente battuto cassa al Comune? Semplice, perché non si sono opportunamente tutelati con una fideiussione a garanzia ragion per cui dal privato non avrebbero mai ottenuto niente o ci sarebbero voluti anni e ingenti spese legali. Il Comune dalla sua non ha e non deve aver nessun impegno con i promissari acquirenti che sono dei privati che hanno stipulato un accordo in esclusiva con una società privata.
Perché il Comune con la proprietà dell’area del valore di circa 4.500.000 € e un risarcimento danni riconosciuto di circa 950.000 € è disposto a far finta che non sia mai successo niente e a delle condizioni peggiorative, antieconomiche?
Il Comune di Noli, con il Sindaco Niccoli prima e con Fossati ora, non ha mai cercato una soluzione alternativa alla Progetto Noli per completare i lavori, per il motivo che solo la Progetto Noli può riconoscere gli acconti versati dai promissari acquirenti dei box. Nobile causa direte voi, però non certo di interesse pubblico, essendo l’interesse di 36 privati su una popolazione di circa 2600. Certo, quel milione e 400.000 € sono serviti per realizzare parte dello scavo, ma il Comune non è il paracadute del rischio d’impresa di una società privata inaffidabile e l’interesse privato di circa quaranta privati non può tenere in ostaggio un paese e il suo decoro per oltre 10 anni.
La società Progetto Noli, dalla sua, nonostante le cause legali promosse contro il Comune di Noli ha sempre tentato di trovare un accordo con l’Ente per riprendere e completare i lavori, facendo leva sul fatto di essere l’unica in grado di poter riconoscere gli acconti versategli dai promissari acquirenti, ma a fronte di una parziale revisione del piano economico finanziario.
Perché chiedere una revisione se il progetto di massima non è cambiato e a fronte di uno scavo già esistente e di proprietà del Comune?
Comparando il testo della vecchia Convenzione con quello della nuova bozza si possono fare delle osservazioni interessanti.
Facciamo un passo indietro: 2007 prima dello scavo. La Progetto Noli per la progettazione e costruzione del parcheggio pluripiano chiedeva al Comune di Noli la concessione novantennale dell’area in convenzione, la realizzazione e cessione a terzi di 94 box in diritto di superficie novantennale a 50.000 €, la realizzazione e gestione di 188 posti auto a rotazione per 30 anni.
Oggi 2020 con lo scavo fatto e di proprietà del Comune, la Progetto Noli è pronta sulla carta a riconoscere il milione 400mila euro dei promissari acquirenti alle seguenti condizioni: restituzione della disponibilità dello scavo, sconto sul risarcimento danni, autorizzazione a realizzare 40 box in più da cedere in diritto di superficie novantennale a un prezzo medio di 60.000 € per i nuovi acquirenti, gestione dei 188 posti auto per 40 anni invece che 30. La copertura del buco diventerebbe un’intera area parcheggio con circa 95 posti auto a rotazione a pagamento nella piena disponibilità della Progetto Noli come pure i circa 40 posti auto che verrebbero realizzati in più nella piazza della chiesa di S. Francesco, ora posti a pagamento ma comunali. Ma non è finita.
La Progetto Noli precisa che oltre a tutte queste concessioni, che facendo due conti la rifondono con gli interessi del milione e 400.000 euro che sostiene di voler riconoscere, il Comune la deve escludere dal pagamento della TARI e da ogni altro tributo futuro sui rifiuti, dagli oneri di urbanizzazione primari e secondari, dalla tassa per l’occupazione del suolo e per la pubblicità, più altro. Nella pratica i nolesi con le loro tasse pagheranno al Comune il gettito condonato alla Progetto Noli.
Il Sindaco Fossati si vanta dei 38.000 € di soldi pubblici spesi per richiedere al RINA la validazione del progetto (privato). Perché quei soldi non li ha pagati la Progetto Noli ?
Perché i cittadini nolesi? Non è forse la società a dover dimostrare di essere affidabile e di avere la copertura finanziaria per completare i box e riqualificare l’area senza farci ricadere nel degrado e nelle spese per danni e cause?
Ultima ma fondamentale quesito: perché il Sindaco Fossati non ha rimesso a bando la realizzazione del progetto del parcheggio pluripiano di via IV Novembre come propagandato nel proprio programma elettorale ai nolesi, mentre ha portato avanti, peggiorandolo, il progetto “Niccoli”? Riportiamo l’impegno dell’allora candidato Sindaco Fossati: “Appena giuridicamente e formalmente possibile rimettere a bando al realizzazione dei box di via IV novembre ben specificando nel capitolato che prima andranno eseguite le opere di pubblica utilità e poi quelle private!”
Apriamo gli occhi!
Carlo Gambetta
TRUCIOLI.IT: Angelo Cega ricerca su google dove viene citato Corriere della Sera
Piazza XXV Aprile, scandalo box
«Basta, ora denunciamo il Comune»
N 1- Tanto che i commercianti della zona, riuniti ieri con alcuni acquirenti dei box in una sala del teatro Smeraldo, minacciano un’azione legale contro il Comune: «Le carte sono già pronte». L’ultimo intoppo è legato alla crisi di una delle aziende che fa parte della società «Progetto XXV Aprile». Il parcheggio prevede 322 box e 346 parcheggi a rotazione. Il valore dell’opera supera i 16 milioni di euro. La società ha un capitale di un milione e mezzo di euro ed è costituita dalla Vfv Consultecno (famiglia Villoresi, 18%), dal consorzio Evolve (39,95%) e dalla ditta Angelo Cega (39,95%). È proprio quest’ultima azienda ad essere in liquidazione, entrata in concordato preventivo il 2 aprile scorso dopo aver accumulato una voragine di 183 protesti tra settembre 2008 e lo scorso giugno. Gli altri due soci stanno cercando di estromettere la Cega dalla società per via giudiziaria e questo ha comportato un ulteriore ritardo nei lavori, di almeno 3 mesi.
N 2- IL GIORNALE – …STAMPO ANTIMAFIOSO……La Fondamenta srl viene citata all’interno della Commissione d’inchiesta (XVI legislatura) alla Camera dei Deputati per lo smaltimento illegale di rifiuti come possibile preda delle mire espansionistiche della ‘ndrina “La lombardia”. All’interno dell’appalto Expo non si occupa però di rifiuti. Nella relazione della Commissione d’inchiesta si legge:
“Ma le mire espansionistiche della ’ndrina « La Lombardia » non erano limitate all’acquisizione delle società del gruppo Perego, in quanto rivolte ad assurgere a ben più alti livelli, di carattere nazionale e anche internazionale, posto che Pavone aveva ottenuto da Enrico Rebai, titolare del Gruppo Comer, il benestare per la creazione di un’unica grande società, leader nel settore, derivante dalla fusione di uomini, mezzi e risorse di quattro distinti gruppi industriali operanti nel settore dei lavori pubblici e cioè della Perego, del gruppo Fondamenta Srl, della Comer Spa (ammessa poi in data 10 novembre 2011 alla procedura di concordato preventivo, ma all’epoca dei fatti apparentemente sana) e della Angelo Cega Spa (che già versava in stato di insolvenza ed era in stretti rapporti con Andrea Pavone, come risulta dalla nomina a liquidatore del solito Giovanni Barone, avvenuta in data 6 aprile 2009, ma dichiarata fallita qualche mese dopo, in data 23 luglio 2009). Tutte le società anzidette erano dotate di un vasto assortimento di certificazioni Soa (attestato obbligatorio per l’esecuzione di appalti pubblici di importo superiore a 150 mila euro) e – secondo le previsioni di Pavone – la creazione di un colosso dal fatturato complessivo prossimo ai 00 milioni di euro » avrebbe consentito, a pieno titolo, la partecipazione ad appalti pubblici. L’iniziativa non aveva successo, a causa delle serie difficoltà in cui versava la Angelo Cega Spa, ma i tentativi di inserirsi nel tessuto economico lombardo e, in particolare, in quello milanese sono evidenti e in ogni caso destinate a proseguire, posto che il cosiddetto gruppo Perego era del tutto sprovvisto di risorse proprie. Di qui l’affannosa ricerca di intese con altri gruppi industriali operanti nel settore
Anche nell’articolo del Giornale.it, scritto da Luca Fazzo il 15/07/2010 si legge:
“L’idea di Pavone e Strangio è di concludere una fusione tra il gruppo Rebai, la Angelo Cega Spa, il gruppo Fondamenta srl e ovviamente la Perego. Il progetto alla fine sfuma. Ma il meccanismo messo in piedi dalla ‘ndrangheta è sempre lo stesso. Entrare nelle ditte sull’orlo del crac con capitali fittizi, e impossessarsene come un virus. La conversazione è del 25 febbraio 2009 “Carta bianca per fare l’operazione -dice entusiasta Pavone- facciamo una società in quattro, siamo la più grossa della Lombardia, abbiamo tutte le Soa (Società organismo di attestazione) per fare qualsiasi appalto.”
N. 3 ARTICOLO – Le cosche volevano entrare nei cantieri di piazza XXV aprile
Le ’ndrine si impossessavano come un virus delle imprese sull’orlo del crac. È lo schema applicato al parcheggio dello Smeraldo e ad altri grossi appalti
Luca Fazzo – Gio, 15/07/2010 – Il progetto era davvero ambizioso. Creare un cartello di imprese per aggiudicarsi “qualsiasi tipo di appalto”. Ne parlano al telefono Salvatore Strangio – arrestato martedì e indicato dagli investigatori come un noto ’ndranghetista – e Andrea Pavone, il volto pulito del gruppo, l’uomo che amministrava le società del clan, l’interfaccia tra le cosche e il mondo delle imprese.
La conversazione è del 25 febbraio 2009. “Carta bianca per fare l’operazione – dice entusiasta Pavone – facciamo una società in quattro, siamo la più grossa della Lombardia, abbiamo tutte le Soa (Società organismo di attestazione, ndr) per fare qualsiasi tipo di appalto. Cento milioni di fatturato!”. Un’enormità. L’idea di Pavone e Strangio è di concludere una fusione tra il gruppo Rebai, la Angelo Cega spa, il gruppo Fondamenta srl e ovviamente la Perego. In pratica, un colosso delle costruzioni. Il progetto, alla fine, sfuma. Ma il meccanismo messo in piedi dalla ’ndrangheta è sempre lo stesso. Entrare nelle ditte sull’orlo del crac con capitali fittizi, e impossessarsene come un virus. Ed è uno schema che viene replicato anche in pierno centro a Milano. In uno dei cantieri più tormentati della città. Piazza XXV Aprile.
Dei tentativi delle cosche di infiltrarsi negli scavi davanti al teatro Smeraldo si parla in un’informativa della Dia. Gli investigatori dell’antimafia descrivono l’interesse di Strangio “per l’appalto affidato alla “Progetto XXV Aprile Spa” per la travagliata costruzione dei parcheggi”. Da anni, quel cantiere è fermo. Le ditte falliscono, e i lavori non vanno avanti. “Anche qui – sottolineano gli 007 – sono state individuate presenze di aziende compromesse, e tentativi di scalata di un’azienda in crisi di liquidità”. Ancora una volta, è Pavone che prova ad assorbire le ditte decotte. Anche questa volta, attraverso la “Perego”, indicata dalla Dia come “il cavallo di Troia”. È il nome spendibile di un’azienda pulita per permettere “a imprese appartenenti agli esponenti della malavita organizzata di partecipare alla spartizione degli utili derivanti dall’esecuzione di lavori pubblici”. L’obiettivo, anche nel caso di XXV Aprile, è evidente. Il business del mandamento lombardo, però, dovrà fare a meno di quel cantiere. L’affare non va in porto. Ma quel parcheggio, sottolinea l’antimafia, era “un’ulteriore occasione per reimpiegare in attività imprenditoriali lecite i capitali illecitamente accumulati”.
Pavone – l’esperto finanziario, l’uomo delle fusioni, il nome spendibile su cui facevano affidamento le cosche – ieri è stato interrogato dal gip Giuseppe Gennari. “Non sapevo di essere uno strumento dei calabresi”, ha detto al giudice, e nemmeno si era reso conto che la “Perego” fosse in realtà la cassaforte delle ’ndrine. Davanti al giudice si sono presentati anche l’imprenditore Ivano Perego, che si è avvalso delle facoltà di non rispondere. E come lui, ha fatto scena muta anche Cosimo Barranca, capo del “locale” di Milano, e presente alla riunione nel circolo dedicato a Falcone e Borsellino. E ha parlato, e per più di tre ore, anche Carlo Antonio Chiriaco, direttore della Asl di Pavia, indicato dagli inquirenti come punto di riferimento dei boss per avvicinare il mondo della politica. Chiriaco, arrestato martedì, avrebbe lavorato con il boss Pino Neri per indirizzare i voti sul deputato Pdl Giancarlo Abelli. Il 9 gennaio 2010, intercettato, dice: “Giuro che farei la campagna elettorale per lui come fosse la prima volta, con la pistola in bocca, perché chi non lo vota gli sparo”.
Lontano dal tribunale, invece, Antonio Oliverio – ex assessore provinciale considerato dagli invetigatori il tramite tra la politica e l’organizzazione criminale – si smarca dalle accuse. Ammette di aver iniziato “un rapporto di collaborazione” con Perego, ma di averlo interrotto nel giro di qualche mese, perché qualcosa non mi convinceva: aveva un comportamento molto aggressivo”. L’ex assessore ne è certo. “Sono sconcertato. Ma ho fiducia nei magistrati, tutto verrà chiarito”.
N 4 – TRIBUNALE DI MILANO SENTENZA 6 DICEMBRE 2012 – 40’ IMPUTATI—–
PROCESSO SI CITA…..PAVONE Andrea
in qualità di partecipe
favoriva l’ ingresso in PEREGO GENERAL CONTRACTOR di STRANGIO Salvatore; inoltre,
quale suo diretto riferente,
ne diveniva amministratore di fatto, occupandosi direttamente
della gestione delle operazioni finanziarie, poi non andate a buon fine, della acquisizione di
partecipazioni societarie in altre importanti aziende nel settore delle opere pubbliche, quali
quelle che hanno riguardato la VANZULLI COSTRUZIONI SRL, la società COSTRUZIONI
di ANGELO CEGA e le società facenti capo al gruppo COSBAU.
- 5 CONFCOMMERCIO ED UNIVERSITA’ DI MILANO
In collaborazione con:IL RAPPORTO MAFIA E IMPRESA:IL CASO DELLA ‘NDRANGHETA NELL’ECONOMIA LOMBARDA
..-… La Perego manteneva 150 famiglie calabresi e, mediante la gestione del prestanome di origine pugliese fedele a Salvatore Strangio, progettava di espandersi coinvolgendo società ignare della matrice mafiosa del gruppo imprenditoriale. Dopo un tentativo fallimentare di entrare in affari con Angelo Cega, imprenditore edile milanese,il front runner di PGC tentò la scalata alla Cosbau, una grande azienda trentina che offriva enormi potenzialità di guadagno. Inizialmente l’affare sembrò decollare, per poi concludersi con un nulla di fatto.