Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Intervista/La prof. Rita Nello Marchetti. La felicità? Forse irraggiungibile. Cultura ligure? A rischio identità. L’amicizia? Meglio pochi amici virtuosi che molti virtuali. E… ‘Liguria amore mio’


La Prof. Rita Nello in Marchetti, giubilata dall’insegnamento nelle scuole di stato, ha proseguito con determinazione a promuovere la cultura in Liguria, dedicandosi con passione alla scrittura creativa, tanto in versi quanto in prosa, e meritando ambiti riconoscimenti. Collabora a svariati periodici liguri nonché a molteplici associazioni, anche ufficiali. Ha vinto il Premio Andersen per la fiaba nell’anno 1996 con “Liguria, amore mio”, raccolta di fiabe prevalentemente legate alla tradizione genovese. E vive in tempi di Pandemia ? “…meglio avere pochi amici virtuosi che molti amici virtuali…”.

di Gian Luigi Bruzzone

La docente Rita  Nello Marchetti, genovese, continua a dedicarsi alla scrittura, al giornalismo e alla pubblicazione di libri. E di Varazze ricorda: la meta di tante serate giovanili, montagne di delizioso gelato al pistacchio, mille raggi di sole che scaldano l’anima.

Interessanti e di proficua lettura i suoi volumi concernenti la nostra regione, bisognosa di non perdere la propria identità in questa civiltà che va sfaldandosi ed annacquandosi, per non dire involgarendosi. La Signora Rita, insomma, è persona che pensa e che vive consapevole le ore dei suoi giorni, non soltanto per sé, ma anche per gli altri.

Gentile Professoressa, vuol parlarci dei suoi studi?

Ho conseguito la Laurea in Lettere (110/110) presso l’Università di Genova, ho frequentato vari corsi di specializzazione post-laurea, ho ottenuto con lode il Diploma di Archivistica e Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Genova, oltre all’abilitazione in più gradi d’insegnamento. Ho avuto diversi riconoscimenti per meriti didattici e tuttora non ho finito di approfondire i miei studi, con particolare riferimento al campo linguistico e letterario e alle tradizioni regionali.

Com’è sbocciato il suo amore per Dante Alighieri, di cui è imminente il settimo centenario della morte?

L’amore per Dante non è stato un colpo di fulmine, ma è maturato e cresciuto negli anni. Durante la frequenza della scuola superiore non provavo una forte attrazione per lui e per la sua Commedia, in quanto ho avuto una docente pedante che non me lo ha fatto amare. Nel corso degli studi universitari, invece, ho scoperto (così si può dire) Dante, la sua potenza espressiva e il suo carisma, attraverso la frequenza dei Corsi del prof. Fausto Montanari, dantista insigne, e la preparazione accurata di ben quattro esami di Italiano, oltre a quello di Storia della lingua, tenuto con perizia dal prof. Luigi Peirone, con il quale tra l’altro mi sono laureata. L’imminente anniversario dantesco mi ha ulteriormente stimolata ad approfondire la figura di Dante anche sotto l’aspetto intimo e strettamente personale.

Rileva come Dante sorprenda per la sua modernità. Ma i classici sono sempre attuali?

I classici sono sempre attuali, altrimenti non sarebbero definiti con questo termine. Dante, in particolare, sorprende per la sua modernità, in quanto non solo innovatore (direi inventore) della lingua nazionale, ma uomo nuovo per la tensione morale costantemente manifestata e per l’atteggiamento di rispetto quasi reverenziale verso la figura femminile, di cui riconosce essenzialmente la superiorità rispetto all’uomo. Donna soggetto di ammirazione e non mero oggetto di trastullo per uomini dappoco. Sta qui soprattutto, a mio avviso, la modernità di Dante.

È fresco di stampa il volumetto “Le donne di Dante”. Da quale fonte è scaturito?

Il mio libro “Le donne di Dante”, appena uscito per l’Editrice Albatros con sottotitolo “Tre donne intorno al cor mi son venute”, scaturisce, oltre che dall’amore sviscerato per il Sommo Poeta, di cui si è detto, anche dalla consapevolezza di avere l’opportunità, in quanto donna, di esaminare un punto di vista innovativo nell’approccio al personaggio e alla di lui opera: Dante considerato secondo una prospettiva nuova, quella femminile, tra tanti illustri commentatori che hanno rappresentato una visione al maschile del grande personaggio. Ho voluto, in particolare, mettere in rilievo l’aspetto interiore e domestico di Dante, filtrato attraverso le icone femminili che ha frequentato, nella vita come nelle opere.

Francesca, Matelda, Beatrice. Ma, va da sé, nessuna è paragonabile alla Donna per eccellenza, cantata da San Bernardo nel canto XXXIII del Paradiso.

Francesca, Matelda, Beatrice non sono solo tre donne eccezionali, ma tre emblemi, tre fasi attraverso cui lo spirito di Dante si eleva fino alla visione finale e beatifica della Vergine, cui è indirizzata la preghiera riportata in Appendice. Un’escalation, o meglio un vero e proprio climax nel quale le figura femminile si sublima per gradi e si evidenzia infine, in una sorta di apoteosi, in tutta la sua potenzialità spirituale.

Ha nostalgia per gli anni dell’insegnamento?

Un fondo di nostalgia è affiorato nei primi anni. Nostalgia soprattutto per i numerosi rapporti perduti, con allievi e con colleghi. Per il resto, non sono tipo da rimpianti. Ho sempre guardato, anche oggi che sono ormai anziana, al futuro, al quale chiedo di riservarmi ancora alcune sorprese positive. Ho saputo rinnovarmi, dedicandomi soprattutto alla scrittura, al giornalismo e alla pubblicazione di libri.

Che cosa si propone coi suoi Corsi al Centro Universitario del Ponente? E quali soddisfazioni ha provato?

I Corsi del Centro Universitario del Ponente, cui collaboro come docente da circa vent’anni, mi hanno dato l’opportunità di non congedare del tutto l’attività didattica, per la quale mi sono sempre molto spesa. L’Atélier di Scrittura Creativa che guido mi ha offerto nuove possibilità d’incontro e occasioni per approfondire tematiche non contemplate appieno negli anni precedenti. In particolare, si è creato un rapporto bellissimo e costruttivo tra le Corsiste (negli anni sono state soprattutto donne) e la mia persona: un legame di amicizia forte e duraturo che va oltre il mero rapporto allievo-docente per investire tutta la sfera della personalità, specie per quanto riguarda le strutture sociali ed espressive.

Desidera presentarci i suoi libri?

Con Lelio Luzzati

A parte pubblicazioni saltuarie legate all’attività di docenza o ad eventi contingenti, il mio primo libro, uscito per De Ferrari Editore poco dopo il conseguimento di un Premio Andersen per la fiaba nell’anno 1996, è stato “Liguria, amore mio”, una raccolta di fiabe prevalentemente legate alla tradizione genovese, seguita l’anno successivo da un’altra raccolta per ragazzi uscita per lo stesso Editore: “Dove è finito Grufus Lucus?”, dove Grufus è simbolo della creatività e della fantasia che vanno via via perdendosi tra i giovani.

Dopo una pubblicazione sul Giubileo a inizio secolo, ecco il pieno successo del libro “Sei un Mito: il mito narrato ai ragazzi in forma di giornale“, uscito nel 2005 per i Fratelli Frilli Editori, che si avvale di una pregevolissima veste grafica a colori, opera del grande artista Lele Luzzati.

Tra i libri successivi, ricordo in particolare “Caterina e l’Angelo: il volto popolare e l’anima nobile del Cimitero di Staglieno“, accolto nelle Erga Edizioni, corredato da una ricca messe di fotografie e da relativa traduzione in inglese. Questo su Dante è il mio libro più recente, ma ne ho in programma un altro dal titolo “I miti di D’Annunzio: Dante, donne, dolci”, un corposo saggio che dovrebbe uscire nel marzo prossimo. Collaboro inoltre a periodici e riviste e sono redattrice del mensile “Il Corniglianese”. Sono presente in numerose antologie e citata nel saggio “Genova tra le righe: la città nelle pagine di narratori italiani tra ‘800 e ‘900″ (Ed. Marietti). Sono stata, tra l’altro, componente della Giuria del Premio Rapallo-Carige per la donna scrittrice.

Varazze per me è…

Il moto perpetuo delle onde scintillanti, la meta di tante serate giovanili, montagne di delizioso gelato al pistacchio, mille raggi di sole che scaldano l’anima.

Quali i suoi pensieri al termine del giorno?

Una parentesi di bilanci, una preghiera di ringraziamento (quando me ne ricordo), sollievo per una giornata compiuta con puntigliosa determinazione, ma proiettata nel domani e confortata da un mare di ricordi fluttuanti nel passato.

Che cos’è la felicità?

È qualcosa di speciale, una perenne tensione verso l’assoluto, forse una meta irraggiungibile.

Basta col coronavirus, ne parlano anche troppo, un vero massaggio mediatico…

Si sono spesi fiumi di parole, spesso inutili. A parte i molti risvolti negativi, la pandemia potrebbe aiutarci tuttavia a superare la superficialità nei nostri rapporti e a scoprire valori autentici, ciò che conta davvero nella vita, l’amicizia pura, i legami familiari. Concludo con un aforisma: meglio avere pochi amici virtuosi che molti amici virtuali… Grazie.

Gentile Professoressa Rita, il suo parlare è succinto e scorrevole e ci avrebbe fatto piacere apprendere ancora notizie da Lei. Intanto La ringrazio per avere accettato l’intervista, augurando a Lei ed ai Suoi Cari giorni sereni e fruttuosi.

Gian Luigi Bruzzone

 


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