Anni fa ebbi dal compianto amico fraterno arch.Ugo Baldini, Presidente della Cooperativa Architetti ed Ingegneri di Reggio Emilia (CAIRE), l’incarico, debitamente autorizzato dal mio Ente di appartenenza, di raccontare in forma “piana e tranquilla”(come Ugo mi aveva suggerito) la storia della Città di Albenga da inserire all’interno del progetto di PUC a cui stava lavorando e alla cui elaborazione non ho mai partecipato oltre il mio incarico.
Vorrei qui condividere alcune riflessioni, che già allora colsi su Albenga e che derivavano anche da letture, studi e ricerche sulla città e sulle sulle valli che convogliano su di essa (Arroscia,Neva e Pennavaire principalmente).
In primo luogo notai come la ricerca storica e archeologica procedesse su sentieri autonomi rispetto alla cultura cittadina ovvero accanto alle due storie generali della citta’ (Cottallasso e Gerolamo Rossi) vi erano state notevoli e numerose ricerche storico giuridiche (sulla compilazione statutaria del XIV secolo inquadrata nel contesto europeo), archeologiche (lavori di Massabò, Lamboglia,…), storico-architettoniche (Battistero,…), cartografiche sul ruolo del Centa nei secoli ma esse trasmettevano la sensazione di essere rivolte ad esperti e solo in un ristretto cenacolo non per colpa degli studiosi ma piuttosto per una strana visione del Comune, che riteneva di aver appaltato tutta la ricerca storica e gli aspetti conoscitivi a benemerite istituzioni come l’Istituto Internazionale di Studi Liguri sez. Ingauna in primo luogo, all’Università e alle Soprintendenze senza fare diventare questi dati (soprattutto quelli innovativi) patrimonio comune collettivo come se la coscienza civile non si formasse e si arricchisse proprio anche da quei fattori e soprattutto per costruire una comunità non fosse importante conoscere le dinamiche evolutive.
Forse l’unico elemento in cui il Comune poneva la propria presenza ed accento era per fortuna il ricordo del Boia di Albenga, che ad oggi rievoca una forte unità contro il nazifascismo in memoria dei martiri della Foce del Centa.
In secondo luogo notai un simile atteggiamento nella Curia Vescovile, che aveva creato un importante museo diocesano e che aveva gradatamente assunto personale specializzato ma che, dopo aver compiuto altre simili operazioni in tutta Italia per sostenere e tutelare il proprio patrimonio culturale, pareva essersi chiusa nelle sue torri e nei suoi monumenti.
Ma quale è oggi la situazione?
Io credo che l’intervento del Ministero, che ha finalmente ripreso in mano la situazione, dando avvio ad una importante campagna di restauro del museo navale affinché finalmente la città tornasse a divenire il polo internazionale dell’archeologia subacquea potrebbe riaprire il discorso sul ruolo dell’istituzione comunale poiché bisogna ricordare che su Albenga trovano sbocco alcune valli importantissime per la preistoria ligure (Pennavaire e Neva), per il medioevo (Zuccarello,Castelvecchio di Rocca Barbena,Villanova di Albenga) , per la storia dell’arte (S.Pantaleo in Ranzo,…), per la cultura materiale ligure (Casella di Bastia di Albenga).
A questo punto cosa dovrebbe fare il Comune?
a) In primo luogo assumere un ruolo chiaro e dirigente sulla vicenda dell’isola Gallinara dove deve essere finalmente aperto l’accesso limitato e contingentato con un adeguato centro visite e una isola,che diviene finalmente pubblica;
b) in secondo luogo potenziare e valorizzare in modo adeguato la antica Via Aurelia verso Alassio e tutta la zona del Monte dove vi è il Mausoleo restaurato dal D’Andrade, ma anche uno dei pochi teatri romani edificati in zona collinare oltre al complesso monumentale di San Bernardino;
c) in terzo luogo bisogna decidere a trovare insieme allo Stato una dignitosa sede alle collezioni preistoriche, al museo navale e al materiale romano e medievale oggi assemblato sotto una loggia (un tempo ingresso al battistero), ma di importanza fondamentale poiché, ad esempio, vi sono le antiche misure ufficiali del Comune medievale e dare origine ad un museo archeologico, di cui la città non più fare a meno
La gestione scientifica deve essere attribuita all’Istituto Internazionale di Studi Liguri ma in esso si devono anche tenere laboratori didattici, mostre, conferenze,…insomma un museo dialogante con la città ed in stretto collegamento con la mostra permanente di Palazzo Oddo, di cui non si riesce a capire l’esigenza di continuare la necessità di creare inutili doppioni per la gestione da Fondazione ad azienda speciale.
d) In quarto luogo aprire un dialogo con la Curia diocesana perché o l’offerta cittadina è a 360 gradi o non è perché’ il Battistero di Albenga è di estrema importanza ma non può essere valorizzato se non è collocato nel contesto di una città medievale,costruita sul sistema romano del cardo e del decumano e soprattutto volta a costruire all’esterno per lungo tempo nuovi abitati (Borghetto Santo Spirito,Villanova d’Albenga) per difendere meglio l’abitato e inoltre ridurre la pressione demografica su di esso.
Sono solo alcune idee per ritrovare un ruolo e una funzione ad un Comune, che per decenni ha appaltato di fatto la politica culturale ad altri soggetti, pensando che tutto si potesse risolvere in una disfida dei rioni o in una salita alla torre civica, senza neppure riflettere sul contesto in cui si vive e cosa quella torre civica ha rappresentato per secoli per la città.
Danilo Bruno
(socio ICOM,vicepresidente della sezione Sabazia dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri)