Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona 2021: apertura di un ciclo
Dopo il cemento che ha imbruttito. Il Campus Universitario e il tessuto cittadino


Il “ciclo del cemento” si era aperto, a Savona, nella prima metà degli anni’90 con la dismissione definitiva del PRIS (giudicato strumento “troppo rigido”) e il mutamento di destinazione d’uso delle aree ILVA (la cui vocazione industriale fu difesa ancora con le amministrazioni Marengo, Magliotto e Tortarolo) e poi bandiera ammainata al tempo della privatizzazione dell’OMSAV e relativo “fallimento perfetto” (copyright Bruno Lugaro).

di Franco Astengo

Un ciclo quello del cemento durato circa vent’anni, escludendo dal computo l’attuale amministrazione che, ricordando Fortebraccio, non può essere fatta oggetto di alcuna definizione in nessun modo: scese la giunta da una macchina, non c’era nessuno. Un’amministrazione quella attuale che non ha dimostrato di possedere alcuna vocazione rilevandosi come null’altro che una sbiadita parentesi di (auguriamocelo) transizione.

Un ciclo quello del cemento che ha lasciato una città imbruttita e priva di identità.

Una Città facile preda di un uso ad interessi privati di importanti edifici che avrebbero dovuto servire alla collettività come l’antico Ospedale.

Una Città corpo separato dal porto storico fu cuore pulsante e oggi ridotto a stazione di transito.

Una Città isolata dal suo retroterra nel frattempo trasformatosi in deserto ex-industriale, con enormi problemi di accesso per via di insuperate difficoltà infrastrutturali di cui la vicenda del disastro “Aurelia – Bis” può essere assunta come emblema.

Una Città che assiste alla spoliazione del suo Ospedale sottoposto al bombardamento di una gestione regionale tutta tesa a privatizzare la domanda di salute dei cittadini.

Una Città che ospita grandi contenitori storici inutilizzati da decenni e ha bisogno di rivisitarne l’utilizzo di altri.

Una Città che presenta ancora buchi evidenti nella struttura urbanistica, in assenza di una visione capace di delineare una “ricucitura” complessiva adeguata a tempi che richiederanno sempre più elevati standard di qualità abitativa.

Una Città le cui periferie si presentano sempre più come corpi separati e, proposito di isolamento, con il Campus universitario ancora alla ricerca di una sua possibilità di integrazione con il tessuto cittadino.

Tanti altri sarebbero gli argomenti da portare all’attenzione di tutti mentre si avvicina la scadenza elettorale del 2021: sono pochi mesi davanti a noi e sarà necessario pensarci per tempo.

Sviluppo allora un tentativo di riassumere alcune idee possibili da mettere a disposizione di quanti avessero intenzione di provare a risollevare le sorti di Savona.

Sicuramente il quadro generale non ci conforta, ben oltre il possibile esito della contesa per le imminenti elezioni regionali emergono anche problemi di quadro politico che non possono essere ignorati.

Prima ancora però di affrontare direttamente la questione della necessità di costruzione di una alleanza sociale e politica ci sarebbe da rispondere a due interrogativi che si potrebbero definire di fondo:

1) Come potrà essere possibile invertire la tendenza ad un inarrestabile declino nella drammatica situazione che, sul piano economico e sociale, si determinerà nell’autunno con il post emergenza sanitaria?

2) Come potrà accedere, presentando progetti adeguati, al flusso di denaro che si concentrerà sui temi stringenti della ricostruzione, una Città priva di banca a vocazione territoriale, senza sede dell’Autorità di sistema portuale, con la Camera di Commercio in una dimensione di “scavalco” tra tre province una delle quali nemmeno collegata territorialmente, con la Provincia ridotta ai minimi termini nel ruolo e nelle funzioni?

Le risposte non potranno essere perentorie ma soltanto indicative: la complessità delle questioni richiede uno sforzo di elaborazione che presenti come presupposto la messa a regime di lavoro le nostre migliori intelligenze.

Intelligenze che vanno sensibilizzate, promosse, stimolate perché assieme si riesca a costruire una visione di futuro.

L’obiettivo non potrà che essere quello dell’apertura di un nuovo ciclo, inverso a quello che fu definito del “cemento”. Non serve neppure invocare (come fu fatto in passato) una “discontinuità”. Si rende necessaria l’apertura di un libro con le pagine ancora tutte da scrivere. Non è il caso in questo momento di proporsi la stesura di un progetto compiuto, articolato nelle sue scansioni programmatiche.

Basterà per ora fornire tre indicazioni di massima:

1) Appunto quella dell’apertura di un “ciclo”. E’ necessario che l’amministrazione pubblica esca dalla logica dello “scambio immediato” che ha caratterizzato negativamente questa fase politica sul piano generale. Occorre recuperare il concetto di “pensiero lungo” anche rischiando qualche limite di eccesso di anticipazione;

2) In secondo luogo la ripresa di una dimensione di comprensorialità nell’azione politica e amministrativa. In questo senso il riferimento deve collocarsi ben oltre a quello riguardante il vecchio PRIS. Un esempio concreto: il tema delle infrastrutture, stradali e ferroviarie, non potrà che riguardare il rapporto tra la Città e il Porto, compresa naturalmente la Piattaforma di Vado e non potrà non rapportarsi alla difficile possibilità di reindustrializzazione di determinate aree in Val Bormida;

3) Il terzo punto è riferito al tema del decentramento. Sono necessario strutture di decentramento sia a vocazione di aggregazione sociale sia rispetto a un recupero di dimensione amministrativa nella quale trovi spazio l’idea ,insieme, di articolazione e di unitarietà del territorio dentro a un progetto di recupero delle sue più importanti vocazioni economiche e culturali.

Detto questo, il tutto sicuramente prevede un futuro irto di difficoltà.

Franco Astengo


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F.Astengo

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