Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona l’insegnante: la prigionia non dura
I ragazzi son tornati, non arriviamo a Pasqua
Ho ascoltato il Papa e ho pianto a lungo


Il prof. Ferdinando Molteni, insegnante e giornalista, musicista, scrittore, da assessore alla Cultura del Comune di Savona ( giunta del sindaco Berruti) aveva sparato a zero contro la ‘lobby dei pantofolai’, contro i ‘ricchi e superpensionati’, colpevoli di bloccare lo sviluppo edilizio, la crescita economica e sociale di Savona. Quando Piero Ottone a Savona presentò il suo libro ‘Italia Mia’, a Palazzo Sisto IV, nessun rappresentante del Comune a dargli il benvenuto. Trascorrono gli anni, Ottone se n’è andato. Restano bravi scrittori che come Molteni ci raccontano Savona nei giorni di ‘coprifuoco’ da virus.

Ferdinando Molteni e Daniele La Corte, due giornalisti e scrittori. Il primo insegna all’Istituto Falcone di Loano, è stato assessore; il secondo, scrive soprattutto libri sulla Resistenza nel Ponente Ligure e da pensionato tiene un paio di rubriche giornaliere e settimanali a Imperia TV

FERDINANDO MOLTENI SCRIVE SULLA SUA PAGINA FACEBOOK IL 31 MARZO – I ragazzi sono tornati. Non arriveremo a Pasqua. Oggi le piazzette di Savona erano piene di ragazzi. La scusa è di fumarsene una. Poi, però, quelli che possono si baciano. E se ne fregano del virus. Perché il virus, come è noto, non viene propagato dall’amore.

Non arriveremo a Pasqua perché c’è gente che urla nei condomini, qualcuno si è già messo le mani addosso, anche se le cronache, tutte prese dall’epidemia, non lo raccontano. Sono tanti, tantissimi, in tutta Italia.  Oggi si è parlato solo di una futura dottoressa fatta fuori da un futuro dottore a Messina. Ma i casi sono sempre di più.
Non arriveremo a Pasqua perché al diciannovesimo giorno di prigionia (cioè oggi) i ragazzi sono tornati in città, almeno a Savona. Non ne possono più dello smartphone, di Netflix e di tutte le altre stronzate che ci siamo raccontati in questi giorni. Perché la Natura, appena può, si riprende lo spazio che le abbiamo tolto.
E questo – cioè la primavera delle tempeste ormonali – è il momento. Non arriveremo a Pasqua, ne sono sicuro.
E lo sa bene anche il presidente Conte. Si capisce che neanche un dandy come lui ce la può fare. E in quanto dandy è consapevole delle esigenze di quelli che vogliono assecondare le pulsioni vitali.
Non so voi, ma io non ho proprio voglia di leggere i libri che non sono riuscito a leggere fino ad oggi. E non ho neppure voglia di ascoltare i dischi che non ho mai ascoltato.
Non me ne frega niente. Oggi, per dire, mi sono sentito a manetta i Boomtown Rats che conosco a memoria da quando avevo 16 anni. Li avrò ascoltati duecento volte.
Niente di nuovo.  Non ho voglia di niente di nuovo. Ho pure sentito Hendrix che cantava: “Will I live tomorrow? / Well I just can’t say / Will I live tomorrow? / Well I just can’t say / But I know for sure / I don’t live today”.
La traduzione è facile: non m’importa niente di vivere domani, io non sto vivendo adesso! Adesso è importante. Dobbiamo farcene una ragione. Io voglio vivere adesso, semplicemente. Io non ho voglia di guardare film che non ho mai visto in tutta la mia vita. Non me ne frega niente. E se non li ho visti fino ad oggi ci sarà un motivo.
Basta libri, film, dischi e pure le maledette visite virtuali ai musei. Non ne ho bisogno.  Non me ne frega niente. Sono già troppo colto così come sono. Io voglio, semplicemente, andare al mare.

FERDINANDO MOLTENI 2 / Oggi non ne ho molta voglia, lo confesso. Ieri ho visto il Papa, ma soprattutto l’ho ascoltato. Non riuscivo a smettere di piangere, perché la dimensione esatta di quello che sta accadendo, ai nostri corpi e alle nostre anime, l’ha data lui.

A volte vorrei non essere credente. Sarebbe molto più facile. Non dovrei provare a trovare tutte le volte una ragione a cose che una ragione non hanno. Però poi arriva lui, zoppicante, sotto la pioggia, solo nel buio della piazza più bella della città più bella del mondo, e ci aiuta a trovare un senso. E ti dice quello che tu puoi fare, tu che non sei un medico, un infermiere, un farmacista, un poliziotto o un carabiniere: puoi pregare.
Perché noi credenti abbiamo, tra gli altri, anche questo altro assurdo e pre-moderno difetto: crediamo nel potere salvifico della preghiera.
Comunque il vecchio Francesco, ieri sera, mi ha fatto piangere a dirotto. Mi vergognavo quasi. Mentre oggi, dentro la tasca di un qualunque mattino, ho trovato solo noia e risentimento.
Avrei voluto trovare amore e dedizione, e invece mi è capitata una testa di cazzo, per giunta neppure italiano (Dio mi perdoni per il pensiero) che ha saltato una lunghissima coda fuori dal supermercato (non quello sotto casa, un altro dove dovevo comprare dei surrogati di soia che hanno solo lì) dicendo che stava facendo la coda… in macchina. Era giovane, con l’attaccatura bassa, le scarpe da ginnastica e la felpa col cappuccio. Ma non s’è fatto impressionare né dalla mia mole, né dal mio eloquio (gli ignoranti se ne fottono dei professori), ma neppure dalle proteste delle tante vecchiette in coda.
Finirà all’inferno il coglione e la prossima volta, in ogni caso, gli spacco la faccia. Ma avevo ancora dentro di me il sentimento della notte oscura di Roma, e ho ritirato la testa come un ramarro. Come avrebbe detto Vecchioni. Le teste di cazzo sono tra di noi. Anche se penso che Sua Santità, alla fine, ha pregato anche per loro. Oggi, una persona speciale (non tanto per me, che pure lo è, ma in assoluto) mi ha fatto ripensare a Gianmaria Testa. Ad una sua vecchia canzone (quella della tasca e del mattino) e a quanto fosse una bella persona, Gianmaria.
E nel giorno decimo sesto, e tristissimo, di nostra segregazione (sono però uscito due volte, la seconda per comprare il gorgonzola per gli gnocchi) ho pensato che cercherò di sfangarla, come fanno tanti miei amici appassionati di musica, ascoltando qualche buona vecchia canzone. Partendo da Gianmaria Testa. Spero di non stancarmi. Perché a me le canzoni piacciono e stancarsi, di questi tempi, sarebbe un gran casino.
COMMENTO DI MAURIZIO PELLISSONE a capo della redazione di Savona del Secolo XIX, dopo esperienza analoga a Sanremo – Imperia, e un periodo alla redazione centrale di Genova, calendario tra le mani in attesa della pensione: “Credere nel potere salvifico della preghiera non è un difetto, ma una medicina che tanti oggi vorrebbero. Una mascherina spirituale che non manca mai e che si trova sempre”.

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