In questi tempi di emergenza sanitaria si è aperto un confronto piuttosto vivace tra la Signora Sindaco di Savona e i rappresentanti della Costa crociere intorno alle modalità di attracco, di una nave della compagnia nel nostro porto.
di Franco Astengo
Porto che rappresenta per quella società di navigazione uno degli abituali punti di arrivo e partenza.
Nell’occasione fra l’altro 10 persone appartenenti ai passeggeri o all’equipaggio sono stati ricoverati all’Ospedale della nostra città a causa dell’epidemia.
Fatta salva la necessità di considerare le difficoltà del momento vale la pena di sviluppare un minimo di riflessione su questo fatto.
Nell’occasione si prescinde da un discorso di carattere generale che pure è già stato fatto portato avanti circa gli esiti complessivi dell’operazione che ha portato Costa Crociere a Savona.
Costa Crociere è arrivata nel segno di una sorta di compensazione nell’ambito del processo di deindustrializzazione che ha coinvolto Città e circondario in un quadro di deleterio scambio con la speculazione edilizia.
E’ stato così adottato un modello di sviluppo sbagliato .
Modello sbagliato che ha coinvolto anche l’attività portuale ormai stretta, nella sua possibile ricerca di traffici, da modelli rigidi imposti – appunto – dalla presenza delle Crociere da un lato e dalla piattaforma Maersk sul versante di Vado.
Un modello sbagliato imposto a partire almeno dagli anni’90 del secolo scorso (ma già presente nella “questione morale” che aveva scosso la nostra vita politica, economica, sociale fin dai primi anni’80) e portato avanti in un quadro di depauperamento tecnologico, di deficit infrastrutturale in particolare nel campo ferroviario, di impoverimento complessivo, di crisi secca del commercio, di riduzione delle prospettive economiche in un Savona che, nel giro di qualche tempo, ha perso la Banca, inglobata su Genova l’Autorità Portuale , accorpata la Camera di Commercio e irrisolta la questione ambientale al punto che alla fine di una annosa diatriba la Centrale Tirreno Power è stata chiusa.
Si è tentata la strada dell’area di crisi industriale complessa senza alcun risultato concreto.
Il risultato di questa operazione può essere, ancora una volta, riassunto nel concetto di smarrimento identitario.
Non era questo però il cuore del discorso che si intendeva portare avanti in questa occasione.
Si trattava, invece, di porre un quesito molto preciso.
La domanda è questa: nella vicenda delle crociere c’è mai stato un momento nel corso del quale si è cercato di valutare l’impatto reale che questi, sempre più grandi giganti del mare, hanno sulla realtà cittadina con la loro presenza e la presenza di migliaia di passeggeri che movimentano di volta in volta (senza contare le persone di equipaggio) ?
Savona ha scarse capacità turistiche, che del resto non pare vengano richieste più di tanto, servizi calibrati (con fatica) per una cittadina di medie dimensioni, un commercio sempre più di mediocre qualità: quali vantaggi riceve da questa presenza crocieristica?
Tanto più che possono sempre capitare, come in queste ore, questioni di emergenza che – a quel punto – fanno diventare navi così grandi e di conseguenza molto “popolose” un ingombro e anche un pericolo.
Buona parte della responsabilità tocca alle compagnie sempre alla ricerca di un gigantismo che ampli i profitti, ma di fronte a questo fenomeno quale contromisura può possibile da parte della Città e delle sue istituzioni?
Una scelta sbagliata è stata quella compiuta a suo tempo da una classe dirigente savonese culturalmente e progettualmente subalterna a interessi estranei a quelli della Città e dei sui cittadini.
Una scelta sbagliata perché antieconomica sul piano pubblico e vantaggiosa soltanto su quello privato.
Restringendo il discorso al semplicistico dare / avere non si può che far rilevare come sia stata bloccata qualsiasi altra possibilità di sviluppo della Città a partire dal porto compiendo una scelta perdente e anche pericolosa su diversi versanti, inclusi quello ambientale e sanitario.
Franco Astengo