Il fascino di Leonardo da Vinci supera i confini delle celebrazioni (appena concluse) per i 500 anni falla sua morte (1452 -1519), E’ stato, tra l’altro, l’iniziatore della ricerca scientifica. Ha affermato: “La natura è costituita dalle ragioni delle sue leggi che in lei infinitamente vivono”. La razionalità induce Leonardo ad usare il metodo empirico per far progredire l’umanità, mai dimentico del sublime fascino della bellezza, incarnato nella produzione artistica. Per tutta la vita il chirurgo della mano, Renzo Mantero ha improntato la sua vita a questi valori e merita un grato ricordo.
di Gianfranco Barcella
Renzo Mantero, savonese di adozione, studioso e ricercatore di vaglia internazionale, è stato un insigne maestro nella disciplina della Chirurgia della Mano. Savona non deve permettere che il suo ricordo perisca nell’oblio, ma deve favorire lo sviluppo futuro di una nuova cultura della mano. <U prufessù> è riuscito ad unire, studiando la mano come prima appendice del cervello, la sua vocazione per la ricerca scientifica all’amore per l’arte e per la poesia. E’ stato sempre sostenuto dallo spirito dell’uomo rinascimentale, desideroso di sapere, nel tracciare una strada maestra per molti giovani medici e la sua meta principe è stata la vita del paziente, da migliorare sempre, in una visione olistica della sua persona.
Renzo Mantero ha visto con occhi nuovi le mani sia sotto il profilo medico- scientifico che artistico. L’interesse per le arti in generale è stato suscitato nel chirurgo, dalla personalità del nonno che fu un eccellente restauratore di tante opere di pittura e di scultura che raccontavano <la vita a pezzi>. E inorridiva, in particolare, dinanzi alla visione delle mani, spesso amputate e mutilate.
Queste visioni giovanili hanno avuto un peso determinante sulla formazione del suo carattere, e poi continui studi, ricerche sulle mani nell’arte hanno forgiato la sua vita. Osservandole in un dipinto cercava di svelare anche il loro <significato allegorico>. E’ rimasto da subito ammaliato dai Tiepolo padre e figlio che hanno lasciato ai posteri un quaderno con i loro studi sulle mani, prima di riprodurle nei loro quadri.
“L’artista – era solito ripetere u prufessu’ – anche se non conosce la fisiologia e l’anatomia degli arti superiori ne intuisce tutte le loro potenzialità espressive, proprio grazie al suo genio”. I suoi studi si sono incentrati anche sul “Cenacolo di Leonardo” e sono di particolare attualità, tenuto conto delle celebrazioni mondiali nel cinquecentesimo anniversario dalla morte del Maestro di Vinci. Il genio di Leonardo ha avuto su di lui un’attrattiva particolare, l’uomo che ha lasciato scritto tutto, e tutto è scritto sull’epitaffio tombale dell’artista: “Leonardo Vincius, quid plura. Divino ingenium, divina manus“. Tutti sanno che il Cenacolo di Leonardo fu dipinto nel convento milanese di Santa Maria delle Grazie dal 1493 al 1498, su commissione di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este.
Il prof. Mantero è partito dall’analisi della fisiognomica e della gestualità normale della mano, quella di tutti nella quotidianità, risalendo a quei codici che hanno dovuto aspettare Freud per essere svelati in modo scientifico. Tre sono i tipi di gesti volontari interpretati che indicano un particolare stato d’animo, o uno stato limbico di riposo come nella Gioconda. Il movimento volontario lo facciamo quando ordiniamo alla nostra mano di fare qualcosa ed è il solo che ricordiamo sempre. Il più consueto è l’involontario che si fa mentre si parla e traduce uno stato d’animo che può essere contrario alla volontà perché è al disotto della coscienza e non può essere ricordato. Il terzo movimento è quello che definiamo limbico da <limbus>, lo spazio cerebrale che regola il sogno ed il sonno, dove tutto è riposo. La mano a riposo non è mai ferma; si blocca solo quando siamo morti.
Leonardo non ha mai teorizzato tutto questo ma lo ha espresso proprio nel Cenacolo. Per ritornare al Cenacolo, le tredici persone sedute a tavola, incarnano voluti concetti che mescolano numerologia, alchimia ed esoterismo il maestro della Chirurgia della Mano ha osservato da subito la figura centrale del Cristo: ai suoi lati gli apostoli sono disposti a gruppi di tre e questo ha una precisa ragione numerologica e scientifica perché tre è il numero della perfezione. Ha valutato inoltre la mano di Cristo che sta passando il pane a Giuda che lo sta per ricevere. Mentre una mano di Gesù è abbandonata, l’altra è contratta in un gesto volontario di disappunto del Cristo-uomo. A destra al primo posto, c’è Simone e si capisce che la scena comincia da lui perché è come se dicesse: “Guardate, qui comincia l’opera”.
Giuda Taddeo ha una mano completamente abbandonata, linbica. Le mani dell’apostolo Matteo sono in movimento ed è certo che Matteo non sappia cosa stia facendo; così nella prima triade sono mostrate tutte le possibili posizioni delle mani. Nella seconda triade possiamo osservare la mano involontaria, quella che esprime lo stato d’animo di Giacomo Maggiore, la mano limbica di Filippo ed il dito alzato di Tommaso. E’ un gesto volontario: Leonardo, come tutti, conosce la storia di Tommaso. A destra del Cristo, Giovanni sta abbandonato in posizione limbica mentre le mani di Giuda sono contratte: quella che tiene il sacchetto con i trenta denari e l’altra identica a quella di Cristo che sta ricevendo il pane. In questa triade il gesto volontario è quello di Pietro che ha in mano un coltello con cui vuole uccidere il traditore. E’ lo stesso coltello che userà nel Getsemani al momento della cattura di Cristo quando incontrerà Malco e gli staccherà un orecchio.
E qui avverrà il primo grande evento storico per la chirurgia dei reimpianti, perché Cristo prenderà l’orecchio da terra e lo riattaccherà a Malco. Per quanto riguarda l’ultima triade degli Apostoli, vediamo il gesto volontario di Andrea che sembra dire: “Che cosa è successo? Non sono certamente io, il traditore!” E il gesto volontario di Giacono Minore che sta toccando Pietro per chiedergli cosa voglia fare con il coltello; infine l’immancabile posizione limbica delle mani abbandonate di Bartolomeo. “Ancora andrebbe sottolineato– sosteneva Mantero – il rapporto fra il Cenacolo e la musica. Purtroppo gli scritti di Leonardo sulla musica sono andati quasi tutti perduti. Leonardo aveva un suo ordine di scrittura che non corrisponde al nostro e amava i rebus. Sono supposizioni ma cercheremo di dare loro un briciolo di supporto scientifico. In uno dei suoi rebus che dobbiamo leggere alla rovescia come tutto quello che scriveva Leonardo, cioè da destra a sinistra, c’è un amo e la soluzione del rebus è <amo-re> quindi l’altro elemento è <re>. Quella che la precede deve quindi essere una chiave di do. Leonardo usa quasi sempre la chiave di do, la chiave pura. Abbiamo preso il ritratto di un Cenacolo e con un artificio fotografico, abbiamo isolato le mani. Per poter simulare la lettura di Leonardo bisogna invertire il Cenacolo. Abbiamo sovrapposto un pentagramma il più possibile somigliante a quello che usava Leonardo e le mani ci potevano stare; eccole dentro al pentagramma”.
“Ho trasferito le note su un rigo musicale – ha rivelato ancora Mantero– e l’ho consegnate al maestro Zanaboni, uno dei più grandi organisti italiani. Quando ho ricevuto la risposta sono rimasto senza fiato: si tratta di un incipit ambrosiano; potrebbe essere una parte di messa, una musica gestuale che si può accompagnare a qualsiasi liturgia. Quando gli ho raccontato tutto, mi ha detto:<Ma non ti sei accorto che queste mani di Cristo sono i re?> L’ultima lettera che mi ha scritto prima di morire, diceva che io avevo visto solo le mani ma che tutti gli elementi non sono solo in rapporto musicale ma anche in rapporto polifonico. Mi aveva promesso che avrebbe continuato gli studi per poterli tradurre in musica, ma non ha fatto in tempo. Leonardo non finirà mai di stupirci!”.
E’ dunque giusto e doveroso ricordare la figura di Renzo Mantero, medico chirurgo e scienziato con <l’abito dell’arte>, sempre cucito addosso, profeta moderno della mano. Seneca affermava che Dio, come ogni buon maestro, chiede ai Suoi allievi un impegno proporzionato alle loro possibilità. Al chirurgo ligure ha domandato molto perché sapeva che avrebbe potuto offrire altrettanto. La sua pratica medica e chirurgica ha recato sollievo a migliaia di persone e di riflesso ha dato lustro alla città di Savona che può annoverare ormai <u prufessù> tra i suoi figli adottivi migliori perché nato per far progredire il bene comune, come ha ricordato il suo primo discepolo ed erede professionale, il il prof. M. Igor Rossello.
La cosa più difficile nella vita è diventare quello che si è. Il prof. Mantero è riuscito <ad unire con la mano> la sua vocazione per la ricerca scientifica all’amore per l’arte e per la poesia, come già accennato in precedenza, ed in questo suo voler sempre progredire è stato aiutato dall’ing Rocco Peluffo che ha sostenuto lo spirito dell’uomo desideroso di sapere e di tracciare una strada maestra per molti giovani medici. Nel 1980 fondò proprio con Rocco Peluffo, “La Fondazione Savonese per gli Studi sulla Mano”, promuovendo nel 1981 quello che è oggi punto di riferimento fondamentale per chi si interessa a questa specialità. Ideò inoltre e diresse la rivista “Manovre“, unico esempio editoriale di un periodico, dedicato agli aspetti culturali, inerenti la mano. Pubblicò oltre 259 lavori sulle più importanti riviste internazionali del settore ed una serie di monografie dedicate alla mano tra le quali si ricordano: “La pollicizzazione” e la malattia di “Dupuytren”. E proprio l’incipit di una poesia di Mario Luzi, dedicata alla rivista <Resine> ha cantato l’importanza della mano, in pochi versi: “Si levano così: da oscure/ profondità del tempo/si cercano. Vorrebbero/prendersi, tangersi, toccarsi/ da ora ad ora/ esse, le mani/sono mani di donna/ tese per il salvataggio/da un naufragio nell’essere perduto/ o prodighe/nel comunicare/vita a vita/ attraverso l’oceano/di tempo che le spazia/.
Gianfranco Barcella