Osservando Noli dal punto panoramico di Castel Ursino, la si potrebbe paragonare, dal punto di vista planimetrico, a Ferrara con il suo piano di ampliamento, tracciato da Biagio Rossetti, voluto da Ercole I d’Este od ancora, per le sue mura turrite [4 porte e 24 torri] a Montagnana [PD], e per le torri, all’interno del costrutto urbano, a San Giminiano. Altro ambiente, altri luoghi, altra storia, ma con la stessa vita fiorente ed operosa, e come tale da difendere, nel mondo contemporaneo, si identifica “come città delle torri” Manhattan.
Vincoli insormontabili per lo sviluppo orizzontale degli insediamenti residenziali, e quindi apertura verso l’unico spazio libero: il cielo, verso l’alto. Difesa e residenza, quindi, l’obiettivo per il quale furono costruite; ma Noli come San Giminiano o come altri centri, ubicati tra il tardo Medioevo, l’Umanesimo, ed il Rinascimento, la torre è sinonimo di “potenza”, dei casati più in auge della città ed a Noli in particolare delle caste. Stranezze della quantità numerica, il numero 72 ricorre in diverse strutture medievali. A Noli la tradizione dice che ve ne fossero ben 72, anche San Gimignano aveva 72 torri. A Caulonia, sulla costa calabra, 72 torri difendevano dagli assalti dei saraceni; 72 torri nella cinta muraria di Priverno, nel Lazio. Più lontano, a Dyiarbakir, in Turchia, la città era difesa da una cinta muraria di origine romana con 72 torri; a Pinyao, nella regione cinese dello Shanxi, dove le mura erano intervallate da 72 torri di guardia.
Le Torri costruite nel Duecento venivano commissionate dalle famiglie più ricche e potenti della città. Infatti, queste torri rappresentando il simbolo del potere e della grandezza di chi le possedeva e abitava. La torre era, nell’epoca medievale, il massimo simbolo di potenza. Soprattutto perché il processo costruttivo non era né semplice né economico. Occorreva cavare i materiali per la costruzione, trasportarli fino in città, porre in opera la struttura, cose che potevano permettersi soltanto le famiglie più abbienti, dedite all’attività mercantile.
Le torri che svettano sul panorama di San Gimigniano e ne caratterizzano il profilo le hanno valso la definizione di “Manhattan del Medioevo”. Delle 72 torri originarie, esistenti nel periodo d’oro del Comune, nel 1580 ne restavano 25. Oggi ne rimangono solo 14. La più antica è Torre Rognosa, alta 51 metri, e la più alta è Torre del Podestà. Tra il 1200 ed il 1350, si scatenò nei potenti di San Gimignano una vera e propria corsa alla realizzazione di torri sempre più alte creando anche problemi alla stessa stabilità degli edifici. Un regolamento del 1255 vietò ai privati di erigere torri più alte della Torre Rognosa. Però le due famiglie più importanti, gli Ardinghelli e i Salvucci, fecero costruire due torri di quasi eguale grandezza, per dimostrare la propria potenza. Tuttavia nel 1311 venne realizzata la Torre del Podestà, alta 54 metri, e perciò detta “Torre Grossa”.
Le torri medievali di San Gimignano, come a Noli, erano adibite anche a case. Nelle case-torri generalmente al pian terreno si trovava la bottega, il livello superiore era destinato invece ad abitazione, sopra le camere dei servi e infine nella parte più alta il deposito con le cucine.
A Noli, che si staccano sopra le abitazioni di torri ne rimangono solamente 4. Le altre sono state integrate in edifici di epoca successiva, dopo essere state mozzate. Il materiale ricavato dalla mozzatura è servito per l’esecuzione di nuove costruzioni; l’ubicazione delle torri così trattate sono rimaste riconoscibili, normalmente la base è costituita da blocchi di pietra scalpellati per dare forma “a cuscino”, e costituire un assieme policromo di particolare effetto.
Un cartello informativo rileva: “Le modificazioni urbanistiche, le distruzioni, i riadattamenti ed i restauri degli ultimi secoli ne hanno trasformato sostanzialmente l’aspetto e le strutture: private della parte superiore, incorporate nei fabbricati attigui, addossate a strutture posteriori, le torri hanno subito le conseguenze delle alterne vicende politiche ed economiche della città. Esaurita la funzione di controllo e protezione delle mura, le torri vengono intonacate e mozzate all’altezza delle case adiacenti, fornendo così partite di mattoni da reimpiegare in altre costruzioni”.
Vitruvio Pollione (De Architectura, I, 10), tratta della costruzione e della struttura delle torri. Nel primo libro Vitruvio, seguendo le norme della retorica tradizionale, delinea il modello del perfetto architetto che deve essere in possesso di una cultura non soltanto specialistica, ma anche enciclopedica. Poi Vitruvio affronta problemi di terminologia architettonica e discute di opere pubbliche, sia quelle finalizzate alla difesa (mura, torri, ecc.) sia quelle finalizzate a scopi religiosi. Le torri esistevano già nel mondo mesopotamico, greco e romano, come punti di osservazione strategici in corrispondenza dei tracciati di mura e fortificazioni. Nel mondo antico si riscontrano: in Mesopotamia le ziqqurat con funzioni religiose; nell’antico Egitto i templi avevano dei piloni, nella preistoria, in Sardegna, sono da menzionare le torri delle Nuraghe dell’età del bronzo. Nel mondo islamico le torri delle moschee assumevano diverse forme ed erano chiamate minareti; a Samarra in Iraq ha una forma a spirale.
In India nacquero poi le pagode, di forma quadrangolare o ottagonale, multipiano, con ogni piano dotato di un tetto a spiovente con gli angoli rivolti verso l’alto. Poi, a mano a mano che il Buddhismo si diffuse in tutta l’Asia, la pagoda si liberò del suo originario significato di tomba e gli stili divennero sempre più originali; esse derivano dalle torri buddhiste chiamate stupa, utilizzate come santuari e tombe
Il periodo di maggior diffusione delle torri in Europa, però, è stato sicuramente il Medioevo, quando vennero sfruttate, grazie alle loro caratteristiche difensive, anche per esigenze abitative: le torri permettevano infatti a ciascuna famiglia di proteggersi dai nemici presenti nella città stessa (si pensi alle lotte tra guelfi e ghibellini), ricorrendo ad alcuni precisi accorgimenti. Prima di tutto, attraverso vani di accesso (in genere fori nel pavimento muniti di botole) rialzati, rispetto alla quota del piano campagna, a livelli abbastanza elevati da potervi accedere esclusivamente tramite scale a pioli, rimovibili all’occorrenza. Per lo stesso motivo difensivo esse erano munite di mura massicce e di finestre di dimensioni molto ridotte, specialmente ai piani inferiori, dove spesso erano nient’altro che piccole feritoie. A partire dal X secolo L’Europa vide il moltiplicarsi delle case – torri che erano in pietra, avevano una forma rettangolare e potevano giungere a notevoli altezze, allo scopo di garantire un punto di osservazione e di difesa. Le case – torri si diffusero in tutta l’Europa occidentale nel Medioevo: in Inghilterra, Francia, Irlanda, Scozia e Italia.
La tipologia più antica di torre medievale è quella a base circolare, probabilmente ispirata dalle torri inglobate nelle mura delle città romane [vedi Porta Palatina], trovò diffusione nel ravennate (soprattutto nei campanili). Essa è stata ripresa nelle torri con scale in muratura, ovvero nella doppia torre scalare che serviva a raggiungere i matronei di alcune cattedrali nord–europee. Nel periodo romanico si diffuse la tipologia a base quadrata o rettangolare, ma non mancano esempi di torri a base poligonale, come le otto torri a base ottagonale nei vertici del Castel del Monte. Le torri a base circolare erano staticamente più affidabili, ma anche meno facili da costruire per la necessità di tagliare i conci (le pietre), livello dopo livello, con le facce interne inclinate, come quelle degli archi.
Spesso le torri medievali presentavano un semplice accorgimento per rendere più confortevole la permanenza di uomini, per lunghi periodi, in cima a una torre. Tale soluzione consisteva nell’inserimento, al piano più alto, di ballatoi esterni in legno, che ampliavano la superficie utilizzabile. Tali strutture, inizialmente alquanto precarie, ben presto furono imitate e trasformate in elementi architettonici strutturali aggettanti “a mensola” e di particolare pregio ornamentale (quali smerlature finte o vere caditoie, ecc.) per torri in muratura anche al fine di conferire loro maggiore prestigio. L’altezza della torre era metro della potenza e ricchezza della famiglia che vi abitava, quindi non mancavano le sfide a salire verso l’alto, che talvolta mettevano a rischio la statica degli edifici, con conseguenti crolli, non rari, a causa dell’eccessiva snellezza
Fu questo uno dei motivi che portarono in tutta Italia alla graduale “scapitozzatura” (cioè demolizione dei piani più alti) delle torri a partire dalla fine del XII, anche per la crescente importanza delle istituzioni comunali, che fecero sentire la loro potenza vietando ai cittadini privati di costruire al di sopra del livello della torre del palazzo del governo comunale. Anche nei secoli successivi le torri vennero gradualmente abbandonate in favore dei più confortevoli palazzi, o inglobate in questi nuovi edifici. Fulmini, terremoti e altre calamità naturali decimarono ulteriormente le torri superstiti e ancora nell’Ottocento, nonostante il revival neoclassico (che si estese anche al neo-medioevale), si continuò sporadicamente ad abbattere torri nei centri storici delle città italiane per allargare strade, creare piazze dove non ce n’erano o, insomma, mettere in atto tutti quegli interventi urbanistici regolatori tipici del .periodo positivista
La più alta, con 38 metri, è la Torre del Canto. E’ posta ad ovest dell’abitato, presso le mura interne; non ha subito “scapitozzatura” imposta dai Comuni a partire dalla fine del XII secolo, ne ha subito il “veto” da parte della crescente importanza dell’istituzione comunale, che fece sentire la sua potenza vietando ai cittadini privati di costruire al di sopra del livello della torre del palazzo comunale. Deve il suo nome al fatto che si trova proprio sul cantone di un quadrivio, ma l’interesse che suscita è legato ad un’altra particolarità; in contrasto con il fatto che tutte le torri sono a base quadrata, questa ha una base trapezioidale, con fusto compatto e con rade aperture in stile romanico nella parte bassa, la cui figura di sezione si estende per tutta la lunghezza. Questa sua singolare configurazione fa si che esista un punto dove è possibile vederne tre facce, cosa impossibile per una torre quadrata. Questo punto si trova a Porta San Giovanni, presso il pilastro di destra.
Con 33 metri, è la Torre del Comune. Situata nell’angolo a mare della Piazza del Comune [Piazza Milite Ignoto], proprio all’inizio della Loggia della Repubblica. Si distingue dalle altre perché termina con terrazzo merlato, è a forma quadrata. Oggi restano otto case-torri delle 72 originarie. Edificata sul finire del XIII secolo è attigua al palazzo comunale. Pressoché intatta e terminata da merli a coda di rondine, presenta un basamento in pietra verde del luogo e con una parte soprastante in mattoni. Oggi mostra un bell’orologio sulle quattro facce, le cui ore vengono battute dalla campana che risiede nella cella terminale della torre; la campana ha anche il compito di chiamare le sedute del Consiglio Comunale.
A fianco del Palazzo Comunale dalla Loggia della Repubblica, situata a fianco del palazzo del Comune, sotto la quale vi sono delle targhe commemorative …… [vedi art. la V° Repubblica]….bandiere delle Repubbliche Marinare e di Noli che nel decimo secolo era la Quinta Repubblica Marinara.
Sottostante il Palazzo Comunale si trova la Loggia della Repubblica (secc.XIV.XV) con due grandi archi in laterizi che poggiano su una colonna ottagonale con capitello a bugnato tipico della fine del ‘300 – inizi ‘400. Interessanti sono le lapidi infisse nel muro della Loggia stessa, proprio davanti alla porta della prigione bassa o Paraxetto e all’anello di ferro usato per la tortura detta dei tratti di corda. Esse ricordano alcuni uomini illustri che a Noli nacquero o soggiornarono. Da Noli, infatti, passò Dante: “Vassi in San Leo e discendesi in Noli” (Purgatorio IV, 25).
Dalla rada di Noli partì Cristoforo Colombo il 31 maggio 1476 per iniziare, dal Portogallo, il lungo cammino che lo avrebbe portato alla scoperta del Nuovo Mondo. A Noli visse per alcuni mesi, nel 1576, Giordano Bruno insegnando “a’ putti la gramatica et legendo la sfera a certi gentilhuomini”, prima di morire bruciato come eretico, nel 1600, in Piazza delle Erbe a Roma. Qui nacque Anton da Noli che scoprì, nel 1460, le isole di Capo Verde. La Loggia conserva un’altra lapide molto interessante; non parla di personaggi ma è l’unico ricordo marmoreo delle ferree leggi che vigevano nella Repubblica. Poiché nel 1666 gli Antichi Decreti di buon governo, specialmente quelli stabiliti nel 1620 che imponevano, per i forestieri, la sicurezza in cambio del pagamento di 300 scudi, venivano disattesi, il Mag.co Consiglio grande de’ quaranta in legitimo e sufficiente numero congregato deliberava: “Che si facci registrare la sostanza di detto decreto in una pietra marmorea da ponersi ad una delle colonne del pubblico Palazzo, affinché in l’avvenire si tenghi in viridi osservanza, e ogn’uno sappia quello che converrà fare e si guardi bene a non contravenire.”
Questo editto si trova ora infisso sotto la Loggia a perenne ricordo! (Gandoglia, op. cit., pp. 279-280). Una torre mozzata, di 24 metri, è la Torre Peluffo. Si trova molto vicino alla Torre del Canto, sulla stessa strada che conduce alla Cattedrale.
E’ stato riscontrato che il recupero di mattoni per nuove costruzioni non è stato limitato alla parte terminale della torre, come in tutti gli altri casi, ma curiosamente si è esteso sulle sue superfici esterne.
Con una altezza di 19 metri, è la Torre Papone. Torre e Porta Papona del XIII-XIV secolo. Edificata fuori le mura antiche del borgo e collegata, con un arco in mattoni, al camminamento che scende dal Castello di Monte Ursino, l’edificio fu nei secoli deposito di armi e munizioni della Repubblica. Presenta bifore e monofore in stile gotico. La Porta Papona, munita di porta ferrata, si trovava di fronte alla Torre omonima. Nei tempi della Repubblica aveva grande importanza strategica, in quanto sbarrava l’accesso al Monte Ursino che fu sempre l’estremo rifugio degli abitanti di Noli in caso di assalti nemici. La Torre (secc. XIII – XIV), con monofore e bifore gotiche, è posta appena fuori della prima cinta muraria (secc. XI – XII) ed è collegata, con un arco in mattoni, al camminamento delle mura che scendono dal Castello. La Torre servì come deposito per le armi e le munizioni della Repubblica. Dai libri dei conti, conservati nell’A.S.N., si può ricavare che, nel 1581 “il maistro Francesco Colombo era intento a chiudere li barchoni della Torre di Papone, ove si mettevano in deposito le polveri, armi e munizioni portate col leudo di patron Benedetto Badetto”. La polvere da sparo si comprava in barili sia a Genova che a Toirano “al prezzo medio di lire 10 e mezza il rubbo”. Una torre per porta: Torre San Giovanni . In alcuni casi la torre era esattamente posta sopra la porta d’accesso al Borgo, sulle mura. Tale è Torre e Porta San Giovanni, posta all’estremo settentrionale dell’abitato, sulle mura più esterne, anch’essa presenta il terrazzo merlato come quella del Comune. Una torre integrata: Torre di via Transylvania. .
Un classico esempio di come le nuove costruzioni abbiano talvolta “fagocitato” le torri si trova all’inizio di via Transylvania, in Piazza Dante, sulla sinistra nelle mura perimetrali del Palazzo Viale-Salvarezza. Una curiosa nota descrittiva riferisce che Transylvania sia scritto a quel modo, con la “y”. Nella realtà non è riferito, almeno non direttamente, alla regione della Romania ben nota per l’opera letteraria ottocentesca dello scrittore irlandese Bram Stoker. Si tratta invece del ricordo di un evento bellico, avvenuto al largo di Noli nel 1917, dove fu affondata la nave britannica di trasporto truppe “Transylvania” da parte di un sommergibile tedesco.
Alesben B.