Dare dell’assassino a chi (Beppe Grillo) ha avuto la malaugurata sorte di essere condannato per ‘omicidio colposo plurimo’ mentre percorreva, con una nuova Chevrolet, l’allora insidiosa ex strada militare da Monesi a Limone Piemonte: il 7 dicembre 1981 provocò la morte di Renzo Giberti, 45 anni, ex calciatore del Genoa, della moglie Rossana Quartapelle, 34, e del figlio Francesco, di soli 9 anni (vedi a fondo pagina le tre sentenze). Il ping pong Travaglio – Sallusti, c’è da sperare ‘faccia scuola’ almeno ai giovani e futuri giornalisti. Un mestiere che può dare tante soddisfazioni e altrettante amarezza. Può diventare una ‘clava’ a caccia degli avversari. Sallusti seduto sul suo trono, per meriti acquisiti, da patron Silvio Berlusconi: è lo stesso direttore a far trasparenza, a proposito del suo stipendio da 18 mila € e rotti al mese. Travaglio, 200 mila € l’anno, ma soprattutto quale autore di libri e che, come toccò ad altri direttori e cronisti, fa collezione di querele ed azioni civili, al 99 per cento assolto. C’è tuttavia da sperare che parolacce, insulti, invettive, non siano pane quotidiani dei futuri giornalisti.
L’ARTICOLO A FIRMA DI SALLUSTI
“Avete presente quelli che fanno una battuta e la ripetono all’infinito sperando faccia sempre più ridere e non si accorgono che dopo un po’ la gente ride sì, ma di loro? Ecco, il Fatto Quotidiano e Marco Travaglio sono su questa china dell’informazione-barzelletta che fa ridere solo loro.
Hanno scoperto che in una sentenza un giudice esprime, al riparo dell’immunità professionale, un proprio parere su Silvio Berlusconi, definendo il Cavaliere un «delinquente». Bene, da allora ogni due per tre piazzano la parola «Delinquente», con la «D» maiuscola perché la classe non è acqua, al posto di «Berlusconi» nel titolo di prima pagina. Lo hanno fatto anche ieri, con «Il Pd preferisce il Delinquente», immaginiamo rispetto a quell’«assassino» di Beppe Grillo nella trattativa per formare il nuovo governo. Con la differenza che mentre «delinquente» è l’opinione non richiesta di un magistrato, «assassino» è un fatto accaduto, confermato con sentenza definitiva dalla Corte di cassazione. Ma andiamo oltre.
Se una persona può essere denigrata in base al contenuto di una sentenza, allora posso sostenere che Marco Travaglio non è un giornalista ma un «diffamatore», avendo lui perso tante cause per diffamazione, soprattutto una in cui aveva dato del mafioso a Cesare Previti e di conseguenza a Berlusconi. Il Diffamatore (D maiuscola per par condicio) secondo una sentenza della Corte europea (a cui fece ricorso sperando di sfangarla), aveva manomesso degli atti giudiziari pubblicando solo la parte che a lui faceva comodo, un po’ come il suo amico carabiniere di Napoli che voleva incastrare il papà di Renzi con intercettazioni taroccate.
Il Diffamatore T. dice anche che bene fa Di Maio a voler mettere le mani su Mediaset, perché è assurdo che un leader politico possegga mezzi di informazione. Nella sua foga accusatrice, il Diffamatore T. scorda che il suo amico Assassino G. (Beppe Grillo, per chi si fosse perso, ndr) e il di lui socio Casaleggio jr sono contemporaneamente proprietari di un partito (i Cinquestelle) e di due siti di informazione (mascherati da blog) tra i più seguiti in Italia. Ovviamente non penso che il Diffamatore T. ritenga questo un pericoloso conflitto di interessi su cui «mettere mano».
Perché il Diffamatore T. e l’Assassino G. pensano di essere i più furbi di tutti, tipo il Gatto e la Volpe di Pinocchio. E che l’Italia debba essere il Paese dei (loro) balocchi. Illusi.
Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale
STORIA E LE TRE SENTENZE PER IL TRAGICO INCIDENTE STRADALE
Ho cercato di assecondare la marcia del veicolo all’indietro, come quando si fa retromarcia –raccontava Beppe Grillo – puntando verso una sporgenza di roccia del monte, dove speravo di fermarmi. Per disgrazia ho colpito quella sporgenza con la ruota di scorta esterna e la macchina ha ruotato verso il burrone. Istintivamente ho spalancato la portiera e mi sono lanciato fuori mentre la Chevrolet precipitava“. Questa la tesi del comico genovese, conducente del veicolo assassino, che convinse la corte del Tribunale di Cuneo chiamata a pronunciarsi in primo grado di giudizio (l’imputato fu assolto con formula dubitativa) ma non quelle di Appello e Cassazione, che invece si pronunciarono rispettivamente nel 1985 e nel 1988: “La Corte (…) ha individuato la colpa del Grillo nell’avere proseguito nella marcia, malgrado l’avvistamento della zona ghiacciata, mentre avrebbe avuto tutto il spazio per arrestare la marcia, scendere, controllare o quanto meno, proseguire da solo”, riporta la sentenza del 7 aprile 1988 della Corte Suprema di Cassazione, che con queste parole aveva motivato così il rigetto del ricorso formulato dall’imputato e confermato la condanna emessa dalla Corte di Appello di Torino il 12 marzo 1985 a “un anno e due mesi di reclusione con sospensione della patente di guida per eguale periodo di tempo”, sentenza poi condonata. Un condono che chiaramente Grillo accolse !
L’ANTEFATTO – Per raggiungere quota duemila, occorre percorrere la via Del Sale, una strada militare sterrata della larghezza media di tre metri. Sulla destra l’auto ha la parete rocciosa, sulla sinistra un burrone ripidissimo. Manca qualche centinaio di metri all’arrivo e il cane di Carlo e Monica comincia ad abbaiare, forse ha bisogno di fare una passeggiata all’aperto: i due chiedono di scendere perché vogliono proseguire a piedi.
L’incidente si consumerà davanti ai loro occhi. Poco più avanti, infatti, in corrispondenza di una curva a destra e in prossimità di una grande roccia chiamata Cabanaira, la strada diventa un lastrone di ghiaccio. Grillo tenta di superare l’ostacolo ma la sua auto, invece di obbedire ai comandi, scivola slitta all’indietro, probabilmente ingovernabile. Dopo aver urtato la parete rocciosa con la parte posteriore dell’auto, il veicolo diventò ormai fuori controllo e precipitò con il muso verso il burrone. Grillo spalancò la portiera e si buttò prima del precipizio. Il tettuccio a pressione si stacca durante uno dei primi impatti. In auto, con i coniugi Giberti e il loro piccolo Francesco, c’erano altri tre amici, Andrea Mambretti e Carlo Stanisci con la fidanzata Monica”. Mambretti si aggrappa alla carrozzeria con tutte le sue forze, e questo gli permette di non essere sbalzato fuori se non negli ultimi metri della caduta. I Giberti invece, probabilmente presi dal disperato tentativo di proteggere il figlio, vennero catapultati all’esterno quasi subito: l’auto, in caduta giù per il burrone, travolgerà prima Francesco e poi Rossana. Grillo si rialza quasi illeso e corre verso lo strapiombo. Grillo cercò di prestare soccorso, ma trova Renzo moribondo e Rossana già morta. Di Francesco non c’è traccia. Il suo corpo sarà trovato dal soccorso alpino dopo due giorni e due notti di ricerche. Alberto è ferito, ma non è in pericolo di vita. Nonostante l’inverno, non c’era neve, ma lastroni di ghiaccio. Una tragica gita che ha sterminato una famiglia, ma quella strada, da tutti i frequentatori, era conosciuta per le insidie e la pericolosità e più di uno sono scampati alla morte, anche se quella non era né la prima, né l’ultima disgrazia mortale.
MA C’E’ CHI COMBATTE, SENZA ECHI DI STAMPA, SENZA LE IENE, STRISCIA LA NOTIZIA, IL GIORNALISMO D’INCHIESTA, LA BATTAGLIA DI GIUSTIZIA SUL LAVORO, LA DIGNITA’ UMANA PROPRIO DA CHI LA ‘PREDICA OGNI GIORNO’ SULLE COLONNE DEI GIORNALI E DEI SOCIAL
<Una vita (mai) in vacanza martedì 29 maggio alle 20,30 a Villa Cambiaso dedicata al caso di Willy Olivero e del precariato
Alla serata hanno aderito numerose società sportive e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. Il titolo, prendendo spunto dalla canzone dello Stato Sociale è <Una vita (mai) in vacanza> per dimostrare come chi collabora in un quotidiano, soprattutto se si occupa di argomenti che si svolgono nel fine settimana, non ha mai un giorno da dedicare alla famiglia, al tempo libero, agli affetti.
La serata, voluta da diverse società sportive e associazioni culturali della provincia di Savona, ha come fulcro il caso di Guglielmo (Willy) Olivero, collaboratore de La Stampa dal 1991 al 2014 e del quale questo blog si è ampiamente occupato (come per Angelo Fresia, 10 anni da corrispondente di Albenga e comprensorio, idem per Barbara Testa, da Alassio e quando i quotidiani hanno iniziato ad essere in edicola anche il lunedì, ovvero feste tre giorni all’anno).
Nel corso della serata interverranno esponenti del mondo del giornalismo, presidenti di società sportivi, atleti, e personaggi del molto della cultura e dello spettacolo, come Paola Arras, una delle più apprezzate pianiste a livello nazionale. La scaletta della serata, che durerà un paio d’ore, sarà perfezionata la prossima settimana, una volta completata la lista degli ospiti presenti: <Tengo a sottolineare – afferma Olivero– che non è una serata contro, ma un’occasione per soffermarsi su importanti temi, come quello del precariato, peggio se a vita. Se dopo tre anni molte società sportive e associazioni si ricordano del lavoro che ho svolto in redazione, vuol dire che si è lasciato un bel ricordo. E di questo sono contento e grato, nonostante il contenzioso in atto con l’editrice de La Stampa che credo di aver servito, per oltre vent’anni, con impegno, serietà e competenza, con umiltà senza credermi un padreterno insostituibile. Doveri sì, e diritti ? >