Lo scorso autunno, dopo 43 anni, chiudeva (leggi…….) l’albergo, ristorante, bar La Campagnola, gestito da Piera, Mara e Valentina (mamma e due figlie). Pochi mesi dopo cessava un’attività centenaria: la macelleria di Rinaldo Porro, unica rimasta delle tre che esercitavano negli anni post bellici. Ora la notizia che ha i giorni contati la pizzeria – bar del paese (U Tecciu). Il gestore cede e si trasferisce a Nava in un altro locale. A Mendatica restano due agriturismo e il piccolo negozio di alimentari. Il paese ‘sentinella’ dell’Alta Valle Arroscia destinato a scomparire ? L’isolamento per la chiusura di Monesi e la conseguenza di frane macinano un danno economico e sociale a catena. Non solo la voragine lungo la provinciale ‘100’, bloccata l’arteria in buona parte sterrata e assai frequentata che attraverso San Bernardo di Mendatica univa con le altre valli imperiesi e la Francia. E non si chiedono finanziamenti pubblici improduttivi.
Se nelle città di mare e della Riviera la ‘voce turismo’ per manifestazioni, promozione, feste, fuochi d’artificio, carnevale, corsi fioriti, raggiunge centinaia di migliaia di Euro, Mendatica muore per l’assenza di un forte e concreto impegno dei politici liguri e imperiesi, del mondo sindacale, delle associazioni di categoria, della società civile. Avanti come le lumache, anzi indietro. Epilogo dannato del ‘promettificio’ ultra decennale, tra lentezza burocratica, inconcludenza letale, mai la priorità assoluta al capezzale del malato grave. Non fosse cosi….
Trucioli, nei sei anni di vita, prima ancora con trucioli savonesi, in precedenza attraverso le colonne del Secolo XIX e della Gazzetta del Lunedì, abbiamo dedicato a Mendatica, all’alta Valle Arroscia in particolare, decine, centinaia di articoli ed approfondimenti, testimonianze, dando voce in particolare ai meritevoli, al buon esempio, all’ascolto degli umili. Cronaca e storia, senza pretese di verità assolute, per raccontare di un territorio montano, gli anni del suo sviluppo, di pari passo con Monesi locomotiva, fino ai primi segnali di declino, di crisi, con il crollo dell’impero dei tre fratelli Galleani, le conseguenze della tragica morte di Armando Lanteri, la perdita di un altro pionere, Guido Lanteri. Il disorientamento generale. Gli appelli a far presto caduti nel vuoto.
La particolarità, tutta italiana, di due Monesi in simbiosi, ma divise. Una di Mendatica, l’altra di Triora, quest’ultima forse avulsa dal contesto politico – amministrativo del paese capoluogo. Non ultima l’isola di Piaggia Marittima, Comune cuneese brigasco nell’enclave imperiese. E dove, causa frane, si è trasferita la sede comunale, da oltre un anno, nella cittadina di Ormea. Piaggia rimasta deserta per lo sfollamento di una dozzina di persone che presidiavano il paese tutto l’anno e che, con le seconde case, convergeva in Valle Arroscia.
Se Nava di Pornassio, luogo di transito, di vacanzieri e commerciale, meta di week end e turismo estivo, di sciatori diretti a Monesi nei mesi di neve, di gitanti verso Ormea, Viozene, Upega, Carnino, ha visto la chiusura per 8 mesi all’anno del ristorante – hotel Lorenzina, famiglia storica che ha iniziato l’attività da oltre un secolo; se Nava, dicevamo, sta soffrendo per la contrazione di quella che era la villeggiatura estiva, Mendatica pare stremata, ormai al limite della resistenza. E’ difficile resistere, lottare, quando ti trovi in un mare di promesse, belle parole, tra tempi lunghi, lunghissimi della ricostruzione, prendendo coscienza che la resa si avvicina inesorabile. Gli anziani muoiano, la popolazione in costante calo, centinaia di case vuote, nessuno compra, investe. I pochi giovani rimasti, pur con tutta la buona volontà possibile, al di là delle belle parole, dei buoni propositi, devono fare i conti con ciò che significa il vivere quotidiano. La loro tenacia ed inventiva non basta. Formarsi una famiglia, la difficoltà del bilancio famigliare, quale futuro riservare ai figli, ai nipoti, alle generazioni a venire. E non c’è bisogno di assistenza, ma di opportunità stabili di lavoro, di crescita dell’economia.
Mendatica, come abbiamo già ricordato, che poteva vantare, nel volgere di una manciata di tempo, di ben sette laureati, tra residenti e originari del paese. Con tesi di laurea anche particolari: dall’Economia Marittima, a Scienze Naturali, dalla Bioingegneria a Corsi Accademici, dall’Ingegneria civile al Conservatorio (vedi il servizio scritto da Emidia Lantrua…..) . Si dirà, ma con la laurea non si campa tra queste montagne, nessuno però dovrebbe condannare la comunità alla sua estinzione forzata per la latitanza dello Stato e della Regione, della società civile nel suo complesso.
Mendatica dove è risorta la ultra secolare Confraternita di Santa Cateria (leggi servizio a parte in questo numero di trucioli) e che con spirito davvero solidale ha promosso una raccolta fondi per la bimba di due anni di una famiglia di Sanremo che per sopravvivere ha bisogno di cure dispendiose; già stata sottoposta a quattro interventi chirurgici. I mendaighini sensibili ai bisogni e alle sofferenze di una bimba che abita nella città del Casinò, del gioco d’azzardo, del Festival, dei Corsi Fioriti, della classicissima Milano – Sanremo, prima in classifica (in Liguria) per visibilità mediatica e televisiva, nomea oltre i suoi confini, in Italia e nel mondo. I giornalisti sono di casa, quassù invece arrivano per la sagra e di tanto in tanto si ricordano del dissesto idrogeologico, di elargire articoli all’insegna della fiducia e della speranza, non vivono qui, abitano al mare. Meglio sarebbe creare le condizioni per prevenire curando i boschi e la terra come accadeva nei secoli scorsi, iniziando con strategie di incentivo. Vedi la filiera del legno lasciata cadere da una dissennata scelta del sindaco compagno comunista di Ormea.
Mendatica con la sua Bandiera verde, la Cooperativa Brigì (di giovani) che gestisce ‘Ca Cardella’ (una sorta di rifugio ricavato in un alloggio del centro storico donato al Comune, ristrutturatoe arredato), una dozzina di posti letto. Il Parco Avventura (uno dei primi realizzati e ampliati sulle Alpi), il Centro turismo escursionistico che si riprometteva la realizzazione di ‘un albergo diffuso’, sulla scia della vicina Montegrosso Pian Latte. Mendatica dove è rimasta attiva una pastorella, con mucche, pecore, capre (e un moderno laboratorio famigliare di formaggi e salumi, con l’anziana mamma cuoca nel ristorante dell’agriturismo) e si può acquistare tappeti di ‘lana brigasca’, filati e lavorati artigianalmente in Sardegna.
Mendatica tra le prime a dotarsi di una centralina idroelettrica ed averne realizzato una seconda a Monesi, appena inaugurata, trascinata via dal diluvio del Tanarello. Il Comune che ha salvato e ristrutturato (dopo averlo acquistato dall’ultimo mugnaio) il mulino per la macina del grano e trasformato in museo. Il paese dove resiste qualche famiglia che coltiva il grano all’antica, utilizza il mulino e con la farina ricavata cuoce il pane nel forno a legna. Le tagliatelle casalinghe si possono gustare seduti nei cinque tavoli che dispone l’agreste ristorantino del sindaco Piero Pelassa (Bacì du Mattu) e dove l’olio è quello di famiglia dell’uliveto di Pornassio; ai fornelli la mamma e la sorella, cuoche autodidatte e nel rispetto della tradizione della ‘Cucina Bianca’. Quella ‘ festa – cucina’ che almeno una volta all’anno attira 2- 3 mila ‘turisti’ giornalieri della gastronomia e rappresenta un utile contributo all’attività della Pro Loco, una delle più ‘datate’ dell’entroterra ligure. Sembra invece spegnersi l’interesse per la Festa della Transumanza (quest’anno decisamente in declino); non siamo più nel paese dei pastori, dell’alpeggio, della transumanza vera e si ricorre solitamente al ‘prestito’ del gregge e mandria di altre zone del ponente.
Fino a qualche mese fa era possibile trovare carne d’alpeggio da Rinaldo Porro, macellaio storico (aveva iniziato papà Giuseppe) che compra le bestie da un pastore di Cosio d’Arroscia; la famiglia Porro ha un avviato negozio a Oneglia, in viale Della Repubblica. Negli ultimi anni Rinaldo, due figli, manteneva il cordone ombelicale, tenendo aperto sabato e domenica. E ora fornisce i pochi affezionati clienti del paese che fanno provvista una volta in settimana.
Certamente la ‘perdita’ della pizzeria rappresenta qualcosa di più di un ‘punto di aggregazione’. Sulla pagina Facebook, seguita da 383 persone, con una classifica da 5 stelle e moltissimi giudizi lusinghieri, pur nella semplicità del locale e del pizzaiolo in famiglia, è apparsa la lettera che Magdalena Komasas, cittadina polacca, moglie di un mendaighino (il marito lavora a Pieve di Teco in un’azienda industriale) in cui comunica al Comune che l’esercizio rimane aperto al venerdì, sabato e domenica, ma contestualmente appare il ‘cedesi attività’. Pochi quelli che scommettono che la pizzeria possa interessare a qualche acquirente proprio di questi tempi. Proprietario dei muri è Gianni Roggio che col il fratello Giorgio per 40 anni hanno gestito la falegnameria di famiglia, mendaighini a Imperia e che hanno chiuso i battenti sotto l’incalzare della crisi nazionale dell’edilizia e della concorrenza.(vedi……)
Mendatica che proprio in occasione del ritrovo pasquale delle confraternite diocesane, può dire grazie e riconoscere il ruolo del parroco don Enrico Giovannini. La sua parte la compie fino in fondo e oltre nel sociale. Non solo pastore di anime, dando vita a tutte quelle iniziative a carattere religioso e che segnano un punto fermo quanto a coesione sociale. Le attività parrocchiali centro di aggregazione. Non è poco perché anche da queste parti è vivo il tarlo della disintegrazione, tra chi non partecipa alle iniziative comuni, chi preferisce criticare piuttosto di ‘costruire’ il valore di comunità. E’ una minoranza è vero, però è pur sempre un segnale di malessere, un flebile freno.
Come non può lasciare indifferenti quanti dimenticano le loro origini, quelle degli avi di cui è testimonianza il camposanto. Mendatica che ha avuto ed ha compaesani noti per il ruolo pubblico ricoperto magari in un recente passato. Si pensi agli Amadeo (la casa materna giace in abbandono e scolorita sulla caratteristica piazza della chiesa), agli Adolfo, ai De Michelis, ai Saldo, ai Porro. Solo per citare le famiglie più note. Come appare un peccato nella ‘Festa della donna’ ignorare cosa ha significato e significa essere vere donne di montagna. Una dimenticanza che non accomuna solo Laura Amoretti, originaria di Mendatica e consigliera provinciale e regionale delle ‘pari opportunità’, coinvolge tutte quelle rappresentanti rosa che in questi giorni hanno ricordato la loro festa nelle interviste e passerelle a Imperia Tv, sui giornali, nelle pubbliche manifestazioni. Abbastanza significativo l’ultimo libro sulle donne imperiesi, molto spazio e citazioni a personalità femminili illustri, pure meritevoli; un solo cenno alla compianta ‘Ines’ vedova Fraguglia di Mendatica, donna comune, una figlia medico dell’Asl e ora in pensione; Ines, come tante mamme delle Alpi con loro bagaglio di testimonianza, storia, usanze, tradizioni, altruismo, sapienza.
Certamente ogni territorio della nostra montagna, un tempo viva e popolata, più o meno è in stato di sofferenza e spopolamento. Non ha beneficiato da ‘aree di crisi’, di zona depressa, sottosviluppo, o perlomeno non si è mai pensato a progetti strategici, ad iniziare dalle infrastrutture, dalla surreale rete stradale che dovrebbe essere un pilastro di progresso, di interscambio. Non si sono poste basi solide, alternative allo crollo demografico causato dalla ricerca di lavoro verso la città, la fascia costiera.
Lo Stato, la Regione, la Provincia non hanno mai fatto una netta distinzione tra aree urbanizzate, diventate opulente, con un mercato edilizio senza regole (in certe zone del lungomare i prezzi degli immobili hanno raggiunto negli anni 12- 15 milioni di lire al mq.; a Varigotti si era arrivati a 18 milioni di lire il mq e raro l’inveduto nell’antico borgo fronte mare). Si pensi poi agli stabilimenti balneari che hanno calamitato investitori di ogni risma pure da altre regioni: professionisti, artigiani, commercianti, benestanti che hanno investito, spesso con un buon margine in nero, nell’industria balneare e dove i cambi di concessionari, di gestione sono frequenti. Quella fascia costiera e area demaniale che ha visto sorgere strutture in cemento armato, espandersi, attrarre attività collaterali alla gestione dei bagni.
E la montagna quali benefici ha riservato ai proprietari dei boschi, dei terreni, dei terrazzamenti ? Quale incentivo per favorire insediamenti produttivi (che sarebbero comunque penalizzati dal sistema viario vecchio di secoli) se non le modeste sovvenzioni ad attività agricole, silvo pastorali, per l’apertura di agriturismo. Dove chi è ricorso al prestito, al mutuo agevolato, si è trovato alle prese della lunga crisi e senza reali prospettive. Non basta lavorare di domenica e al sabato sera. La montagna, per ripartire, ha bisogno di una ‘legge speciale’ e di una cultura politica avulsa da interessi elettorali, dal tornaconto dell’elezione che spesso si tramuta in un terno al lotto per i beneficiari. Si dovrebbe imparare laddove le zone montane sono vive e prospere, creano opportunità per i giovani. Non bastano le buone parole di ‘abbiamo fatto’, ‘abbiamo stanziato’, ‘siamo presenti’. Con la lentocrazia, la burocrazia, le briciole si continua a correre indietro da gamberi. E col passo da lumaca e da tartaruga i risultati e le conseguenze sono disastrosi. Voi politici cantate le solite litanie in politichese, altri scappano. Mendatica penultima, dopo Perinaldo (59,5), come affluenza alle urne con il 60,1 alla Camera. Con il primi partito (Movimento 5 stelle) a 42 voti (36, 8%), seguito da 19 voti a Forza Italia – Berlusconi, 5 a Fratelli d’Italia – Meloni presidente, uno a Noi Italia, 16 alla Lega -Salvini presidente. In totale 42 voti al centro destra in parità alla percentuale di Grillo. Poi 17 voti al Pd e 21 voti al centro sinistra. Forse una protesta corale avrebbe attirato almeno l’attenzione dei mass media, creato un caso, meglio se unico. Ripetere siamo in pochi e non contiamo nulla è una rassegnazione senza alternative.
Luciano Corrado