Compie 13 anni la ‘direttiva’ della Regione Liguria a firma dell’arch.Franco Lorenzani, all’epoca direttore generale del Dipartimento Pianificazione Territoriale. Era un monito – appello ai sindaci dei Comuni costieri, ai presidenti delle 4 province, al direttore regionale dei Beni Culturali e Paesaggistici, ai Soprintendenti dei Beni Architettonici e per il Paesaggio della Liguria, dal 2004 orfana di un Mario Fazio che è stato presidente di Italia Nostra. La lettera era più di un indirizzo, un grido d’allarme per il tenace malgoverno delle aree demaniali marittime a uso turistico ricreativo; nonostante la normativa regionale. E’ stato forse l’ultimo solenne richiamo prima che la scena mediatica fosse occupata dalla Bolkestein. Con l’avvento del ‘modello Scajola jr’, con altre priorità e obiettivi forse meno nobili.
E’ finita così nell’angolino la constatazione (già nel 20o5) che “con sempre maggiore frequenza, attraverso conferenza dei servizi, sportello unico, Via, autorizzazione paesistica (ora anche la Scia ndr) piovono progetti inerenti trasformazioni su aree demaniali marittime nelle quali prevale la tendenza all’occupazione delle spiagge con opere sia di carattere pubblico (passeggiate a mare e parcheggi), sia privato ( stabilimenti balneari, circoli sportivi e ricreativi, rimessaggi, attività commerciali) caratterizzate da diffuso ricorso a volumi e opere permanenti di difficile rimozione, sopra e sottosuolo, con consistente impiego di cemento armato, rivestimenti lapidei, strutture fisse in generale poste a formare barriera visiva verso il mare, il tutto ben poco aderente agli indirizzi e ai vincoli della normativa regionale”.
Il direttore fustigatore Lorenzani raccomandava inoltre di realizzare preferibilmente strutture in legno, di facile rimozione, poste in posizione idonea a produrre il minore impatto visivo ed ingombro al libero transito verso il mare, nonché corredati da elementi di arredo a verde.
Ormai anche i quotidiani che negli anni più gloriosi della diffusione facevano ricorso ad inviati speciali per inchieste ed approfondimenti, non si occupano più di queste tematiche di cui la Liguria è sempre più afflitta e nei fatti indifferente.
L’urlo silenzioso di Lorenzani era rivolto ai sindaci, alle istituzioni, alle coscienze per “una radicale ed urgente inversione di tendenza per garantire la salvaguardia dell’ambiente costiero ed il corretto uso delle aree demaniali marittime, contemperando le esigenze turistico – balneari con le indicazioni al PTC della Costa ed alle normative vigenti”.
Si richiamava il fatto che nel bacino Mediterraneo molte nazioni dopo aver sottoscritto la convenzione di Barcellona del 1976, hanno posto un freno alla progressiva occupazione della fascia costiera per la protezione dell’ambiente marino e della stessa area costiera. Sono state varate leggi e regolamenti che interdicono qualsiasi tipo di costruzione.
Un richiamo da talebano ambientalista ? Non è proprio così per un Lorenzani che nel 2017 presenta due casi, distanti nelle premesse e negli esiti, di operazioni di recupero di aree di Genova: il Centro Storico e il Ponente post-industriale, quest’ultimo ancor oggi lontano dalla rinascita per la mancanza di una progettualità urbana sia in generale sia declinata ad ambiti come questo.
Prima ancora della tutela paesaggistica, per Lorenzani, c’è il contrasto all’aumento dell’erosione costiera che “diventata per molteplici cause non più modificabili (abbandono delle aree agricole e collinari, regimazione dei corsi d’acqua, il contenimento delle frane) un fenomeno di particolare rilevanza che accentua il pericolo di riduzione delle spiagge specie nei casi di arenile artificiale, come in Liguria, dove la lotta all’erosione è per tale ragione questione quotidiana, impossibile da fronteggiare col solo ricorso a interventi che si dimostrano sempre più onerosi e complessi”.
Da qui scaturisce l’invito a “interventi improntati a criteri progettuali non invasivi, di minor uso possibile di strutture, opere e manufatti cementizi ed in muratura permanente, così da conseguire sia una adeguata salvaguardia paesaggistica del litorale onde favorire la resilienza costiera che si traduce in capacità di migliore difesa naturale nei confronti di fenomeni erosivi di riva”. Da qui l’esigenza di rispettare i vincoli e gli indirizzi regionali in materia a cui dovranno attenersi la Regione e le province, i comuni, nel rilasciare i nulla osta di propria competenza”.
Viene in mente la piattaforma di Vado Ligure, il fatto che già ora le mareggiate stiano aggredendo lungomare e strade nonostante le 2.700 tonnellate di sabbia (vedi articolo a fondo pagina); vengono in mente i mega scempi di Lavagna ed Ospedaletti, solo per citare opere più impattanti e che negli anni avevano sollevato polemiche con alterne sorti. Il porto di Loano è realtà nonostante un sindaco di Pietra Ligure, il compianto Giacomo Accame, sosteneva che avrebbe rappresentato la rovina della spiaggia pietrese e di Borgio. Il mancato porto di Noli – Spotorno che vedeva Lorenzani tra i favorevoli (“Non è un ciuffo d’erba che può fermare un’opera pubblica così importante….”) è stato alla fine bocciato solo in ottemperanza alle norme europee sulla poseidonia.
L’ex tre volte sindaco Dc di Noli, com. Carlo Gambetta, uomo di mare e di pesca, ha scritto numerosi articoli su trucioli savonesi e su trucioli.it in cui bollava come spreco di denaro pubblico estendere il ripascimento tutto l’anno senza preoccuparsi di contenere, imbrigliare, il materiale che così viene disperso alla prima mareggiata. Gambetta si era battuto contro il porto intercomunale, proponendo semmai un piccolo approdo, i suoi strali riguardavano anche lo scandalo di Ospedaletti e gli artefici. Con il bagaglio di esperienza e memoria storica ha spesso additato i primi beneficiari: lobby del movimento terra, delle cave e dei Bagni Marini, del politico di turno al potere. Un malgoverno ammantato dalla tutela di un bene comune che produce ricchezza ed è alla base del turismo balneare. E non può invece diventare terra di speculazioni, di serbatoio elettorale e di affari più o meno leciti.
Senza dover qui giudicare l’operato di Lorenzani, resta di drammatica attualità cosa è accaduto ed accade nelle zone demaniali. Come documentano decine, centinaia di esempi, di immagini, fotografie, di strutture, di basamenti in cemento a macchia d’olio, a confronto tra ieri e oggi.
UN ARTICOLO DEL 2011
Il 23 gennaio 2011 sarà invece l’ultimo giorno di lavoro, alla redazione de La Stampa di Savona, per Pier Paolo Cervone che è stato sindaco di Finale Ligure dal 1995 al 2004. E soprattutto cronista della terra savonese e ligure.
Staccherà la spina dall’impegno redazionale due giorni prima del suo compleanno (25 gennaio) e 29 anni dopo l’iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti, con gavetta da corrispondente, da Finale, de La Gazzetta del Popolo, poi Il Secolo XIX, infine l’ingresso nella corazzata La Stampa.
Trucioli Savonesi ha ripreso dal suo archivio un interessante e, peraltro attualissimo, articolo che Pier Paolo Cervone scrisse dal titolo “Le Coste della Liguria, ovvero come eravamo”(vedi a fondo pagina). Consegnato alla Regione lo studio-dossier di una società sulle condizioni del litorale”.
La fotografia dell’epoca (metà anni ’80), con l’intervista ad uno dei più seri e scrupolosi assessori all’Urbanistica che ebbe la Liguria (il democristiano Ugo Signorini). Le dichiarazioni all’inviato speciale Cervone, di Franco Lorenzani, allora dirigente dell’Ufficio progetti per la pianificazione della Regione.
Sono seguiti gli anni “neri”; dal socialista Morchio, al forzista Orsi, a più recente ex comunista-Ds, Ruggeri.
La supremazia della macchina degli affari, la forza gigantesca di interessi trasversali, hanno prodotto ciò che tutti possiamo vedere. Intaccato e corrotto la coscienza e la cultura popolare. Tesi confermata e sottoscritta da “Il Partito del cemento”.
Scriveva, a testimonianza, Cervone: “…Nel piano della costa ligure, realizzato dalla società Aquater (gruppo Iri) per conto della Regione…si rileva sulla mappa il segno rosso ad indicare che qui le cose vanno male, che s’è costruito troppo, che la spiaggia è erosa dal mare e che bisogna intervenire, in fretta, per correre ai riapri…Poi ci sono i tratti di litorale intatto, aspro, ancora selvaggio ed incontaminato”.
Aggiungiamo noi, quei litorali “popolato” da cianciole, barche a remi, a motore, reti, argani, pescatori. Una caratteristica impressa, scolpita su milioni di depliant, di cartoline che andavano a ruba tra i turisti stranieri e italiani, destinazione il mondo intero. I profumi e gli odori dei vecchi mestieri marinari. La nostra storia, insomma.
Proseguiva la cronaca-testimonianza di Cervone: “Peccato che il segno rosso occupi quasi tutta la mappa e che il blu è sporadico, occasionale, quasi un’isola felice nel mare della speculazione…
Una mappa realizzata in quatto anni, dopo due di rilevamenti, consegnata alla Regione…che ha finalmente sotto mano una visione completa e precisa da Ventimiglia a Sarzana, comprese le isole…Un’indagine precisa ed accurata, lungo i 312 chilometri di costa ligure…. ha osservato cosa succede a terra, ha scoperto che certe spiagge stanno scomparendo sia per il fenomeno dell’erosione, sia perché certi interventi dell’uomo (moli e discariche, porti turistici “oceanici”) avrebbero dovuto essere impediti….”
Pier Paolo Cervone, scrittore di successo di storia moderna, e Lorenzani, autorevole tecnico, sulla plancia di comando, più esecutore che ideatore (almeno speriamo), potranno continuare a descrivere cosa è accaduto fino ad oggi. Città per città, assessore dopo assessore, chi ha fatto tesoro degli ammonimenti e dei suggerimenti e chi ha ubbidito al “richiamo della foresta” (denaro facile e clientelismo elettorale, lobbismo degenerativo, erosione del tessuto sociale).
“Lo studio – ricordava Lorenzani – ci suggerisce il futuro per non ripetere gli errori del passato, senza preoccuparsi di ciò che sarebbe successo in mare. D’ora in poi questo non sarà più possibile…Sono state individuate le aree compromesse e quelle ancora vergini e indica le linee da seguire…”
Concludeva Cervone, 25 anni fa: “Da troppo tempo assistiamo allo scempio del litorale….si sono soffocate intere praterie di poseidonie, modificato spiagge e cambiato il colore del mare…”.
Tutto inutile. Le sirene del “falso progresso e del miope sviluppo” hanno continuato a vincere, con l’aiuto di una poderosa macchina mediatica. Hanno ingannato la nostra gente. Posti di lavoro e grandi opere per un futuro migliore. Magari! Infischiandosene del vero futuro che non può essere autodistruzione. Per fortuna restano almeno le testimonianze scritte, per non dimenticare nomi e cognomi, cariche e ruoli ricoperti. Coerenza ed onestà intellettuale.
Luciano Corrado