Sulle montagne liguri e cuneesi gli anziani restano spesso soli al paese e le abitazioni vanno in rovina, lo dicono i dati statistici. Non solo: alberghi, agriturismo, trattorie, negozi, bar a volte resistono, ma capita che devono arrendersi. Impossibile far quadre i conti tra entrate e uscite, diritto a dignitosa esistenza e magari dopo una vita di sacrifici e lavoro dei nonni, genitori, i loro risparmi. Occorre mettere mano a quella che potrebbe essere una decrescita da pianificare, ha di recente scritto l’ex sindaco di Ormea, Gianfranco Benzo (vedi…). Quali prospettive ? Avanti con la fiducia a gioiose sagre, a migliaia di pasti, feste paesane, qualche giorno di folla, tra sindaci loquaci, presidenti di Pro Loco, riprese Tv, articoli di giornale e web. Da Mendatica arriva una storia che dovrebbe spalancarci bene occhi. Dopo 43 anni ha chiuso i battenti l’albergo ristorante bar La Campagnola: 18 camere, 34 posti letto. Negli anni del ‘miracolo’ economico, qui soggiornavano anche famiglie della borghesia delle città costiere, a pranzo si facevano tre turni, c’era bisogno di forza lavoro. Mendatica dove, dopo gli anni ’90, hanno chiuso la Gran Baita a Colle San Bernardo, Il Capanno a Monesi. E prima ancora altre tre locande. Ma il paese non vuole arrendersi al declino e la nascita di un bimbo, ultimo arrivato e il fratellino lasciano accesa la torcia della speranza, del cauto ottimismo.
Gli organi di stampa proprio in questi giorni hanno dato notizia, a tutta pagina, che a Ventimiglia ha chiuso i battenti, dopo 40 anni, l’enoteca La Cave, considerata dal Gambero Rosso la migliore presente in Liguria. “Chiudo per sopraggiunti limiti di età” – ha dichiarato Roberto Nazzari che nella cantina ventimigliese ha trascorso gran parte dei suoi 68 anni. “Vuole dire che avrò più tempo da dedicare ai miei hobby e alle mie altre passioni”. Lui che è consigliere comunale del centro destra, è stato vice sindaco. La Cave passata indenne agli anni di crisi e al passaggio dalla lira all’euro.
Ecco, accade ormai abitualmente. Se cessa l’attività un locale nella Riviera del consumismo e del ‘benessere’ non per tutti manco a dirlo, fa doverosamente notizia, va in locandina. La stessa cosa non succede nel ‘povero’ entroterra. Qui non arrivano neppure più i giornali, gli editori tagliano le spese improduttive. Succede persino nei fine settimana in una delle ex capitali del turismo montano, Nava.
A Mendatica nei mesi scorsi era stata restituita al Comune la licenza delle camere dell’albergo La Campagnola e trucioli.it, solitario, aveva dato conto. Con il mese di ottobre altra brutta chiusura: stop al ristorante e al bar. E una nota di colore. Un gruppo di giovini ha organizzato una festicciola per ‘festeggiare’ l’evento, ma con l’augurio non sia davvero la parola fine. La speranza è che con l’estate si affacci un ripensamento, almeno per il ristorante – bar, luogo di aggregazione, di incontro, socializzazione. L’ora del caffè, della partita a carte. Le abitudini. In paese c’è un altro bar – pizzeria e ora quando chiude, capita che gli habitué organizzino a turno di consumare la ‘tazzina’ nelle proprie abitazioni. “Ci vediamo a casa mia…”.
Mamma Piera Pagliano ha superato di qualche lunghezza le 70 primavere, di lavoro, di orari no stop, sacrifici, privazioni, delusioni, ne ha vissute tante, probabilmente troppe. Una difficoltà dopo l’altra, corsa a ostacoli. E rimasta vedova due volte e il destino non le ha molto sorriso. Due figlie giudiziose: Mara e Valentina. La loro nonna materna, Paolina Saldo ( zia dell’esponente politico imperiese Gabriele Saldo) gestiva negli anni sessanta, con l’avvio del boom vacanziero anche in alta montagna, una trattoria pensione famigliare dietro la chiesa e la piazza del paese. Aveva sposato un carabiniere che è mancato da pensionato. Il titolare del locale era Federico Pagliano, fratello di Piera.
Con gli anni ’70, con il miracolo italiano, è stato realizzato l’albergo La Campagnola. Un gioiello in quei tempi. Tutto lasciava credere al futuro radioso. La clientela non mancava. La stagione estiva durava tre, quattro mesi, poi c’era quella dello scii invernale e Monesi faceva da locomotiva per l’intera valle. E’ seguito, negli anni, un certo boom immobiliare che ha interessato Mendatica e le sue frazioni. Un benessere che si basava soprattutto sul turismo visto che l’agricoltura montanara e la pastorizia andavano esaurendosi con le aree montane depresse. La corsa verso la città, un lavoro sicuro.
Il primo marito di Piera, Giuseppe Roggio, classe 1945, bravo falegname, collaborava con Onorato, stimato artigiano del paese; è nata Mara. In quel periodo la famiglia aveva una coltivazione di frutti di bosco a Valcona. Poi la morte, il secondo marito, Giuliano: ultimo allevatore storico di mucche a Mendatica.
Tutto lasciava pensare che Piera e le sue figlie potessero guardare al futuro con fondate speranze. Alla Campagnola d’estate lavoravano ragazze di Mendatica, come dire se le cose vanno bene nascono opportunità di lavoro, le prime esperienze da giovani.
Invece la recessione, la sorte hanno voluto che sulla Campagnola arrivassero i tempi della crisi nera. E poi si sa, nel commercio, nell’ospitalità, nella ristorazione quando si cominciano a tirare i freni, c’è l’affanno delle spese incombenti, si tende a risparmiare, diminuire servizi e qualità complessiva dell’offerta. Non è qui il caso di attribuire meriti o demeriti gestionali, semmai di ascoltare Piera che con le figlie ed altre volontarie del paese hanno collaborato, nella festa di Santa Caterina, a preparare un menù che quest’anno ha potuto fregiarsi proprio delle capacità culinarie di mamma Piera e della volenterosa prima ‘aiutante’ Valentina.
“In tanti anni – dice quasi sottovoce Piera – ho ascoltato tanti incoraggiamenti, tanti consigli, magari buoni propositi. La realtà di chi si trova ad affrontare il lavoro di albergatore e
ristoratore, parlo per la montagna, alla fin fine ti fa dire: ma chi me lo fa fare. Ora basta, ho atteso fin troppo. Ci sono le spese di riscaldamento che hanno un’incidenza pesante, c’è la lunga stagione morta“.
E parla chi non aveva affitti da pagare, semmai tasse, balzelli, normative, adeguamenti. Altro che stare al passo dei tempi e della concorrenza, non saranno delle aquile, ma l’impegno, la buona volontà, la serietà dell’oste non sono mai mancati. Come dire non basta un errore a spiegare il fallimento di una gestione, è il sistema, il ‘fare sistema’, fare squadra che non tira. E non si può certo sperare che una soluzione si ottenga con risparmi forzati come la pratica di certi locali a non rilasciare la ricevuta fiscale, o far ricorso a personale impreparato, preso a caso.
Probabilmente fino a quando la politica, nel suo complesso, attraverso lo Stato, la Regione, Provincia, Comuni, non prenderà atto che l’emergenza montagna ha bisogno di essere trattata alla stregua di ‘area di crisi industriale’, che si soccombe perchè manca ormai il ‘peso elettorale’, ebbene è davvero difficile intravvedere un’inversione di tendenza alla desertificazione, alla resistenza degli ultimi eroi che non hanno bisogno di elogi, ma priorità e pianificazione. Un cura da cavallo e non di passerelle e presenzialismo decantato troppo spesso dai giullari della buona stampa e Tv locali. Non serve la pacca sulle spalle a chi è in difficoltà.
Intanto la comunità di Mendatica ha festeggiato Santa Caterina, patrona della rinata confraternita, sulle ali dell’entusiasmo, del rinnovamento, dell’impegno del parroco don Enrico Giovannini. Una ricorrenza religiosa e un appuntamento mondano, con residenti, proprietari di seconde case, mendaighini della Riviera che tornano al paese. Si ritrovano a tavola, tra piatti della tradizione e musica, canti. Con un evento insolito: i commensali hanno festeggiato il secondo compleanno di un compaesano vero, Lorenzo e il giorno dopo la nascita del fratellino Cristian. Per la gioia di mamma Michela, casalinga e papà Julienne, idraulico origini a Chiusanico. Una fiammella di auguri. Una comunità di persone semplici che durante le messe raccoglie le offerte per aiutare Aurora una bimba di Sanremo nata sfortunata e che per sopravvivere deve sottoporsi a delicati interventi chirurgici. Non è un’opera di carità, semmai del buon cuore di montanari verso chi soffre. (l.cor.)