Nella storia della floricoltura del ponente ligure mi pare di vedere i noti, italici contrasti tra gli entusiasmi del costruire e un perverso, inconscio? Cupio dissolvi o più semplicemente il desiderio di inventare la ruota quadrata . Ho dedicato molte ore al tentativo di scaricare dati statistici relativi al valore in euro della produzione di fiori recisi della provincia di Imperia negli ultimi vent’anni ma non sono riuscito. Allora nella consapevolezza di essere un pessimo navigatore nell’immenso mare web, ho composto diversi numeri di telefono, all’antica, ottenendo dagli enti preposti lo stesso risultato. Per non fare nomi cito Mercato dei Fiori di Sanremo, Ufficio servizi Regione Liguria mercato dei fiori di Sanremo, Agristat, Entecrea, Ismea; ma si sa, … manca il personale. Leggi anche a fondo pagina il comunicato stampa della Cia Liguria a proposito di agricoltura, risorse e giovani.
Comunque anche senza dati statistici aggiornati, a nasometro tutti possono valutare la dissoluzione di una fonte di reddito che è stata seconda solo al turismo, oggi ridotta ai minimi termini.
Su Trucioli di giovedì 19 u.s. eravamo rimasti a quando, a Sanremo, a cavallo dell’ultimo decennio dell’ottocento e i primi tre lustri del ‘900, la floricoltura subentrò alla coltura degli agrumi. Le cause furono principalmente due: – un trentennio di siccità e l’avvento del turismo. La siccità era ed è incompatibile con le esigenze degli agrumi i quali oltre alle temperature invernali miti, richiedono molta acqua d’estate, In quegli anni i primi turisti inglesi, russi e tedeschi, sempre più numerosi, venivano a trascorrere lunghi periodi invernali a Sanremo e al rientro amavano portare nelle loro case gli stessi fiori che avevano ammirato in fioritura nei nostri giardini. Nello stesso periodo, ultimi decenni del 1800, a Grasse, nell’entroterra di Cannes, iniziò la produzione di profumi col metodo della distillazione dei petali. Nella zona di Ospedaletti e Sanremo alcune varietà di rose fiorivano anche d’inverno e comunque le fioriture di tutti gli altri fiori avvenivano in largo anticipo rispetto alla Costa Azzurra; e fu così che sbocciò la vendita di petali di rose ai primi distillatori di profumi di Grasse. Detti petali venivano trasportati in sacchi di iuta, a piedi o a dorso di mulo, partendo dal primo mercato dei fiori di Ospedaletti. Sempre nello stesso periodo, nel sud della Francia, era nata la coltivazione degli anemoni per la produzione di fiori recisi e fu così che, anche per sfruttare il viaggio di ritorno da Grasse dei neonati floricoltori rivieraschi, iniziò la importazione di bulbi dalla Costa Azzurra in Riviera. Questi due stimoli hanno generato un’attività che ha dato benessere a migliaia di famiglie di addetti per oltre settant’anni. Anche in questo caso se non vi fossero stati pochi facoltosi in grado di acquistare generi di lusso come i profumi e le rose recise, la floricoltura non sarebbe mai nata. I primi fiori recisi ad essere “esportati” furono le rose. Poche varietà come Safrano, Marie van Houtte, Général Schablikine ecc. Quindi le rose andavano dapprima trasportate nei bagagli a mano e di seguito spedite, nei tipici cesti di canne, assieme ai garofani e alle bulbose.
Lo sviluppo della floricoltura fu rapido e redditizio per tutto il ponente ligure; basti pensare che l’ISTAT ci dice che il valore delle esportazioni floricole nel 1913 ammontava a 13 milioni di €, rivalutati al 2011, e la stima del valore della produzione di fiori recisi nella sola Liguria, nel 1930, era di oltre 300 milioni di €. Una precisazione è d’obbligo: circa l’80% era prodotto nella provincia d’Imperia; al secondo posto vi era il Piemonte con 24 milioni di €. Lo sviluppo della floricoltura fu messo a dura prova solo dall’ultimo conflitto mondiale al quale non solo sopravvisse, ma riprese la sua crescita esponenziale a fine ostilità. A cannoni ancora caldi, nel 1948, a Sanremo si tenne il Primo Congresso Nazionale della Floricoltura e cominciarono a nascere, come funghi luccicanti, le prime serre costruite artigianalmente utilizzando legno e vetro. Le strutture erano costituite da pali di castagno conficcati a mano nel terreno alla cui sommità venivano imbullonate le Lamburde(1)
quali supporti, disposte a file parallele a poco meno di due metri l’una dall’altra; su queste venivano appoggiati i telai vetrati detti Vetrine(2) a copertura della serre. Le vetrine venivano fissate alle Lamburde utilizzando specifici cavetti metallici chiamati Aguanti(3)
Agli inizi degli anni cinquanta pochi floricoltori-visionari fecero istallare, in alcune serre, i primi impianti di riscaldamento allo scopo di produrre fiori recisi di nuove varietà di rosai dotate di corolle con il triplo dei petali rispetto alle varietà nominate prima, ma incapaci di fiorire nel periodo invernale come sapevano fare le sorelle maggiori con soli 7 ± 15 petali. Per capire meglio l’aspetto pionieristico e ardito della costruzione degli impianti di riscaldamento nella serre, basti ricordare che allora, in Riviera, le abitazioni dotate di impianti di riscaldamento erano pochissime. Inoltre quelle rudimentali caldaie dovevano essere alimentate a carbone, manualmente ogni 2 – 3 ore. Il recupero nel primo periodo post bellico fu talmente rapido che già nel 1951 il valore della produzione floricola era risalito al livello di 300 milioni, sempre rivalutati in euro, del 1930. Dal 1955 altre regioni come Lazio e Toscana iniziarono a produrre e commercializzare fiori recisi e piante ornamentali. L’Olanda, negli anni ’60, stravolse le tecniche di coltivazione passando dalla conduzione aziendale famigliare diretta a quella di tipo industriale. Contestualmente aggredì il mercato tedesco e successivamente quello europeo, scavalcando i grossisti e forte di una rete distributiva particolarmente efficiente in pochi anni arrivò a fornire direttamente i dettaglianti entro 24 ± 36 ore dall’ordine telefonico o via telex. Mentre gli olandesi costruivano una città-mercato dei fiori ad Aalsmeer, a fianco dell’aeroporto, mercato basato sul metodo della vendita all’asta, a Sanremo si discusse per un ventennio prima di costruire il nuovo mercato decentrato in Valle Armea. La causa di tanta incertezza? Il timore dei politici di allora che il decentramento del nuovo mercato facesse perdere loro i voti dei commercianti di generi alimentari, abbigliamento, calzature e molti bar situati attorno al mercato, i quali traevano importanti benefici economici dalla presenza giornaliera di migliaia di floricoltori provenienti da tutta l’area della provincia d’Imperia e oltre. La miopia di detti amministratori arrivò a sostenere un progetto assurdo e patetico secondo il quale il nuovo mercato dei fiori di Sanremo si sarebbe dovuto realizzare in regione Mordibue(4) vicina al centro e non lontana dallo storico mercato di corso Garibaldi, ma priva di strade, palesemente insufficiente quanto ad area disponibile oltre che in zona leggermente scoscesa.
Nel 1980, in ritardo di un quarto di secolo, iniziarono i lavori per la costruzione del nuovo, ampio mercato e relativi adeguati parcheggi, nell’unica area di superficie capiente e pianeggiante nel comune di Sanremo: la Valle Armea a circa 4 Km. dal centro città e vicinissimo allo svincolo autostradale di Sanremo Est. Il “nuovo” mercato fu inaugurato il 13 ottobre 1990 ma nacque vecchio in quanto il metodo di contrattazione restò lo stesso di ottant’anni prima e lasciava molto spazio alle assurde e miopi speculazioni messe in atto dai commercianti ai danni dei produttori. A conferma della mia tesi, l’aperture del nuovo mercato in Valle Armea, precedette di pochi anni l’inizio della decadenza della floricoltura, nel ponente ligure, dove la stessa era nata. L’apice in termini di valore delle produzioni floricole commercializzate nell’ambito del mercato dei fiori di Sanremo fu di 2,7 mld. di € nel 1995 quando la floricoltura del ponente ligure era già gravemente ferita, dopo che i giovani erano stati costretti a cercare altrove quel reddito che la produzione di fiori non consentiva più. La prima vendita all’asta fu “inventata” il 13/12/2008 dall’allora cooperativa che gestiva il mercato, l’ Ucflor, e l’apposito- modello-Sanremo ebbe un costo spropositato di 470.000€. Come troppo spesso accade, Il recinto è stato chiuso dopo che il gregge è lentamente uscito. Per i superstiziosi potrebbe essere stata la ricorrenza del giorno 13, sia per l’inaugurazione del mercato che per l’asta. A mio modesto parere la seconda e determinante causa della decadenza della floricoltura, oltre all’insieme di quelle già viste, fu la mancanza di un marchio commerciale che garantisse, al momento dell’acquisto, il riconoscimento dei fiori recisi del ponente ligure, ai consumatori finali.
E’ noto che le condizioni climatiche della nostra Riviera sono le migliori d’Europa; ma è anche palese che operare sui terreni scoscesi delle nostre colline comporta dei costi di produzione superiori del 30 – 40% rispetto ai siti pianeggianti. E’ altrettanto noto che le caratteristiche qualitative delle produzioni della Riviera dei Fiori, in termini di vivacità dei colori, di rusticità e durata in vaso nella abitazioni, sono nettamente superiori alle produzioni delle regioni pianeggianti. I consumatori riconoscono e apprezzano la qualità dei nostri fiori recisi e molti di costoro sono disposti a pagare un prezzo superiore anche del 50% rispetto alla media; differenza che pareggerebbe i conti. A Sanremo non si è mai riusciti – o non si è mai voluto – in palese masochistica controtendenza, rendere riconoscibile la produzione locale. In conseguenza i dettaglianti hanno acquistato, per decenni, pochi fiori della nostra Riviera da esporre in vetrina, ma hanno venduto e utilizzato fiori recisi di altre provenienze per comporre i bouquet e gli addobbi spacciandoli per fiori di Sanremo giustificando così i prezzi elevati. Dovrebbe essere pure noto che chi acquista un prodotto ad un prezzo doppio del suo valore, presto o tardi cambia prodotto. E’ come se la Ferrari permettesse ai suoi concessionari di vendere le auto con carrozzeria e interni Ferrari, ai prezzi dei listini Ferrari, ma con meccanica Fiat. Quest’ultima ostinata miopia, anzi saccente cecità, ha vanificato i sacrifici, gli entusiasmi e gli abbondanti frutti generati dei pionieri. Oggi le rose vengono. Si dall’Olanda, dal sud Italia, dal Kenia, dalla Colombia … Ai contemporanei è rimasto il monumento alla floricoltura; è a Sanremo in Valle Armea.
Rinaldo Sartore
- Lamburde: tavole di legni pregiate resinose come larice o pitch pine da circa 3 cm. di spessore, 10 di altezza e 5-600 di lunghezza.
- Vetrine: Telai di legno come sopra a due vetrate, da cira 4 cm di spessore, 80 – 90 cm. di larghezza per 200 cm. di lunghezza.
- Aguanti: Cavetti di fili di ferro attorcigliati da circa 5 mm. di diametro, 8±12 cm. di lunghezza con un occhiello per estremità per fissare le vetrine sulle lamburde mediante appositi chiodi.
- Mordibue: zona collinare tra il centro e l’ospedale di Sanremo.
DALL’UFFICIO STAMPA DELLA CIA LIGURIA RICEVIAMO
La protesta della scorsa settimana dei giovani agricoltori iscritti a Cia Liguria in Consiglio Regionale sta creando un effetto domino. Negli uffici di Cia su tutto il territorio regionale è infatti cominciata una visita costante di giovani che chiedono tutti la stessa cosa: possiamo veramente fidarci che i fondi del PSR destinati al futuro delle imprese e ai primi insediamenti, avranno veramente il nulla osta come promesso dai capigruppo dei partiti e dall’Assessore Stefano Mai?
” Pensavamo di aver portato già tanti giovani in Consiglio Regionale – spiega Aldo Alberto, presidente di Cia Liguria -. Abbiamo scoperto che molti altri aspettavano questa nostra azione per smuovere una situazione ingessata che bloccava e blocca la realizzazione dei loro sogni d’impresa. I profili Social e quelli personali dei ragazzi intervenuti in Consiglio Regionale hanno fatto il resto: la percezione che più giovani ci sono a chiedere tempi certi, più le possibilità di soluzione aumentano, ha dato vita ad un fenomeno di passa parola che mai avevamo visto. I nostri uffici sono subissati di richieste”.
Cia Liguria ha ricordato a tutti i partiti che ci sono 648 domande per un totale di 45 milioni di euro di investimenti aziendali. Richieste che continuano a rimanere bloccate tra istruttorie senza fine e nulla osta che non arrivano nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale
L’incontro in Consiglio Regionale si era concluso con un Ordine del Giorno sottoscritto da tutti i gruppi politici e votato all’unanimità in Consiglio Regionale, che impegna il presidente della Giunta regionale e l’assessore competente a mettere in atto strumenti – anche straordinari – che consentano di valorizzare le istruttorie e il rilascio delle autorizzazioni di spesa, eventualmente anche utilizzando risorse umane esterne all’Ente. E ad avvalersi quanto prima del sistema informatico mutuato dalla Regione Marche.
” Sono impegni messi nero su bianco – conclude Aldo Alberto -. Noi controlleremo settimanalmente che vengano rispettati. Ogni giorno c’è qualche giovane in più che ce lo chiede”.
In allegato la video intervista ad Aldo Alberto liberamente pubblicabileLink
https://www.youtube.com/watch?v=QLnz0hBMM0s