Da il Secolo XIX – 2 febbraio 2017: “ Vi mettete d’accordo tra voi, oppure decidiamo noi, anche contro il parere dei sindaci. Partendo da questa indicazione del ministero dell’Interno, che aveva catechizzato a dovere le prefetture, i sindaci liguri hanno cercato e trovato un faticoso accordo da proporre allo stesso ministero sulla ripartizione dei richiedenti asilo in attesa di sistemazione o eventualmente destinati al rimpatrio. Nelle prossime ore il documento sarà consegnato ai rappresentanti del ministero, nella prefettura di Genova, che dovrebbe procedere alla sua applicazione.”
L’accordo – Un “tetto” massimo di 6.043 richiedenti asilo in tutta la Liguria, la loro distribuzione proporzionale sul territorio in aree omogenee sovrapponibili ai distretti sanitari e l’estensione del sistema d’accoglienza `Sprar´ a tutta la Regione. Sono i tre punti principali del Piano di ripartizione dei migranti approvato oggi pomeriggio a Genova a Palazzo Tursi dall’assemblea dell’Anci Liguria con circa 70 sindaci a favore, 7 astenuti (Lega Nord) e 4 contrari. Il documento sarà consegnato domattina alle 11 al Tavolo regionale immigrazione convocato alla Prefettura di Genova. «Per la prima volta l’Anci Liguria dirà ai Prefetti: tenete conto dei criteri di distribuzione dei richiedenti asilo, che la maggioranza dei sindaci di tutta la Regione ha approvato», sottolinea il presidente dell’Anci, sindaco del Comune e della Città metropolitana di Genova Marco Doria. «È una proposta per adattare alla situazione ligure il Piano nazionale di riparto dei migranti del Ministero dell’Interno, – rimarca il segretario dell’Anci Liguria Pierluigi Vinai – se il tetto di 6.043 posti venisse superato ci opporremo con tutte le nostre forze».
Il piano approvato dall’Anci Liguria stabilisce che il limite massimo dell’accoglienza: in provincia di Genova passi dai 2.676 posti attuali a 2.469, in quella di Spezia da 869 a 1.042, in quella di Imperia da 636 a 1.150, e in quella di Savona da 960 a 1.382. L’obiettivo è riequilibrare il sistema dell’accoglienza. Ad oggi solo un terzo dei Comuni liguri accoglie richiedenti asilo: circa 85 su 235, di cui 24 a Genova, 10 a La Spezia, 16 a Imperia e 35 a Savona. Questo significa anche alleggerire la pressione su alcuni comuni per distribuire i migranti anche in località – soprattutto alcune del Tigullio e del Golfo Paradiso – che finora avevano fatto orecchie da mercante verso l’accoglienza.
Da il Secolo XIX – 23 maggio 2017 – “Da oggi alcuni dei 25 profughi ospitati nella frazione di Voze e Noli, saranno impegnati anche a Spotorno in lavori socialmente utili. Nei giorni scorsi il Comune guidato da Mattia Fiorini, ha firmato una convenzione con la fondazione L’Ancora Onlus di Varazze, che gestisce l’accoglienza dei migranti a Noli, per la regolamentazione del servizio, nell’ambito di progetti di inserimento sociale per i richiedenti asilo presenti sul territorio.
I profughi attraverso questo accordo si occuperanno a Spotorno della pulizia del rio Canin, degli spalti e dei bagni del campo sportivo, del taglio dell’erba all’interno e all’esterno dell’area e della sistemazione del bocciodromo e delle panchine nei giardini.
«La gran parte dei richiedenti asilo sono giovani che hanno dai 20 ai 35 anni e vogliono rendersi utili. Tutti quanti hanno già svolto il corso sulla sicurezza e possiedono abilità come giardinieri, saldatori e muratori. Il nostro obiettivo – spiega Fausto Romano, direttore della fondazione L’Ancora – è quello di tenerli occupati e farli crescere professionalmente. Per loro questo progetto rappresenta un’opportunità per integrarsi e uno sviluppo personale e lavorativo in quanto ricevono una certificazione ad hoc relativa alle opere prestate, che rappresenta un fattore importante per trovare lavoro in futuro. Abbiamo aperto loro una posizione Inail e adesso, per quattro giorni a settimana, per una totale di circa 18 ore, lavoreranno a fianco degli operai del Comune di Spotorno. Contestualmente continuano a studiare la lingua italiana».
«La convenzione precisa che i migranti non possano essere utilizzati in attività professionali, ma di volontariato e potranno contribuire con il loro impegno ad aiutare la città di Spotorno – spiega l’assessore Marina Peluffo – Con questo provvedimento non si toglie neanche un euro dalle risorse per i disoccupati. Le prestazioni lavorative verranno svolte a titolo gratuito con il supporto degli uffici comunali che metteranno a disposizione mezzi e materiali».
Attualmente nella frazione di Voze sono ospitati in cinque alloggi privati 25 profughi che dallo scorso anno hanno svolto lavori socialmente utili anche a Noli come pulizia delle spiagge libere, sistemazione dei giardini, sfalcio erba, pulizia ombini e assistenza logistica nelle sagre e manifestazioni teatrali nell’allestimento e nello smontaggio delle attrezzature”.
Cairo Montenotte. Alle scuole medie di Cairo i profughi salgono in cattedra per insegnare inglese e francese agli alunni delle classi seconde e terze. E’ partito da poche settimane ma ha già registrato alti consensi il progetto attivato dall’istituto comprensivo cairese, in collaborazione con la cooperativa Il Percorso, che vede coinvolti tre giovani, di età compresa tra i 26 e i 30 anni, ospiti di una struttura a Dego. Due di loro sono laureati in letteratura ed uno in economia, e provengono dal Camerun, dalla Nigeria e dalla Costa d’Avorio. Storie diverse ma accomunate dalla voglia di riscatto che nei loro Paesi non hanno saputo ottenere, nonostante la preparazione scolastica e il bagaglio culturale di cui dispongono. Per questo motivo hanno chiesto di poter essere utili alla comunità, e da qui l’idea di coinvolgerli in un’esperienza didattica, coordinata dalle insegnanti Maura Ricchebuono e Cinzia Maletto, di inglese la prima e di lettere la seconda.
E’ nato quindi un rapporto proficuo di collaborazione ma soprattutto di integrazione. Quanti alunni delle scuole medie, in Italia, hanno la possibilità di confrontarsi con lettori di madrelingua? Sicuramente molto pochi, e invece a Cairo questo è realtà, ma non solo. Se dai tre giovani migranti gli alunni imparano ad ascoltare e a parlare in inglese e francese, attraverso lo studio di altre materie avviene uno scambio importante, ossia sono gli stessi studenti a insegnare l’italiano ai loro docenti, aiutandoli ad ambientarsi meglio in un Paese straniero.
“Sono davvero molto soddifatto, perchè anche sul piano umano c’è un notevole arricchimento per tutti coloro che sono coinvolti nel progetto – spiega il dirigente scolastico, Andrea Piccardi -. La collaborazione con Il Percorso non finisce qui, infatti, in estate, altri ragazzi ospiti della cooperativa daranno il loro contributo ai bidelli per ripulire le aule dei vari plessi dell’istituto comprensivo”.
Il problema non è il numero dei ‘migranti’ bensì quello di conciliare la cultura dell’Europa occidentale con quella del Medio oriente e quella del continente africano; e, non solo, quella di conciliare il Cristianesimo con l’Islam
L’Islam ha il suo monoteismo, l’ Hanifismo (Scuola Hanafi) è una delle quattro scuole di pensiero (Madhahib) o giurisprudenza (Fiqh all’interno dell’Islam sunnita .Fondata da Abu Hanifa al-Nu’man ibn Thabit (in arabo: النعمان بن ثابت) (699-765), che è considerato il più aperto a scuola moderna idee. Allo lo stesso tempo, segue alcune delle più severe interpretazioni delle leggi islamiche.]. Per queste vie traverse l’Islam, sviato un istante dalle proprie origini, vi ritorna per sempre. Le conseguenze politiche e religiose di questa decisione sono importanti: da un lato, dall’altro, le riflessioni successive sulla Ka’ba sfoceranno in una teologia del Tempio sotto il segno dei monoteisti più antichi, e quindi dei ‘veri’ monoteisti.
Maometto si distacca sia dall’ebraismo, che dal cristianesimo, le due –religioni del Libro- che, secondo lui, non avrebbero potuto conservare la purezza originaria: era stato questo il motivo per cui Dio aveva inviato il suo ultimo messaggero.
Ma l’Islam non è solo Fede. I seguaci di Maometto per assolvere, “che l’Islam era destinato a succedere al cristianesimo allo stesso modo in cui quest’ultimo era succeduto all’ebraismo” misero in campo una “guerra di religione“, ovvero “se Maometto non va alla montagna è la montagna che va a Maometto“: s’inizia, attraverso la conquista di territori, la conversione dei popoli soggiogati alla nuova religione.
Ma così non è stato, anzi tra l’VIII e il XI secolo, l’occidente cristiano è stato profondamente scosso dagli ultimi epigoni [discendenti] della conquista araba, anche se questo mondo, è stato solo marginalmente toccato dall’ondata saracena: in particolare la Spagna, l’Italia del Sud, la Gallia meridionale.
All’inizio l’Occidente confuse queste incursioni incessanti con le molte altre invasioni barbariche di cui era stato oggetto. Questa confusione resta ancora oggi. Ed è proprio da questa originaria esperienza di aggressione che la coscienza medievale forma la sua immagine dell’Islam, un’immagine essenzialmente ostile. Nell’Alto Medioevo tuttavia, l’Occidente, chiuso entro angusti confini [la vecchia Europa come si suole indicare oggi], aveva una conoscenza molto limitata dell’Islam, ma le cose cambiarono quando l’Europa cristiana, superò i limiti del proprio territorio e si proiettò all’esterno. Lo sviluppo esuberante dei ceti aristocratici europei nell’Europa occidentale della seconda metà del XI secolo è stato il primo fattore che ha determinato l’inizio delle crociate. Sino a questo periodo la lotta per la riforma della chiesa
è conflitto di potere tra diversi settori della feudalità ecclesiastica e la grande feudalità laica.
In questo contesto Papa Urbano II era deciso a chiudere definitivamente la lotta per le investiture attraverso una soluzione di compromesso, che non poteva essere attuata senza che la grande nobiltà feudale si riconciliasse con il papato, e senza che la piccola nobiltà perdesse ricchezze e potere.
Così Urbano II affrontò un lungo viaggio fra il 1094-95 nelle zone maggiormente toccate dalla lotta al fine di riportare unità, disciplina e autonomia dal laicato nella gerarchia ecclesiastica e per arbitrare i conflitti di interesse e di potere tra diversi gruppi feudali suggerendo a quelli più sfavoriti di trovarsi un compenso sottraendo terre, con le armi, ai musulmani in Spagna, Sicilia e persino nel lontano oriente.
Nel concilio del 1095 tenuto a Clermont (in Alvernia) dichiarò come non volute da Dio tutte le guerre tra cristiani ed invita i nobili di tutta Europa che si sono trovati coinvolti a purificarsi attraverso un pellegrinaggio armato a Gerusalemme. Qui non viene tuttavia indetta alcuna crociata poiché il Papa non pensava ancora alla conquista cristiana di quest’ultima, invitò soltanto ad un pellegrinaggio che avrebbe dovuto essere armato esclusivamente per potersi difendere da eventuali attacchi da parte di signori turchi insediatisi in Anatolia.
Gli Altri fenomeni determinanti sono stati sia la volontà di allargare il raggio d’influenza religiosa, sia la contraddizione tra le necessità di sviluppo delle forze produttive agricole e la pretesa da parte della feudalità di impedire ogni tipo di sviluppo e o spostamento che allontani troppo i contadini dalle terre dominicali. C’era dunque in alcune zone d’Europa una profonda irrequietudine sociale di larghe masse contadine.
L’OCCIDENTE CRISTIANO E L’ISLAM
(seconda parte)
La crociata dei pezzenti e la sete di potere
Un monaco, conosciuto con il nome di Pietro l’eremita, ispirato dal discorso tenuto da Urbano II, iniziò a predicare l’idea di una spedizione santa per conquistare Gerusalamme in quanto terra promessa da Dio per la felicità del popolo cristiano.
L’idea che egli predicava però era diversa da quella che aveva diffuso il papa, infatti Urbano II si era rivolto esclusivamente all’aristocrazia feudale, mentre Pietro invitò tutti indistintamente a prendere parte alla spedizione. Così contadini, bande di briganti e nobili socialmente rovinati diedero vita alla cosiddetta “crociata popolare”[La crociata dei pezzenti] nella Pasqua del 1096. Definito impropriamente ‘crociata’ questo movimento ebbe come esito nell’autunno del 1096 il massacro dell’esigua porzione di esercito popolare giunto a Costantinopoli, da parte di cavalieri turchi.
Importanti sono più che altro le conseguenze che derivarono da questa spedizione; infatti la lotta di questi ‘crociati’ contro i vescovi feudatari nella Renania, accelerò il crollo dei poteri vescovili e la loro sostituzione con il governo dei comuni; questo movimento si rivelò tanto travolgente da modificare l’idea del pellegrinaggio armato verso Gerusalemme nell’idea di una riconquista di quest’ultima in nome della Cristianità. L’idea della crociata fu alimentata anche dalla tendenza dell’epoca di vedere il mondo e le sue vicende secondo un ottica religiosa che ne influenzò anche forma, direzione ed obbiettivi. Infatti fu proprio grazie alla volontà di riconquista del Santo Sepolcro in nome della cristianità a designare come meta Costantinopoli, altrimenti il movimento espansionistico sarebbe stato diretto più verso la Spagna che verso il vicino Oriente.
La trasformazione, dovuta appunto in parte a questa mentalità, dell’idea del pellegrinaggio armato in quella della vera e propria crociata, fu subito assecondata dal papato per poter trarne un accrescimento del proprio prestigio e del proprio potere. Quindi gli obbiettivi politico-religiosi della Chiesa assunsero un ruolo che concorse a determinare la crociata.
L’origine di Noli è preromana (317 a.C.). Nel 217 a.C. fu distrutta dai Cartaginesi e in seguito ricostruita dai Genovesi. Diventa municipio romano nel 150 d.C. e comincia a subire gli attacchi dei barbari; nel 641 tocca ai Longobardi. I Nolesi edificano il nuovo abitato vicino al mare con torri fortificate contro le incursioni saracene. Si consolida la potenza marinara, basata sul commercio marittimo: Noli partecipa alla Prima crociata (trasporto vettovaglie, truppe, costruzione e noleggio navi). Alle prime tre spedizioni resta sotto il vessillo di Genova, alla quarta innalza il proprio: la Croce bianca in campo rosso (“scorciata” per non entrare in polemica con Impero e Papato). Sede del Comitato sotto Savona, feudo della famiglia Del Carretto, si affranca nel 1193 e si dichiara Repubblica. Poi si confedera con Genova contro Pisa per imporsi sul mar Tirreno e contro Venezia nella disputa per l’Oriente. Città e sede di Diocesi nel 1239 da Papa Gregorio IX, ampliata nel 1252 con l’Isola di Bergeggi da Papa Innocenzo IV, Noli costruisce la nave che conduce il re francese Luigi IX “il Santo” all’assedio di Tunisi (1270).
Dobbiamo a questo punto distinguere tra la visione dell’Islam del mondo popolare e quella della filosofia scolastica. La prima era nutrita dalle crociate e si sviluppava a livello dell’immaginario, la seconda si nutriva del confronto islam – cristiano in Spagna e si sviluppava a livello razionale. Nella letteratura popolare i musulmani erano visti come pagani e il Profeta Muhammad era considerato un mago corrotto, capo di un popolo di ” infedeli “. Agli inizi del 1400 – XV secolo, Giovanni da Modena, ispirandosi al canto XXVIII dell’Inferno di Dante degli Alighieri, colloca, Maometto, nella bolgia degli eretici, e dipinse quest’opera nella Cappella Bolognini di San Petronio.
“Non c’è niente di offensivo o irriverente nell’affresco” presente all’interno della Basilica di San Petronio a Bologna, in cui il Profeta Maometto è raffigurato dall’autore, Giovanni da Modena, mentre viene percosso dai demoni. A sostenerlo è Monsignor Oreste Leonardi, primicerio della Basilica, sulle pagine di Bologna Sette, inserto domenicale della Curia bolognese allegato ad Avvenire.
“Il riferimento a Maometto – spiega Leonardi riferendosi all’affresco quattrocentesco – è l’indicazione del fatto che egli avrebbe infranto l’unità della Chiesa (giacché nel Medioevo si pensava all’Islam come ad uno scisma cristiano), e ora è la sua stessa persona che viene lacerata nella sua integrità”. Una rappresentazione, insomma, che secondo il primicerio va contestualizzata nell’epoca e nel poema dantesco della Divina Commedia, da cui l’affresco trae ispirazione. “E’ la tragica rappresentazione – conclude – di una umanità destinata a perdersi, se non recupera il senso vero della propria vita“.
Gli eruditi invece conoscevano il corpo dottrinale dell’Islam in quanto esisteva una traduzione del Corano a cui attingere. Se l’Islam viene riconosciuto per le sue conquiste scientifiche e per le sua filosofia, viene contemporaneamente negato in quanto religione e morale.
L‘Occidente dissocia l’apporto del pensiero arabo dal giudizio sul valore morale dell’Islam. Si è dunque formata una visione intellettuale che dal XII secolo si è prolungata fino al XVIII e si potrebbe dire, per certi elementi, fino all’epoca coloniale in modo praticamente uguale. Questa visione si basa in primo luogo su una profonda collera contro il Profeta che ha fermato l’evoluzione dei popoli verso il cristianesimo.
Nel XVI e nel XVII secolo il mondo religioso non polemizza più con l’Islam, a volte lo ignora, ma in ogni caso non riconosce nella religione musulmana una religione rivelata. Rimane diffuso un sentimento di superiorità che coincide con una coscienza di supremazia politica e di civiltà. E l’Islam ritorna alla barbarie, non viene nemmeno più considerato, come nel Medioevo come avversario teologico. Nel mondo laico le cose vanno diversamente. Sul piano politico l’Islam viene identificato con l’Impero ottomano e i rapporti tra queste due realtà politiche obbediranno soprattutto alla razionalità diplomatica. Gli intellettuali guardano all’Oriente con sguardo più sereno e obiettivo. La visione popolare oscilla tra l’immagine di un Oriente splendido e meraviglioso e quella di un Oriente lascivo e crudele, caratterizzato da una religione fanatica, aggressiva, elementare. Nel XVIII secolo, l’entusiasmo, l’ottimismo e l’universalismo dell’Europa gettano le basi per una maggior comprensione dell’Islam. Secondo il pensiero illuminista le diverse culture hanno eguale potenzialità. Nella seconda metà del XIX secolo appare però il fenomeno del colonialismo, prodotto dallo sviluppo industriale e dall’emergente classe borghese.
Alesben B.