Potevamo forse tentare di ricreare le nostre consuetudini di apprendimento o di semplice conoscenza aprendo quel libro pesante all’ultima pagina, quella che nella sequenza cronologica ci è più vicina.
Noi l’abbiamo guardata quella pagina indecifrata con molta curiosità e con la speranza di trovarci qualcosa di famigliare, qualcosa che ci possa essere ancora utile oggi e che magari si inserisca come un tassello mancante nella nostra storia mai finita.
Adesso è quella pagina scritta a mano che ci parla a lungo con suoni già uditi ma dimenticati, la sua scrittura disegnata, una linea irregolare che copre quasi interamente la carta scurita, una linea della vita su di una mano sconosciuta.
Quel segno con il suo significato nascosto che una persona, da tempo scomparsa, aveva lasciato a futura memoria, secondo le procedure di quel tempo, sempre più lontano.
Noi viviamo consapevolmente una dimensione parallela dove il mondo è di carta, di legno, di tela antica… Una parte di vita anacronistica dove entrano solamente gli addetti al pensiero, alla scrittura manuale, quelli che leggono in silenzio…
Un mondo che non scompare ma si perpetua fuori dagli schemi, dove si lavora e si agisce solo con il pensare o con lo scrivere…
Ettore Le Donne mi ha fatto i suoi complimenti per la scultura di Shozo. La sua testa sembra infatti un blocco scolpito nel legno ma invece è una scultura virtuale come quasi tutte le immagini che vediamo su internet.
Una pseudo scultura fatta di robinia pseudo acacia che era già vecchia nel 1953 quando andavo a scuola e passavo lungo il viale che portava l’acqua al mulino di là dalla strada.
Siamo sbalzati ogni giorno nella pista irregolare delle montagne russe e questi tempi sfuggenti e superficiali producono, con il nostro aiuto, montagne di immagini fugaci che si espandono nelle reti dei vedenti…
Ogni giorno mi stupisco del rispetto che mi dimostrano i miei figli, forse non ho insegnato nulla a loro, ho vissuto un giorno alla volta facendo quello che pensavo giusto ed ho fatto anche quello che non sapevo fare quando trovo semi nella terra dell’orto li sgrano come un rosario di pietra dura o grani di linosa bruciati e sparsi in un formicaio distrutto.
I miei figli hanno imparato da soli come uccelli volati dal nido, sapevano cosa fare e come farlo e hanno camminato sulle loro gambe con allegria e con concreta passione.
Bruno Chiarlone Debenedetti