“Una scossa di magnitudo 4.0 ha colpito l’isola e la costa flegrea alle 20.57 di lunedì. A Casamicciola e Forio numerose persone sotto le macerie. Evacuato l’ospedale. Panico tra i turisti e i residenti, numerosi crolli”. Lo spillo di Noli o la Sibilla Cumana, cerca di tracciare, per la “gente” normale lo scenario che potrebbe interessare anche il Comune di Noli qualora vi fosse una eruzione, anche parziale, dei Campi Flegrei.
Il titolo di Sibilla Cumana era detenuto dalla somma sacerdotessa dell’oracolo di Apollo |
Da TRUCCIOLI del 24/05/2017: Noli, La Liguria E A Marechiaro:
“A Noli e ai nolesi, argomento come quello che stiamo trattando, normalmente viene affrontato con noncuranza, già tanto nessuno sa più leggere. Gli unici argomenti che interessano sono quelli relativi al “famoso” tunnel di capo Noli, oppure a qualche pettegolezzo locale; eppure i fatti che, forse, a breve termine, potrebbero accadere, sconvolgerebbero la “pacifica vita” dell’antica repubblica marinara e farebbero puntare il dito verso le istituzioni governative che, secondo loro, a torto, non li hanno informati per tempo; o meglio…………………….hanno solo 72 ore per pensarci.”
Mario Tozzi, vulcanologo scrive: “Ma l’uomo si accorge di violare gli equilibri della Terra e di sottovalutare le sue costanti trasformazioni soltanto in occasione dello scatenarsi di quegli eventi naturali che diventano catastrofi unicamente per colpa sua; il suo comportamento irresponsabile che di insediarsi sulle coste a rischio o sulle pendici dei vulcani, e a costruire infrastrutture nei siti meno adatti, trovandosi poi ad affrontare le emergenze in modo del tutto occasionale“
Noli, La Liguria e Marechiaro, è il “cordone ombelicale” che li lega assieme, se in un futuro, e pare assai prossimo, dovesse accadere quanto sostenuto dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Napoli e dell’University College di Londra e dalla Protezione Civile che ha alzato il livello di allerta da “verde” a “giallo” sia per la caldera dei Campi Flegrei <<è più vicina all’eruzione rispetto a quanto si pensi», sia per la caldera dell’area vesuviana.
Ischia è un’isola dell’Italia appartenente all’arcipelago delle isole Flegree, della città metropolitana di Napoli.
Posta all’estremità settentrionale del golfo di Napoli, nella Caldera dei Campi Flegrei, e a poca distanza dalle isole di Procida e Vivara, è la maggiore delle Flegree. Con i suoi 64.028 abitanti è la terza più popolosa isola italiana, dopo Sicilia e Sardegna.
L’isola di Ischia fu dai Latini chiamata Pithecusa, nome che la tradizione fa derivare dal Greco “pithos” (vaso), cioè l’Isola dei vasai. È stato proposto che il nome descriva una caratteristica dell’Isola, ricca di pinete. “Pitueois” (ricco di pini), “pituis” (pigna), “pissa, pitta” (resina) appaiono termini descrittivi dai quali potrebbe derivare Pithecusa, che significherebbe dunque “isola della resina”, una importante sostanza usata, tra l’altro, per rendere impermeabili i vasi vinari. L’espressione “insula visca”, con l’aggettivo greco “(v)ixos” (appiccicoso) e la consueta caduta della “v” iniziale, fornisce una probabile origine del moderno “Isola d’Ischia”. Ai piedi del Vesuvio coperto di pini, il nome popolare di Ercolano era “Resìna”, forse reminiscenza di un antico mercato di questo prodotto, similmente al toponimo “Pizzo” in Calabria, da dove proveniva la resina migliore, la “pece brettia” ottenuta dai pini della vicina Sila.
Tornando alla Caldera dei Campi Flegrei.
“Un quadro geofisico che sembra acclarare in realtà quanto noto da sempre: e cioè che l’enorme terreno vulcanico che costituisce e condiziona l’area dei Campi Flegrei – notoriamente di dimensioni maggiori del Vesuvio – con i suoi diversi crateri in attività continua a condizionare, nel segno di una veemenza naturale indicibile, clima e equilibri geofisici.
Venendo così a periodi decisamente più recenti, è noto che da alcuni anni nell’area compresa tra Pozzuoli, Bacoli e la parte occidentale di Napoli, il bradisismo è tornato a farsi sentire fino al livello di sollevazione del suolo. Nulla di imminente, ad oggi, ma visti i pregressi – lontani e più recenti – il senso dello studio italo-inglese è quello di tenere i riflettori puntati. Non per niente, dal 2012 la Protezione Civile ha alzato il livello di allerta da “verde” a “giallo”. A conferma che i vulcani di casa nostra, per quanto dormienti da molto, sono sempre bombe pronte ad esplodere e far deflagrare i loro effetti a lungo termine. “
I Campi Flegrei (dal greco flègo, che significa “brucio”, “ardo”) sono una vasta area situata nel golfo di Pozzuoli, a ovest della città di Napoli e del suo golfo. L’area è nota sin dall’antichità per la sua vivace attività vulcanica.
Da un punto di vista geologico, l’area è una grande caldera in stato di quiescenza, con un diametro di 12–15 km, i cui limiti sono dati dalla collina di Posillipo, dalla collina dei Camaldoli, dai rilievi settentrionali del cratere di Quarto, la collina di Sanseverino, l’acropoli di Cuma, e Monte di Procida. In questo circuito si trovano numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici (almeno ventiquattro), alcuni dei quali presentano manifestazioni gassose effusive (area della Solfatara) o idrotermali (ad Agnano, Pozzuoli, Lucrino), nonché causa del fenomeno del bradisismo (molto riconoscibile per la sua entità nel passato nel cosiddetto tempio di Serapide a Pozzuoli). In tutta la zona sono visibili importanti depositi di origine vulcanica come il Tufo Grigio Campano (o Ignimbrite Campana) o il Tufo Giallo. Nella zona sono presenti dei laghi di origine vulcanica (Lago d’Averno) e laghi costieri originatisi per sbarramento (Lago di Lucrino, Lago Fusaro, e Lago Miseno).
Nel 2003, in attuazione della Legge Regionale della Campania n. 33 del 1.9.1993, è stato istituito il Parco regionale dei Campi Flegrei. I Campi Flegrei costituiscono un’area ad alto rischio vulcanico sottoposta a costante sorveglianza dall’Osservatorio Vesuviano, sia attraverso periodiche campagne d’indagine sia con un monitoraggio continuo.
Zone di importante valore biologico e naturale sono Capo Miseno, il Parco sommerso di Baia, il Monte Nuovo e il Cratere degli Astroni. L’area dei Campi Flegrei è compresa nei comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e Napoli. In particolare, i primi tre comuni citati, che occupano la cosiddetta penisola flegrea, sono quasi completamente flegrei. Il comune di Quarto si estende per buona parte nei campi flegrei. Il comune di Giugliano si estende invece nei campi flegrei limitatamente alla zona di Licola Mare, ricompresa nella frazione Lago Patria. Ricade infine nei campi flegrei la zona occidentale del comune di Napoli, con i quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Posillipo, Soccavo e le località di Agnano Terme (parte del quartiere Bagnoli) e Pisani (parte del quartiere Pianura).
Fanno parte dei Campi Flegrei, benché si collochino al di fuori del cratere originario, anche le isole flegree di Ischia, Procida e Vivara. Esse hanno una storia e cronologia in parte differente, in parte parallela a quella dei vulcani sulla terraferma. Inoltre numerosi altri crateri sono stati individuati nel golfo di Pozzuoli [circa 40], sprofondati nel mare o disgregati da esso nel corso dei millenni.
26 agosto 2017 In seguito al terremoto del 21 agosto il suolo si abbassato fino a circa 4 centimetri in un’area a ridosso di Casamicciola Terme: e’ quanto i ricercatori del CNR-IREA hanno misurato nei movimenti permanenti del terreno grazie ai satelliti europei Sentinel-1 e italiani COSMO-SkyMed. Nell’emergenza post terremoto il Dipartimento della Protezione Civile (DPC), fin dalle primissime ore dopo il sisma, ha attivato il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente (CNR-IREA) di Napoli, in qualità di centro di competenza nel settore dell’elaborazione dei dati radar satellitari, per un’analisi volta alla misura dei movimenti del suolo conseguenti al sisma. Utilizzando i dati radar dei satelliti europei Sentinel-1, del programma europeo Copernicus, e quelli della costellazione italiana COSMO-SkyMed, dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) – centro di competenza per le acquisizioni ed utilizzo dei dati satellitari – e del Ministero della Difesa, un team di ricercatori del CNR-IREA ha misurato con alta precisione i movimenti permanenti del suolo originati durante il terremoto, utilizzando la tecnica dell’Interferometria SAR Differenziale. Questa tecnica consente, confrontando immagini radar acquisite prima dell’evento con immagini successive al sisma, di rilevare le deformazioni della superficie del suolo con accuratezza di centimetri. Ottenere in tempi brevi un quadro sinottico delle deformazioni e degli spostamenti del suolo causati da un sisma nell’area dell’epicentro rappresenta uno degli obiettivi del Dipartimento della Protezione Civile, durante un’emergenza sismica. L’epicentro della scossa di terremoto che ha colpito Ischia la sera del 21 agosto era a soli due chilometri di profondità e a 1 chilometro di distanza da Casamicciola. I sismologi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia hanno rivisto e affinato i dati sul sisma, aggiungendo un tassello importante che spiega perché una scossa di magnitudo media, 4.0, ha provocato tanti danni, uccidendo due persone. Non solo case costruite male. I tecnici hanno precisato che “il forte danneggiamento rilevato nella zona alta di Casamicciola” è stato provocato oltre che “dalla scarsa resistenza del costruito” “alla superficialità dell’evento e all’amplificazione locale dei terreni”.
Il “Terremoto di Ischia” è un Terremoto vulcanico. I terremoti vulcanici hanno origine dal vulcanismo e dall’attività vulcanica del magma nel sottosuolo o nel camino vulcanico. Sono meno frequenti dei terremoti tettonici e una potenza inferiore. Hanno una origine superficiale ed un raggio dall’epicentro molto limitato, ma hanno particolare interesse perché in genere preannunciano incombenti eruzioni vulcaniche, come accadde in occasione dell’eruzione del monte Saint Helens, nello stato di Washington, nel maggio 1980.
Tali terremoti hanno origine quando il magma sale verso la superficie, riempiendo le camere magmatiche che alimentano un vulcano. I fianchi e la sommità dell’edificio vulcanico si rigonfiano, e la rottura delle rocce sottoposte a tensione può essere segnalata da serie di piccoli terremoti. Sull’isola di Hawaii, i sismografi possono registrare fino a un migliaio di queste piccole scosse prima del verificarsi di un’eruzione.
Il profilo morfologico nord-sud dell’Isola d’Ischia con rappresentata nel sottosuolo il posizionamento della faglia sorgente del terremoto che devastò Casamicciola nel 1883
Mappa del “danno atteso” per l’isola d’Ischia in funzione di un evento sismico similare a quello del 1883. La zona di Casamicciola rimane quella a maggiore rischio
Gli studi più recenti mostrerebbero che la sismicità storica è legata alla dinamica di un bacino magmatico, in lento raffreddamento, il cui top si troverebbe a circa 2 km di profondità. La sismicità di energia significativa si svilupperebbe specialmente nel settore settentrionale, quello di Casamicciola, dove gli spessori delle rocce fragili sono maggiori che in altre porzioni dell’isola”.
Con i suoi 788 m.s.l. Il monte Epomeo è la montagna che sovrasta tutta l’isola. “Il Monte Epomeo non è un vulcano, anche se era ritenuto tale fino agli inizi del XIX secolo. Si tratta, in effetti, di una struttura vulcano-tettonica, definita per la prima volta dal geologo svizzero Alfred Rittmann, in un suo famoso lavoro pubblicato nel 1930. La struttura del Monte Epomeo è stata generata dalla spinta di una massa magmatica poco profonda, che lo ha fatto risalire di circa 800 m, a partire da 55.000 anni fa, con un tasso medio di alcuni centimetri l’anno. Le eruzioni, invece, si sono verificate ai bordi del monte, dove sono localizzate le faglie e le fratture da cui risale il magma. In effetti, i fenomeni di risalita e subsidenza dell’Epomeo sono indicatori della dinamica vulcanica, ma non è facile prevedere dove potrà essere localizzato il prossimo evento eruttivo e quale sarà la sua energia. Al momento l’isola attraversa una fase di lenta subsidenza e di quiescenza vulcanica. Quanto alla pericolosità, nell’isola d’Ischia, almeno negli ultimi 55.000 anni si è verificata una sola grande eruzione ignimbritica e molti altri eventi di energia piccola o, al più, moderata. L’opinione è che il verificarsi di un’eruzione di piccola energia è più probabile. La pericolosità è inferiore a quella del Vesuvio. Il rischio potenziale tuttavia è alto, perché in caso di evento eruttivo esplosivo, l’intera isola, con circa 65.000 abitanti, dovrebbe essere evacuata”.
Dal 1200 ad oggi sono noti una dozzina di eventi sismici sull’isola, il più disastroso dei quali è quello che sconvolse Casamicciola nel 1883, lasciando invece la parte più orientale di Ischia praticamente intatta.
I danni furono molto ingenti, in pratica l’intera cittadina di Casamicciola fu rasa al suolo. L’intensità massima del terremoto, che è stata ricavata dai dati macrosismici, è stimata intorno all’XI grado della scala Mercalli, vale a dire una devastazione non solo dell’abitato urbano ma anche uno sconvolgimento della morfologia locale. Si contarono oltre 2300 morti, la maggior parte dei quali, a Casamicciola. Una curiosità: nel sisma rimasero uccisi i genitori e la sorella di Benedetto Croce, allora diciassettenne, in vacanza nell’isola; un episodio che segnò profondamente la vita del filosofo abruzzese.
La superficialità dell’evento sismico, localizzato a soli 1-2 km di profondità, ebbe vari effetti. In primo luogo, nell’area ipocentrale si ebbero accelerazioni molto forti del suolo: questo fatto, accoppiato alla scarsa coerenza dei depositi sui quali poggiano gli edifici, generò un effetto di amplificazione delle onde sismiche, ben noto in ingegneria sismica, che peggiorò notevolmente il quadro dei danni. In uno studio scientifico sul terremoto di Casamicciola si è dimostrato che la presenza di tufi rimaneggiati ha prodotto un incremento dei danni, rispetto ai siti localizzati sulle lave, pari ad almeno un grado della scala Mercalli. Per contro la superficialità dell’evento determinò un’area del massimo danneggiamento limitata al settore a monte di Casamicciola ed in parte di Lacco Ameno.
Quanto è pronta l’area napoletana a “sopportare” un qualunque evento distruttivo collegato ad un’eruzione, sia essa dovuta al Vesuvio, ai Campi Flegrei o al Monte Epomeo?
“La popolazione in generale è poco informata sui rischi connessi alle eruzioni, mentre la quiescenza vulcanica in atto ha attenuato ulteriormente la percezione del rischio. Credo che nessuna comunità, che non abbia già avuto esperienza con questi fenomeni naturali, sia realmente preparata ad affrontare un’emergenza. La risposta ad un’emergenza vulcanica quindi non potrà dipendere solo dai Piani di Evacuazione, perché in mancanza di una cultura del rischio questi ultimi possono risultare inefficienti”.
Si ringrazia il dott. Stefano Carlino, dell’osservatorio vesuviano.
Per approfondimenti si consiglia il libro: Luongo G., Carlino S., Cubellis E., Delizia I., Iannuzzi R., Obrizzo F., “Il terremoto di Casamicciola del 1883: una ricostruzione mancata” (Alfa Tipografia, 2006) da cui sono tratte le mappe presentate.
Ricostruzione esplosione caldera Campi Flegrei dopo 7 minuti e 34 secondi [La Stampa]
“i fatti che, forse, a breve termine, potrebbero accadere, sconvolgerebbero la “pacifica vita” dell’antica repubblica marinara e farebbero puntare il dito verso le istituzioni governative che, secondo loro, a torto, non li hanno informati per tempo; o meglio…………………….hanno solo 72 ore per pensarci.”
Chissà se l’Amministrazione di Noli ha ancora tempo per pensare alle fioriere, al campetto, al deposito degli anziani, al tunnel, alle onde elettromagnetiche, ai fuochi artificiali, ai migranti, e qualsiasi altra cosa, ………, o farebbe meglio, ora che ha tempo, predisporre un piano sul suo territorio dove alloggiare gli abitanti di Marano di Napoli e Cercola [totale 78 161 abitanti] ! [1] [2]
N.B. Campi Flegrei, è allerta: il supervulcano potrebbe risvegliarsi… è parliamo di un vulcano che con l’ultima eruzione ricoprì di cenere tutta l’Europa fino a Mosca, causando un inverno che durò 2 anni!
[1] – Cui si potrebbero aggiungere parte di Fuorigrotta (Lazio) e Bacoli (Marche), Monte Procida (Abruzzo e Molise) destinate a regioni interessate dal terremoto del 24 agosto 2016 [2] – Facendo i conti della serva e distribuendo in maniera equa gli abitanti, a ciascun Comune ligure, ne toccherebbero 332,6 [ i comuni in Liguria sono 235] con tanti auguri all’Amministrazione in carica ed ai suoi consiglieri esterni !
Alesben B.