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Il caso / Pensionata e malata, 80 anni, si ritrova dipendente per un errore. L’Inps di Cuneo taglia la pensione e batte cassa


“Dal gennaio 2014 al novembre 2015 lei ha ricevuto un pagamento superiore a quanto dovuto per un importo complessivo di 9.630 €, siamo costretti a recuperare la somma sulla sua pensione, per 37 rate mensili a partire dal marzo 2016”. Firmato  il direttore Umberto Lucrezio Prosperi. Una storia paradossale di mala informatizzazione e burocrazia informatica con conseguenze economiche pesanti. Il patronato che cura la dichiarazione dei redditi (730) di una pensionata 80 enne cuneese ha commesso un errore ‘informatico’ indicandola come ‘dipendente’. Ma lei è ricoverata, ha persino l’indennità di accompagnamento e con una rendita, quale vedova, del fondo bancario.

Succede quando le ‘macchine’e la tecnologia sottraggono all’uomo ogni forma di controllo. Il sistema informatico che può trasformarsi in mostro o fabbrica di errori senza che si possa rimediare in tempi ragionevoli o tali da non causare conseguenze magari irreparabili e comunque imprevedibili  angosce alle persone. Non c’entra, almeno in questo caso e tanti altri di cui nulla si viene a sapere, la negligenza di qualche impiegato Inps,  l’ente previdenziale più grande d’Europa e che non paga solo pensioni; ha previdenza e assistenza. E secondo recenti dati ha accumulato 95 miliardi  di crediti contributivi che forse non incasserà mai. E’ giudicato, da alcuni analisti, in bilico tra il il migliore sistema previdenziale ed il peggiore sistema pensionistico.  La vittima e destinataria di questa storia cuneese non ha colpe. Lei si è affidata, come fa da qualche anno, ad un ‘patronato’ per la compilazione annuale del modello ‘730’, con la dichiarazione dei redditi. E’ vero che non può passare inosservata l’età, la reversibilità, l’assegno di accompagnamento, però non è più l’occhio e la mente umana che controllano, verificano, confrontano. E’ il cervellone meccanizzato che immagazzina e fa emergere eventuali incongruenze. In questo caso la  circostanza che il suo reddito annuo di 22 mila euro derivava da pensione, non da lavoro dipendente, subordinato.  Di conseguenza bisognava ricalcolare, sulla base della dichiarazione redditi del 2013, quanto aveva percepito da gennaio 2014 a novembre 2015.

La missiva arriva per raccomandata con ricevuta di ritorno a fine novembre.  Il ricalcolo genera una riduzione dell’importo lordo da 1400 a 1000 €, oltre all’indebita quota non dovuta, pari a 9.630 €. Gli uffici Inps avvertono che il ‘taglio’ inizierà da dicembre e da marzo scatteranno pure le rate mensile per recuperare il debito, 250 € al mese. La donna è ricoverata da tempo in una struttura privata e tocca ai congiunti recarsi al patronato.  Qui si scopre, dopo una serie di telefonate e pare di colloqui con impiegati Inps, cosa è realmente accaduto, un dannato  ed umano errore di digitalizzazione.  Errore che l’ente non è tecnicamente in grado di correggere seduta stante e provvedere all’annullamento degli atti conseguenti, neppure facendo ricorso all’istituto dell’autotutela. Non è possibile procedere subito per via informatica perchè c’è un barriera insormontabile. Una situazione kafkiana, si direbbe. Da una parte è palese che si è di fronte ad uno sbaglio grosso come una casa, dall’altra non si può procedere a rimedi se non in tempi lunghi e burocratici.  Si deve presentare, tramite la dotazione del Pin individuale, istanza di ricostituzione della pensione facendo in modo che gli uffici riescono ad evadere la pratica il più presto possibile.

Che dire del fatto che non si effettuano più, a quanto pare, controlli ad occhio ? Bastava rendersi conto dell’esistenza del Cud stesso dell’Inps per escludere che la nonnina svolgesse lavoro dipendente. Se non bastava  era indicato il ‘modello’ di ricovero in un istituto per malati non autosufficienti. Invece l’automatismo, senza alcun filtro umano, finisce per generare ‘mostruosità’. Lascia poi perplessi che si notifichi il 24 novembre il provvedimento di riduzione della pensione erogata il primo dicembre. Sei giorni prima.  E l’Inps di Cuneo a ripetere che non possono fare di più e di diverso, tutto è affidato all’istanza che potrà essere generata ed avere un effetto pratico dal mese di marzo.  Ci sono altre conseguenze a catena. Con la riduzione della pensione viene meno la disponibilità per la retta del ricovero. Chi paga ? Forse lo faranno i figli e chi non ha famigliari ? E se neppure loro fossero in grado di pagare scatterebbe la morosità della retta mensile, la clausola che consente di essere messi alla porta. Solo per colpa di un errore informatico e del successivo mancato controllo a vista. In buona compagnia, senza pensare male, con chi  ha notificato gli atti una settimana prima del loro effetto. Un paradossale errore del 2013 giunge al destinatario finale nel 2015. Difficile credere sia una storia umana isolata. Brutte notizie per l’osservatorio nazionale  Inps ?


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