Il professore universitario Vittorio Coletti, di Imperia, opinionista domenicale su la Repubblica Liguria, ha inaugurato il primo sermone del nuovo anno (dei precedenti abbiamo dato conto) rivolto al vescovo più bersagliato d’Italia, Mario Oliveri. Così testimionia l’archivio stampa. Lo scrittore ha usato il pugno di velluto fotografando “La cosmesi liturgica e personale nella chiesa del ponente ligure”. Accade mentre possiamo svelare che papa Bergoglio, nei locali di Santa Marta, è informato della ultra decennale realtà della diocesi ligure. Una situazione pare unica in Italia – lasciamo da parte il capitolo scandali con sacerdoti arrestati, denunciati, inquisiti e le pecore nere – da quando sulla cattedra che fu di De Giuli, Baroni e Piazza, dal 1946 in poi, siede un prelato che l’avrebbe trasformata in ‘centro di lefebvrismo‘. Cosa significa? Quali conseguenze? E’ fresco l’allontanamento dallo Ior del cardinale Calcagno (già Vescovo di Savona) che alla sua nomina fu ‘celebrato’ come un divo (Secolo XIX) dalla testa ai piedi.
Il prof. Vittorio Coletti, pur non essendo cronista di strada e del ‘palazzo’, poco addentro a ‘segrete cose’ che gli spalancherebbe altri e più interessanti scenari e commenti, ricorda come monsignor Mario Oliveri “accolga in buon numero sacerdoti che vengono da lontano non solo per luogo di nascita, ma soprattutto per formazione, cultura: uomini (polacchi, indiani, argentini…) che hanno ricevuto un’educazione religiosa in seminari stranieri culturalmente e politicamente fermi agli anni Cinquanta e che credono o fanno credere che la fortuna del prete è ancora legata in occidente al prestigio dell’abito“.
Argomenta Coletti : “Potrebbero andare in Africa o restare a casa loro, dove c’è mancanza di sacerdoti ancora più che in Italia. Invece vengono qui perchè il posto è buono, la paga decorosa, e si dà una mano alla famiglia. Vanno in giro in divisa come i preti preconciliari, diversamente da quelli locali di sessant’anni, che, ancora suggestionati dal consiglio della loro formazione, continuano a vestire borghese e si mescolano nel sociale. Ma, più degli stranieri, sono spinti nell’ostentare modi, cultura e abiti tradizionali i preti nostrani giovani e giovanissimi. Costantemente in tonaca inappuntabile, perfettamente sbarbati e pettinati come se uscissero appena allora da un barbiere che non fa economia di profumo, eleganti e manierati nei gesti, se li senti predicare ad un funerale deprimono coscienziosamente i parenti del morto, perchè il cosiddetto Dio dell’amore è ai loro occhi assai incazzato e non più disposto a sopportare oltre le debolezze umane”. Più avanti Vittorio Coletti, dopo aver osservato che buona parte di chi va a messa ‘vota serenamente Berlusconi’ – non è certo il simbolo delle virtù cristiane -, invita i lettori ‘a capire questi pretini in quanto penseranno perché uno oggi dovrebbe farsi prete se poi non deve aver prestigio, identità, divisa ?….”
Si potrebbe obiettare che ‘non è l’abito a fare il monaco’, anche tra i levebriani ci saranno apostoli di Dio, possono essere iscritti nell’album di ‘santi, poveri, umili e martiri’ conosciuti nella sfortunata diocesi di Albenga-Imperia. Forse molti di noi erano ancora bambini quando le figure centrali delle nostre comunità erano tre: il parroco, il sindaco, il maresciallo dei carabinieri. Nei centri minori anche il direttore o la direttrice dell’ufficio postale. Tuttavia pure in quel periodo non mancarono esempi, senza andare lontano, in cui vizi, o vizietti, peccati di lussuria, offuscavano certe talari. Parroci che morendo hanno lasciato ‘fortune’ ai parenti. Altro che pratica della povertà!
E’ probabile che molti siano in disaccordo, sul piano pratico, ecclesiastico, parrocchiale, catechista, di assistenza spirituale, alle tesi di ‘scomunica totale‘, senza eccezioni, che un quotato analista (Colletti) espone e giudica in modo tanto esplicito. Una questione di metodi, più che sostanza? Insomma cosa si aspetta la comunità, facendo una graduatoria, dai suoi parroci, dai suoi sacerdoti?
Coerenza al Vangelo, alla dottrina, allo stile di vita? Difficile non domandarsi – anzi i primi a chiederselo pare siano stati proprio altri vescovi, cardinali – per quale ragione proprio durante l’episcopato Oliveri ci siano tanti extra savonesi, imperiesi, genovesi che vengono ad incardinarsi nella nostra diocesi. E facendo un ritratto dei protagonisti emergono e sono emerse, deflagrati, dolorose, problematiche. Solo in parte svelate.
Di recente lo studioso Pietrangelo Buttafuoco, a proposito di papa Bergoglio, ha scritto: “E’ più testimone dello Spirito del Tempo che dello Spirito Santo. Papa Francesco, alla luce della scorsa Epifania, ha suggerito la furbizia per dare sapidità alla fede, ma più che il pontefice di Santa Romana Chiesa è sembrato essere solo un collega del Dalai Lama, dunque un pop star. …E un pio ceffone, Papa Bergoglio se l’è preso dal patriarca Kirill che non ‘cede al canto delle sirene mondane’. Se il Papa di Roma apre agli omosessuali in tema di stato di famiglia, Sua Santità di Mosca e di tutte le Russie, nella celebrazione del Natale Ortodosso, il 7 gennaio, papa gli ha tirato le orecchie: Il diritto a professare la propria fede cristiana è violato in un occidente ossessionato con le questioni dei diritti umani.”
Mario Oliveri è ad Albenga da 24 anni. Anni di grande disagio e malessere, sofferenza, per quella generazione di sacerdoti cresciuti in seminario dove l’omosessualità non era tollerata. Ai seminaristi, dalle medie a fine liceo, si cambiava posto una volta in settimana: nell’aula di scuola e di studio, in camerata, nel refettorio, nella cappella, nel procedere in fila durante le ore del ‘silenzio’. Vietato tenersi per mano camminando o conversando. Vietato tenere le mani in tasca. Vietato intrattenersi con compagni più adulti. Grande attenzione dei prefetti, del vice rettore e del rettore verso sospetti di tendenze omosessuali. Nessun compromesso. Tollerenza zero. Al primo segnale si era inviatati a lasciare il seminario dopo aver convocato i genitori. Per decenni nella diocesi di Albenga- Imperia (non parliamo di Savona dove sono emersi con fragore storie di abusi sessuali e pedofilia) scandali di perversioni di sacerdoti ai danni di minori si contavano sulle dita di una mano.
In compenso dal dopoguerra ad oggi, nella stessa diocesi, risultano 19 (?) preti che hanno messo al mondo figli, figlie. Alcuni hanno riconosciuto la paternità, in altre circostanze ha prevalso il ‘falso pudore’. Laviamo i panni in casa nostra da parte degli adulti.
Un ultimo particolare di cronaca vera. A fine maggio (tra il 21 ed il 25 ) alcuni giornali, web e blog, pubblicarono la lettera di 10 sacerdoti della diocesi di Albenga-Imperia contro le ‘maldicenze‘. Anche trucioli.it riportò, in un secondo tempo, la lettera NOTIZIA DA IVG.IT (editore Matteo Rainisio): 10 sacerdoti sottoscrivono documento per disinformazione e maldicenze del 22 maggio 2013. Leggi … Fonti confidenziali, nell’ambito di apparati dello Stato, raccolsero informazioni sul fatto che i promotori erano un paio di sacerdoti i quali convinsero a firmare anche coloro che in cuor loro non condividevano la presa di posizione in quei termini. L’autore ha citato, pare per inesperienza, tre peccati gravi che, a suo dire, vanno di moda tra i giornalisti e chi fa informazione nel savonese, nell’imperiese. Eccoli: ‘disinformazione, diffamazione e calunnia‘.
Non c’è dubbio che i ‘don’ sono prima di tutto ‘predicatori del Vangelo‘, al servizio dei credenti e dei praticanti, ricchi e poveri, ma anche cittadini della Repubblica. Con diritti e doveri. Diffamazione, calunnia possono e devono essere perseguiti. Non restare impuniti, odiosi e vigliacchi se praticati attraverso lo “schermo dell’anonimato, propalando pseudo notizie, sospetti, voci, allusioni, con un generico, ma potente effetto di denigrazione e di discredito“.
I diffamati, i calunniati (preti e non) hanno il dovere morale e civile di presentare quantomeno querela affinché la giustizia faccia chiarezza. E se proprio vogliono combattere quella che, dalla lettera dei vicari foranei, sembrerebbe ‘criminalità della disinformazione‘ che perseguita la comunità ecclesiale della ‘Diocesi più chiacchierata d’Italia‘ (fonte: prime pagine del Secolo XIX e relative locandine esterne alle edicole), le cause civili sono un duro banco di prova, lontano dai riflettori, ad iniziare dalle udienze, all’audizione dei testimoni. Chi è colpito rischia grosso col portafogli.
Non sappiamo quante querele il Vescovo Oliveri o la Curia abbiano presentato e quali sia la sorte. Il Papa ha di recente detto: ” Diventare vescovo o cardinale non è una promozione, un privilegio, ma un servizio“. La trasparenza, oltre a essere predicata dal pulpito, sia un esempio di vita, di apostolato, di amministrazione della chiesa. Si rendano pubblici, come in qualche caso avviene, i bilanci delle parrocchie, della diocesi, della associazioni di carità, di assistenza.
Concludiamo con un passo significativo dell’intervista scritta (domande e risposte) rilasciata due anni fa a Radio Onda Ligure di Albenga che spesso ospita personaggi di spicco e delle istituzioni della nostra Provincia. Non poteva mancare il vescovo Oliveri.
Domanda – Quest’anno ha iniziato il suo ventitreesimo anno di episcopato nella nostra Diocesi di Albenga-Imperia, un tempo importante per dare un’impronta continuativa alla vita ed alla pastorale della nostra terra : quali sono stati ad oggi i pesi maggiori di questo servizio e quali le gioie?
Risposta – E’ vero: ho fatto di tutto in questi abbastanza lunghi anni per dare un’impronta continuativa alla vita ed alla pastorale della nostra terra, della nostra Diocesi: continuità nella grande fedeltà alla Tradizione della Chiesa, fedeltà nel ricevere e nel trasmettere tutto ciò che la Chiesa ha creduto, professato ed insegnato nei secoli della sua storia. Il peso maggiore di questo servizio episcopale si prova quando si fa fatica a far accogliere positivamente, da tutti, questa impostazione, dalla quale ho sempre ritenuto di non poter prescindere. Le gioie mi sono venute invece dal constatare che in massima parte e davvero da molti questa impostazione è stata ben accolta ed ha dato i suoi frutti, frutti spirituali, frutti soprannaturali. Certamente continuerò su tale linea.
L.Cor.