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Elezione presidente Camera e Senato: mossa da campagna elettorale?


Un’analisi minimamente approfondita e distaccata dal contingente ci indica come, quanto avvenuto ieri alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica con l’elezione dei rispettivi presidenti, si sia aperta la strada, con ogni probabilità, al rinnovo del turno elettorale nel breve periodo (alcuni giornali indicano stamattina la data del 30 giugno – 1 Luglio).

Nella scelta di personalità “nuove”, davvero alla prima esperienza parlamentare pur essendo provviste di curriculum professionali di assoluto rispetto, il PD avrebbe realizzato due elementi: il primo quello dell’impossibilità di presentare un personale politico protagonista di un completo coinvolgimento – anche sul terreno soggettivo – della profonda crisi istituzionale e politica che attanaglia il Paese, ormai da moltissimi anni; il secondo quello dell’impossibilità di andare alla formazione di un governo sostenuto da una base parlamentare sufficiente a garantire un minimo di smarcamento da quella che è stata l’esperienza del governo tecnico.

I voti che, al Senato, uno spezzone del Movimento 5 Stelle ha fatto pervenire alla candidatura di Pietro Grasso, infatti, non risultano sufficienti (dato e non concesso che il fatto possa ripetersi: adesso vedremo gli sviluppi di questa situazione ai vertici del Movimento stesso) a delineare qualsivoglia ipotesi di governo e il voto di ieri pare aver sospinto sempre di più l’area di centro verso il centrodestra: un’area di centro in piena fibrillazione per via, soprattutto, della frustrazione delle davvero eccessive ambizioni del suo leader, mentre il centrodestra classico appare del tutto immobilizzato dall’obbligo di restare agganciato al calendario giudiziario di Berlusconi (non a caso si sono avute avvisaglie di smarcamento da parte della Lega Nord).

Il dato più interessante, però, che emerge da questa convulsa fase politica è rappresentato dall’emergere, in questo caso davvero, di un vero e proprio punto di “rottura” al riguardo della scelta del personale politico: l’era della personalizzazione incentrata sulla figura più o meno carismatica del leader, possessore di un “partito personale” appare al tramonto, e sorge forte l’esigenza della ricostruzione di un “gruppo dirigente”, di un insieme di figure nuove quale espressione di un’esigenza di rinnovamento della classe politica, uscita fortissima dalle urne del 24-25 Febbraio scorsi.

Come questa esigenza, al di là della mossa compiuta dal PD in questo frangente, potrà essere assolta rimane tutto da determinare (la “rottamazione” potrebbe aver già divorato i suoi figli?) : soprattutto in relazione ad un’ipotesi di ulteriore riallineamento dell’intero sistema politico e degli attori agenti al suo interno anche nell’ipotesi di tempi brevissimi nel ritorno al voto.

Una situazione di incertezza, aggravata in più dall’incombenza – obbligatoria – dell’elezione del Presidente della Repubblica e da quella –necessitata – della modifica della legge elettorale.

Una situazione di incertezza nella quale rischiano di bruciarsi molte delle ipotesi politiche che pure erano state presentate alle elettrici e agli elettori ,nel recentissimo passato, come innovative e foriere di un riavvicinamento nella relazione tra società e politica.

E’ possibile che lo scenario fin qui delineato si riveli, alla fine del tutto irreale, ma è certo che si sta aprendo una nuova, ennesima, fase di transizione dai contorni assolutamente incerti. Intanto la crisi macina nella sua azione di impoverimento generale, dell’emergere di ulteriori focolai di disperazione sociale, di vera e propria “ricollocazione di classe” all’interno della dinamica sociale. E’ questo il punto che ci deve interessare, costatando amaramente che, all’interno della dinamica politico – istituzionale, non sia presente alcuna soggettività politica che si faccia carico del livello di contraddizioni reali assumendole in una dimensione anticapitalistica, del tutto alternativa alla tragedia dell’esistente.

Franco Astengo


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