Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La palmetta ‘giudiziosa’ di Loano chiede aiuto


Qualcuno, abituato (si fa per dire) ai miei scritti, sempre dedicati ad argomenti seri e concettosi, pare si sia convinto che io sia serioso e impegnato. E, allora, per smentire quest’impressione, forse perché sta uscendo la nuova edizione di Condizionati a Credere e perché intanto sto invecchiando, ho pensato di raccontare una storia lieve e, per ora, a lieto fine.

 

E’ la storia di una palmetta nata in aprile sul lungomare, di fronte all’ingresso dei Bagni Regina, a due passi dalla Marinella. Una palmetta spontanea, verde e vigorosa, cresciuta tra l’asfalto della strada e il cemento armato della passeggiata, nel posto più incongruo che esista. Dopo qualche settimana, naturalmente, è passato qualcuno che ne ha percepito l’incongruità e l’ha tagliata. Non so se fosse accusata di divieto di sosta in una zona di rimozione forzata, o semplicemente di essere incongrua, di non essere autorizzata a vivere, neanche fosse un’erbaccia. Così è scomparsa e a me è dispiaciuto perché la sua incongruità mi piaceva.

Ma la storia non finisce qui: perché la palmetta, tagliata alla base, non è morta: anzi, è ricresciuta più vispa di prima. E allora ho pensato di raccontarne la storia e la discendenza.

Ovviamente non so da dove arrivino i suoi antenati remoti, ma ho conosciuto un suo bis-bisnonno, che viveva da solo, giusto a levante di casa mia, a un metro dal muro, ed era così modesto e solitario che qualcuno lo chiamava “la scopa”. Dopo una trentina d’anni di vita sofferta, la scopa è stata abbattuta. Ma aveva fatto in tempo a far germogliare nel mio giardino una decina di discendenti, oggi alti più di dieci metri: malgrado la discendenza non sembrano scope, sia perché sono in compagnia, sia perché siamo abituati a vederli in zone ben più nobili di Loano, quali Beverly Hills e le Hawaii. E mi devo difendere dalla loro capacità di procreare, perché altrimenti nel giardino ce ne sarebbero una cinquantina.

Ma questo nuovo venuto, oltre la strada, tra asfalto e cemento, capace di risorgere dalle proprie radici, mi sembra un’altra cosa, un’altra vita.

Una vita che, in un momento in cui è di moda parlare della natura come se ci fosse nemica, solo perché qualche acquazzone ci punisce di essere stati imprudenti e imprevidenti, come se fosse colpa sua anziché colpa nostra, mi sembra davvero simbolica.

Ecco perché ne ho parlato, ecco perché le ho scattato anche una foto. Perché non dubito che, presto o tardi, il castigamatti che l’ha tagliata la taglierà di nuovo: mentre ho tanto l’impressione che a noi servirebbe di più offrirle un gesto di ammirazione e di reverenza. Magari unito all’aiuto a farsi spazio, a proteggerla in qualche modo.

Perché si potrebbe considerarla per ciò che è: un regalo della natura, capace di vivere perfino a nostro dispetto.

Filippo Bonfiglietti


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