Sono centinaia gli scienziati, i tecnici, i piccoli imprenditori che, tra sogni, progetti e realtà, stanno consolidando una nuova fase dello sviluppo: un’economia che s’ispira e segue la natura, produce (anche ricchezza) e non distrugge. L’economia blu è una rivoluzione culturale che valorizza le soluzioni tecnologiche e imprenditoriali nuove che aiuteranno ad avere un futuro più prospero e sostenibile. Punta sullo scambio di conoscenze, e parte dalla considerazione che 3/4 del pianeta è costituito da risorse acquatiche. Blue Economy significa anche generare più posti di lavoro e più opportunità economiche, provenienti dal mare e dalle risorse costiere. Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia: «È una rivoluzione alla portata di tutti, che dal basso potrà cambiare il mondo».
La green economy diventa blue. Blue economy come evoluzione della green economy: non solo riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ma emissioni zero, e minore impiego di capitali (guarda il video su YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=1af08PSlaIs)
100 milioni di posti di lavoro. Gunter Pauli, economista e imprenditore belga, fondatore della “Zero Emissions Research Initiative”, è il teorico della blue economy. Ha raccolto in un libro centinaia di progetti di business in varie fasi di attuazione. Il libro, pubblicato dalle Edizioni Ambiente, si intitola Blue Economy – 10 anni, 100 innovazioni, 100 milioni di posti di lavoro (l’ultimo dato è una proiezione di Pauli, di qui a una decina d’anni, nel mondo).
Plastica insostenibile. «L’economia verde è costosa, richiede investimenti, le rinnovabili ed esempio sono oggi meno convenienti dei carburanti fossili. La blue economy vuole rispondere alla domanda di bisogni primari utilizzando quel che è già disponibile, offrire di più spendendo meno risorse, eliminando alcuni simboli delle nostre produzioni e dei nostri consumi che sono totalmente insostenibili, come ad esempio le bottiglie di plastica, le lame dei rasoi usa e getta con le quali buttiamo via 100mila tonnellate di titanio per avere una buona rasatura» (Gunter Pauli).
Il mare in Italia. In Italia – clima in gran parte temperato, 7.458 chilometri di coste – la blue economy si declina bene con il mare. Sono allo studio diversi progetti, qualche avventura imprenditoriale è già partita.
I ricci fanno le pulizie.
Enrico Cantamessa, 27 anni, laureato in Scienze ambientali marine a Genova, per due anni si è dedicato a una ricerca sul campo. Ha creato un allevamento sperimentale di ricci di mare, nelle acque di Lavagna, ne ha seguito la crescita e l’azione di pulizia naturale dell’ambiente in cui vivono. È passato quindi a indagare i meccanismi della natura utili anche all’uomo, per migliorare l’ambiente, ridurre gi sprechi e l’inquinamento.
Ecotour in canoa. È ligure anche Luca Tixi, anche lui si è laureato in Scienze ambientali marine ma non fa ricerca: a 27 anni ha avviato un’attività di ecoturismo in canoa, la “Kayak outdoor Portofino”, che spiega così: «Ho trovato un’azienda produttrice di canoe, la Exo, disposta a sponsorizzare il progetto fornendo un parco di 25 imbarcazioni. Ho sistemato il centro nautico in un vecchio magazzino, a Paraggi. Ho investito meno di 10mila euro. Abbiamo già stretto accordi con il Wwf per offrire ecotour nei loro campi estivi. L’educazione ambientale è un settore su cui puntare». Un’escursione di due ore costa 25 euro. Una giornata intera, comprese altre attività, 45 euro.
Un tesoro dalle alghe. Sono avanzate le ricerche per produrre biofuel, farmaci e biocosmetici con le alghe marine. Angelo Fontana, dirigente di ricerca dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Napoli: «Abbiamo trovato un principio, la joromicina, che si trova in un mollusco marino, utilizzato per un farmaco antitumorale già in fase di sperimentazione sull’uomo negli Stati Uniti. Stiamo lavorando anche su antinfiammatori e immunostimolanti tratti da organismi marini».
Biofuel dalla diatomee. Diatomee: microalghe determinanti per la fotosintesi nei mari. Cibo di larve, pesci, piccoli organismi, sono utilizzabili per produrre biofuel. Lo studio è in fase avanzata, finanziato con fondi pubblici e privati.
La colza e le alghe. Redditività della colza (pianta da cui si produce biofuel): 2 tonnellate a ettaro. Redditività delle alghe: 40 tonnellate a ettaro.
Nylon da riciclare. Riciclare le reti per la pesca: se ne occupa l’azienda trentina Aquafil, che con un investimento di 17 milioni di euro ha realizzato il sistema di riciclo Econyl con cui ricicla il nylon per produrne di nuovo. Perché di nylon ogni anno ne finiscono in discarica circa quattro milioni di tonnellate.
Il mare in bottiglia. Imbottigliare l’acqua del mare: l’idea è venuta a Andy Inglis, ex funzionario dell’Onu e dipendente part time del Dipartimento per lo sviluppo internazionale. L’acqua è quella del Mare del Nord che lambisce l’isola di Berneray, nell’arcipelago scozzese delle Ebridi. Dopo essere stata filtrata e analizzata, è messa in commercio. Gastronomie e chef i clienti principali: l’acqua di mare si usa ad esempio per far bollire granchi e aragoste, o scampi, come fa il pluripremiato ristorante Noma di Copenhagen. Il prezzo è di circa 6 euro a bottiglia.Acquamara l’etichetta. Inglis cerca un finanziatore che, con 200mila euro, «faccia fare all’impresa il salto di qualità».
Le spugne meglio della fibra ottica. Altri progetti in corso all’estero: in Canada un team di ricercatori sta studiando le pinne delle balene per migliorare le pale di aerei e generatori eolici. Negli Stati Uniti è in corso una ricerca sulle spugne di mare, che creano fibre di vetro in grado di trasmettere la luce meglio delle fibre ottiche, sono più resistenti e flessibili. Sono anche chimicamente poco complesse, e quindi riproducibili. In Colombia Jorge Reynolds, ingegnere elettronico laureato a Cambridge, studia il modo in cui i cetacei generano elettricità, per eliminare le batterie dalle apparecchiature mediche e dai giocattoli.
Non solo mare. Ma la blue economy descritta da Pauli naturalmente non è solo mare. Nel libro non mancano gli esempi per imparare dalla natura: tutta. Per esempio imitando il cuore della balena, che pompa sangue per 80 anni con appena 6 volt, o il manto bicolore della zebra che crea micro-correnti in grado di regolare la temperatura. Ma arriveremo davvero a produrre cellulari senza batteria che si caricano con il calore del corpo e le vibrazioni della voce, o a sostituire le lame in metallo dei rasoi usa e getta con fili di seta? Pauli spiega che non sono idee impossibili: da qualche parte nel mondo abbiamo già cominciato a metterle in pratica.
Da VoceArancio