Sparita la questione morale? Forse serve un partito manageriale? Tra arresti (ultima ‘bomba’ a Genova con Toti e C.) e condanne, quale assoluzione, la politica italiana ha perso il senso dell’onestà? La proposta del partito manageriale: utopia o necessità?
di Antonio Rossello
In Italia, la “questione morale” sembra essere scomparsa dai radar della politica. Politici di alto livello finiscono ai domiciliari, condanne penali quasi da curriculum, eppure l’indignazione popolare sembra essersi spenta. Sono definitivamente scomparsi gli aneliti che talora in passato avevano portato migliaia di persone in piazza a chiedere onestà?
Come mai questa disaffezione? La guerra in Ucraina, la crisi idi Gaza e le tante emergenze nazionali sicuramente distraggono l’attenzione, ma non possono giustificare l’assuefazione a comportamenti illeciti da parte dei rappresentanti del popolo.
Di fronte a simili scenari desolanti, in alcuni circoscritti ambiti di discussione taluni hanno a volte ipotizzato la nascita di un partito manageriale. Un’idea che, al solo nome, suscita diffidenza, evocando immagini di tecnocrazia e distacco dalla realtà dei cittadini. Ma cerchiamo di capire meglio di che cosa si tratta nel dettaglio, perché, al netto delle parole, a nostro avviso si è fatta molta confusione.
Il concetto di partito manageriale- L’idea di un partito strutturato come un’azienda non è nuova. Già nel passato si era discussa la possibilità di creare una formazione politica che gestisse l’attività con logiche manageriali, basandosi su:
Formazione manageriale dei quadri: competenze specifiche e aggiornate per chi ricopre ruoli di responsabilità;
Selezione delle candidature su base meritocratica: via libera ai migliori, con un vaglio attento di competenze ed esperienze;
Trasparenza assoluta nei meccanismi interni: niente zone d’ombra, tutto alla luce del sole per garantire la fiducia degli elettori.
Perché il partito manageriale non è decollato?
Nonostante le buone intenzioni, l’idea del partito manageriale non ha mai trovato terreno fertile in Italia. Le ragioni sono diverse:
Mancanza di una leadership carismatica: un partito, per avere successo, ha bisogno di un leader capace di ispirare e coinvolgere. Un manager, per quanto competente, potrebbe non avere le doti giuste per ricoprire questo ruolo.
Scarsa partecipazione dei cittadini: la politica non è solo gestione, ma anche passione e coinvolgimento popolare. Un partito manageriale, troppo focalizzato sull’efficienza, potrebbe rischiare di rimanere distaccato dalla base.
Diffidenza verso le novità: l’elettorato italiano è tradizionalista e diffida dei cambiamenti radicali. Un partito strutturato in modo così innovativo potrebbe fare fatica a conquistare la fiducia dei cittadini.
Lezioni dalla storia: il PCI come esempio
Paradossalmente, l’esperienza del Partito Comunista Italiano (PCI) offre una lezione interessante. Nonostante l’ideologia marxista, il PCI si distingueva per la sua organizzazione efficiente e la formazione capillare dei quadri. Un modello che, pur con le dovute differenze, dimostra che i principi manageriali possono avere successo anche in politica.
Conclusioni: serve un nuovo modello di politica?- L’idea del partito manageriale, pur interessante, ha sollevato diverse criticità. Forse la soluzione non sta nel creare un nuovo partito, ma nel riformare quelli esistenti, adottando alcuni dei principi manageriali come la meritocrazia, la trasparenza dei meccanismi che determinano il funzionamento interno e la gestione del finanziamento pubblico, nonché eventuali sovvenzioni private, e da ultimo la formazione continua.
In un panorama politico dominato da promesse spesso disattese, è fondamentale guardare oltre le parole e valutare i fatti. Solo così si potrà costruire una politica veramente fattiva e responsabile, basata sul senso di legalità e sul rispetto del bene comune.
Oltre al partito manageriale, quali altre soluzioni potrebbero essere adottate per contrastare la disaffezione verso la politica e recuperare il senso della questione morale?
Riforme del sistema elettorale: per garantire una maggiore rappresentanza delle diverse voci e ridurre l’influenza dei poteri forti;
Maggior rigore etico nella selezione dei candidati: con controlli più stringenti sui requisiti morali e patrimoniali;
Potenziamento degli organi di vigilanza: per garantire un’azione di controllo più efficace e indipendente;
Educazione civica nelle scuole: per insegnare ai giovani l’importanza della partecipazione politica e del rispetto delle regole;
Maggiore coinvolgimento dei cittadini: attraverso strumenti di democrazia diretta e partecipazione attiva ai processi decisionali.
Solo con un impegno concreto, in un momento in cui la fiducia nelle istituzioni è al minimo, è essenziale cercare nuove soluzioni per rispondere alle esigenze della società. Il partito manageriale potrebbe non essere la risposta definitiva, ma il dibattito su nuove forme di gestione politica deve continuare, alla ricerca di soluzioni concrete e innovative per affrontare le sfide del presente e del futuro.
Antonio Rossello