Anna Maroscia fa il bilancio della manifestazione al Priamar, dove la bellezza della Natura si è sposata alla cultura ed all’economia coinvolgendo anche le scolaresche locali.
di Gianfranco Barcella
Dott. Maroscia lei è stata l’ideatrice e la promotrice della manifestazione “Fiori e Colori” che si è appena conclusa sul Priamar. Può già stilare un primo bilancio?
“Sono contenta dello svolgimento dell’iniziativa che ha avuto anche molti riscontri di stampa oltre che di pubblico e questa gioia per i risultati ottenuti mitiga la mia stanchezza. Ho profuso infatti un impegno notevole per l’organizzazione la realizzazione della stessa. Ho voluto sottolineare l’importanza che riveste l’agricoltura nella nostra provincia savonese. Si producono infatti sulla nostra terra, piante aromatiche e officinali, per non dimenticare la splendida floricoltura. Le piante provenienti da varie aziende della Confagricoltura e della Confederazioni Agricoltori con il coordinamento del vivaista Vincenzo Rebella sono state esposte nel Piazzale del Maschio del Priamar, la fortezza che si staglia sulla città di Savona con la sua imponenza. L’allestimento è stato curato dalla facoltà di Architettura e Paesaggio dell’Università di Genova ed in particolare per opera della professoressa Francesca Mazzino e del Prof. Fabio Manfredi e messo in opera dagli studenti della stessa Facoltà Universitaria. Il Palazzo del Commissario ha ospitato al piano terreno l’EDFA, ente esecutivo dell’IIDEFA, prestigioso istituto italiano per la Decorazione Floreale, i cui insegnanti e soci hanno realizzato composizioni floreali di grande pregio artistico, raggruppate, raggruppate sotto la dizione: “Savona, storia, tradizioni, territorio,provincia interpretati con fiori e colori”.
Al primo piano del Palazzo è stata allestita un’importante mostra di opere di artisti, provenienti da ogni parte d’Italia, appositamente selezionate per l’attinenza al tema naturalistico dal noto critico d’arte Giorgia Cassini. Mi permetta di aggiungere che il binomio cultura-economia in cui ho sempre creduto è stato considerato dall’ortodossia accademica con sospetto e forse anche con disprezzo, fino a qualche decennio fa. Giocavano a sfavore l’idea che il prezzo o il denaro rappresentassero uno svilimento della cultura, oppure i più avveduti pensavano che questo connubio fosse ancora scientificamente inadeguato, per ragioni diverse.
Si citava l’economista classico David Ricardo che escluse dalla sua analisi i beni culturali, non avendo i caratteri peculiari che si prestassero ad una analisi scientifica; infatti la creatività genera beni simbolici, arricchendoli solo di una componente puramente intellettuale. Di certo in Italia, fino a qualche tempo fa, si è scelta la strada di una politica negativa, dimostrando negligenza verso la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali adducendo come scusante, la carenza delle risorse economiche. Occorre cambiare definitivamente rotta per orientarci verso un futuro fruttuoso, puntando sullo sviluppo di nuove politiche culturali. Infine bisogna evitare che la lotta per la supremazia sui mercati globali, la concorrenza internazionale e la guerra dei prezzi possono indurre perfino a lasciar deperire le industrie culturali locali.
Ho già detto che l’imprenditore, in quanto agente di sviluppo assume anche un ruolo di mediatore culturale nel territorio in cui opera e dalle strutture pubbliche deve essere incentivato a fare sempre di più, aiutandolo a consorziarsi ed a fare fronte comune con la concorrenza e soprattutto deve essere orientato verso nuovi mercati. Non dimentichiamo che con la pandemia le PMI italiane in media hanno visto contrarre il proprio fatturato del 10,6% con un calo dei margini operativi lordi pari al 22,8%. Il turismo è uno dei principali fattori di sviluppo socio-economico per la Liguria e dovremmo sempre più incentivare il turismo culturale che induce ad entrare in contatto con elementi che caratterizzano una determinata area geografica ed in particolare la storia, l’arte, l’architettura, la cucina tipica, i prodotti dell’artigianato e della terra”.
Come valuta l’economia savonese in generale?
“La provincia di Savona è sempre stato un territorio produttivo capace di affrontare sfide e rispondere alle negatività locali e globali, in modo incisivo, nonostante le criticità esterne. Questo è il quadro che emerge anche dagli indicatori del 2022 in provincia di Savona, con un andamento più forte delle difficoltà locali (il sistema infrastrutturale e la debolezza politica del savonese) e di quelle internazionali (materie prime, costi energetici) ed un trend in controtendenza soprattutto nell’ultimo trimestre del 2022.
Questo è quanto si evince dai dati, forniti dall’Unione Industriali di Savona, in merito al report legato all’andamento economico del savonese. C’è da aggiungere però un dato su cui riflettere. Savona è la seconda provincia più popolosa della Liguria con 269752 abitanti. Rappresenta il 17,8% del totale degli abitanti della Liguria. Nel periodo 2011-2021 ha perso il 4,4% della popolazione contro una media ligure del -3,7%. Savona è la provincia più anziana d’Italia (età media 50 anni) e ha un indice di dipendenza degli anziani del 49,6% (Italia 37,5%, Ue 29,9%. Per ogni anziano in provincia di Savona, ci sono solo 2 forze lavoro. In Italia ce ne sono 2,7 . Nella U.E. ce ne sono 3,3”.
Il futuro non si presenta roseo…
“Occorre sottolineare però che la provincia di Savona si conserva la parte di Liguria che ha saputo reggere, meglio di altre zone, il contraccolpo post Covid., aggravato dalla crisi internazionale, l’inasprimento della guerra in Ucraina e le conseguenze delle sanzioni, il reperimento delle materie prime e il caro energia. Adesso però, e con questo concordo con i vertici dell’Unione industriali di Savona, serve un cambio di passo dall’interlocuzione istituzionale, ancora troppo lenta rispetto alle necessità di chi fa impresa”.
La Società Dante Alighieri continua la sua preziosa opera soprattutto a servizio dei giovani.
Nel Savonese c’è una bassa percentuale di laureati residenti: solo il 15,2% della popolazione ha una laurea contro una media regionale del 17,6% del 17,3% del Nord Ovest e il 17,2% nazionale (dati Censis– Fondazione De Mari). Inoltre persiste il problema di attrarre laureati di ritorno: dei 6.641 cittadini residenti nella provincia di Savona e iscritti all’Università nel 2921, il 42% studia fuori dalla Regione Liguria, ossia 2.788 unità. A distanza di dieci anni il dato è raddoppiato: nell’anno accademico 2010/2011 la quota di iscritti in atenei fuori regione era il 22,4%, circa 20 punti percentuali in meno di oggi. C’è quindi una grande <fuga> che tuttavia non sembra prevedere una strada per il ritorno. Non a caso, Savona è la provincia italiana con la più bassa incidenza di 25-40 enni sul totale della popolazione (14,3%, contro il dato medio nazionale del 17,6 %). c’è ancora da sottolineare che tredici ragazzi su 100 neppure si diplomano, dei restanti 87 che concludono il percorso delle secondarie di secondo grado, 8 si diplomano ma non hanno le competenze minime per trovare un lavoro coerente con il diploma, né hanno le competenze per poter affrontare un percorso universitario (dati Openpolis, Save the Children).
Sul fronte del lavoro nel 2020 si sono persi circa 4000 posti. Il 2021 ne ha recuperati poco più di 1.000. I primi nove mesi del 2022 indicano un forte recupero che riporta i dati dell’occupazione ai periodi pre-covid in particolare nei settori del turismo, della logistica, dell’industria e delle costruzioni. Nell’ultimo trimestre l’aumento del numero di ore di Cig (cassa integrazione guadagni e giovani che non studiano e non cercano lavoro) fa pensare ad una brusca frenata dell’occupazione che resta sostanzialmente bloccata tra l’ultimo trimestre del 2022 e tutto il 2023. Da parte mia metterò tutto il il mio impegno principalmente a loro favore con le pubblicazioni monotematiche, le conferenze dedicate a temi di loro interesse e soprattutto cercando di coinvolgerli sempre, con l’aiuto dei preziosi docenti della scuola savonese, sui principali tempi della storia locale e dell’attualità per favorire in loro, l’amore per la storia e per la nostra lingua (nello spirito della Dante) e nel contempo fornendo loro un aiuto per sviluppare un senso critico indispensabile per vivere consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri.
Non mi stanco mai di ricordare loro che la cultura rende liberi. Quello che apprendono ragazze e ragazzi oggi determinerà il futuro del nostro paese. E’ per questo motivo che investire sulle capacità e le competenze dei più giovani è così importante! In un mondo del lavoro che richiede competenze sempre più elevate, il livello di istruzione è spesso uno degli aspetti che più contribuisce a determinare la stabilità economica delle persone. Basti pensare che i territori con gli apprendimenti più bassi, generalmente coincidono con quelli con la quota più elevata di neet e viceversa. Non dobbiamo ridurci ad un Paese che preferisce troppo spesso invecchiare senza rinnovarsi. Ricordiamoci che il processo economico diventa sempre più dinamico e specialistico, puntando quasi esclusivamente sulla conoscenza e sull’innovazione”.
Chiudiamo con una nota di ottimismo: quali sono i comparti trainanti dell’economia savonese?
“Si vedono tendenze su comparti faro della nostra economia come logistica, turismo, industria e costruzioni seppur, in questo ultimo caso, con gli interrogativi legati al futuro degli incentivi statali. Dalla nostra provincia arriva un apporto concreto e decisivo al pil del Nord Ovest: la crescita percentuale del valore aggiunto 2022 su 2021 è stata la migliore in Italia, secondo solo alla provincia di Milano e allo stesso tempo, le previsioni del 2023 evidenziano un tendenziale di valore aggiunto positivo, ponendo il savonese tra i tre territori migliori del Paese, quando le previsioni di fine anno danno 6 province su dieci in recessione. Questo grazie alla differenziazione produttiva: logistica, industria e turismo in grado di assorbire meglio le crisi rispetto a territori settorialmente più caratterizzati. La provincia di Savona conferma soprattutto il ruolo di locomotiva dell’economia turistica ligure producendo il 34% del valore aggiunto turistico ligure contro il 27% di Genova, il 20%di Imperia e il 19% della Spezia”.
Gianfranco Barcella