Il 4 agosto 2022, il Fatto Quotidano–on line, dove sono ospitato con un Blog, ha pubblicato il mio pezzo, Elezioni, contro i lupi che perdono il pelo ma non il vizio io sto con Conte che sul giornale ha suscitato un ampio dibattito che ancora oggi continua, a due giorni dalla pubblicazione.
di Paolo Farinella, prete
È un fatto insolito in un quotidiano, dove ieri è storia e non più cronaca. Mi è parso un piccolo
segno della necessità di «politica» che sale dal paese senza trovare risposte, non solo adeguate, ma decenti. La confusione regna sovrana, la legge elettorale (ancora quella voluta da Renzi, come coronamento della sua schifosa controriforma costituzionale) che nessuno ha modificato, è fatta apposta per garantire l’ingovernabilità.
Dal 2008 gli elettori sono ologrammi di ombre cinesi senza consistenza: non eleggono alcuno, maconvalidano «i servi volontari» (Étienne de la Boetie, sec. XVI) che i segretari mettono al sicuro nei seggi certi, come se fossero proprietà private. Quella che dovrebbe essere Democrazia è solo una finzione elettorale con urne e schede che contano nulla, perché tutto è deciso prima. Così agiscono i mafiosi per il loro interesse, così agiscono i segretari dei partiti per i loro ignobili interessi. Voto di scambio nell’uno e nell’altro caso.
La conseguenza è che dal 2008, almeno, non abbiamo più avuto governi, nati dalle elezioni (uno vince e l’altro va all’opposizione), ma solo lobbies d’interessi scelti altrove, con la complicità dolosa di re Giorgio Napolitano I e II e poi di re Sergio I e II Mattarella. Questi ha l’aggravante di essere un costituzionalista e di essere stato Giudice Costituzionale.
Siamo messi pessimamente molto bene. Godiamo ed esultiamo. Il Pd ha perso l’anima o l’ha venduta al peggior offerente, facendogli anche lo sconto: Calenda, la destra della Confindustria, poi Brunetta, Gelmini, Carfagna, tutti allegri compagni e sudditi del satiro di Arcore, cattolico (sic!) esemplare di lenocinio, che non ha perso tempo a prendere ancora una volta per i fondelli i suoi stessi elettori: ponte sullo stretto di Messina subito; pensioni minime a 1.000 euro, pronta cassa, esattamente come il milione di posti di lavoro (nemmeno Marco Polo osò tanto) e infine 1 milione di alberi (2 in meno da provisti del Pnnr), ma forse ci riesce se fa eleggere i suoi ex compagni di affari della mafia (sentenza dell’Utri, Corte Cassazione, sent. n. 28225/2014): «[Dell’Utri] ha intrattenuto rapporti diretti e personali con esponenti di spicco di Cosa Nostra e … un’intensa e costante attività di mediazione tra questi e Silvio Berlusconi… vòlta, in un primo momento, a garantire all’ex premier protezione per sé e per la propria famiglia, e, successivamente, a sostenerne l’attività imprenditoriale e politica, in cambio di cospicue somme di denaro, che lo stesso Dell’Utri provvedeva a versare nelle casse di Cosa
Nostra, così contribuendo a consolidare il potere del sodalizio criminale».
Se B. li fa assumere tutti come picciotti di FI il gioco è fatto: «droga, evasione fiscale e pilu per tutti!». Cetto. La Qualunque funziona sempre, perché come disse un giorno lo stesso pregiudicato B. gli Italiani «sono c…..ni» (vedi Ansa.it del 4 aprile 2006),che tra l’altro fa rima con Berlusconi (© Roberto Benigni, v. la Repubblica, 23–12– 2002). Costui ha molto seguito tra i «cattolici da pasticceria» (papa Francesco) e anche tra il clero, alla faccia della
morale e della Dottrina sociale della Chiesa che impone di stare dalla parte dei deboli, della legalità, onestà, moralità.
Come fanno i preti a «dire Messa» se poi hanno pulsioni verso Meloni la fanatica di «Dio Patria e famiglia cristiana», lei che, da cattolica, è «in sintonia col Santo Padre», ma ha una figlia senza essere sposata (non lo avrei mai detto, se a Marbella, in Spagna non avesse gridato che difende solo la famiglia cattolica). È la teologia della coerenza! Salvini potrebbe essere assunto a Lourdes per vendere gadget, madonne semplici e ripiene d’acqua, rosari e angeli custodi razzisti e difensori della razza, avrebbe parecchi cattolici da acquasantiera e anche «comunistelli da sacrestia» (card. Alfredo Ottaviani).
È impressionante che mentre lestofanti, giocolieri da fiera, pregiudicati si appropriano del patrimonio cristiano e cattolico, nessuno del clero, della Cei, del fantomatico popolo sinodale insorga per dire come Giovanni Battista all’Erode di turno: «Non licet!». Silenzio, per un falso inteso che i preti non devono occuparsi di politica. Essi non leggono nemmeno i documenti dei papi. Pio XI in un discorso alla Fuci del 18–12–1927 disse: «la politica è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione,
essere superiore» (L’Osservatore Romano, 23–12–1927, p. 3). Chiara Lubich che fu attorniata da politici di grande caratura come Igino Giordani, Giuseppe Lazzati, tradusse tutto questo con «La Politica è l’amore degli amori»
(ALBERTO LO PRESTI, La Carità come logica politica, in Nuova Umanità, n. 233 [2019/1), 7). Il manuale «Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa», pubblicato nel 2004 da Giovanni Paolo II è il vangelo tradotto in politica, ma cardinali, vescovi, preti, diaconi, suore, frati e chierichetti/e non lo conoscono nemmeno, ma sono sempre pronti a giudicare ed etichettare chi non solo legge i documenti, ma li studia e li mette in pratica. Altro che «Chiesa, ospedale da campo».
Per le prossime elezioni, il voto, in base alle norme cattoliche, deve essere dato esclusivamente a chi offre programmi che hanno come fine primario il «bene comune», non a chi predica strumentalmente di difendere i valori cattolici che per primi trasgrediscono. I credenti non votano per difendere o condannare «beni parziali» (come fine vita, eutanasia, sessualità, convivenza, matrimonio, ecc.), ma esclusivamente «il bene comune», cioè la cornice essenziale che contiene i singoli beni parziali. La difesa degli aspetti settoriali si fa attraverso la
testimonianza, la coerenza, la vita esemplare in ogni aspetto umano, civile e sociale. Non difendiamo la religione, ma la libertà religiosa, assioma definitivo dopo il concilio ecumenico Vaticano II. Guardiamoci attorno e valutiamo l’albero dai suoi frutti, non dai nostri interessi, perché sceglieremmo uno «Stato confessionale».
Paolo Farinella prete