Una verità prima di tutto. Piero Ottone firma su “Repubblica” di giovedì 20 giugno a pag.ina V della cronaca genovese una interessante quanto condivisibile analisi, quella di “andarci piano” a “muovere rilievi al Comandante”. Questa volta purtroppo ci sono stati danni irreparabili con la morte di nove persone, e già la mattina dopo la tragedia tutti i mezzi d’informazione sparavano a 360 gradi alla ricerca di responsabilità su “una manovra sbagliata?”
Di volta in volta, tutti i giorni, sempre qualche nuova illazione…; il tutto ben ricordato dall’eccellente giornalista nel suo intervento. C’è da domandarsi se Piero Ottone è un ex, oppure ha parlato con qualcuno del mestiere, perché esattamente quanto ha scritto è stato da subito la mia personale valutazione.
Dirò di più: scrivevo già su www.truciolisavonesi.it del 10 aprile 2011 (vedi…), ricordando una odissea da me vissuta su una nave, la “Naess Falcon”durante un maremoto in Giappone nel lontano 1964 con relativo “tsunami”, cosa significa avere la “macchina, il motore, il cuore della nave”, in ordine oltre che efficente. Solo chi ha avuto l’onore e l’onere di essere stato responsabile di un ponte di comando è in grado di comprendere la tragicità del momento ascoltando la voce riportata del pilota (il pratico del porto) che parla con i rimorchiatori: “…mi manca la macchina!!!“per apprezzare finalmente una voce non ostile sul comportamento del Comandante da parte di un giornalista nel finale del suo intervento che volentieri riporto:
“Certo è che in un momento del genere il Comandante non si distrae, non pensa ad altro: pensa solo a prendere, fulmineo, la decisione che gli sembra giusta. Può sbagliare, certo: ma non per malizia, per leggerezza, per distrazione. Vi sono interrogativi di altro genere. Si poteva temere, prima della partenza dal molo di attracco, la possibilità di cattivo funzionamento delle macchine?
La nave si era staccata dal molo , abbiamo letto dai giornali, con alcune ore di ritardo. Perchè? La manutenzione di lungo periodo era affidabile?. Domande, queste, che riguardano l’armatore e, naturalmente, anche il Comandante, che è pur sempre il responsabile finale di quel che succede con la nave ai suoi ordini”. Compreso, aggiungo io per dovere di completa informazione, la conferma del capo macchinista, unico responsabile a bordo del corretto funzionamento delle macchine con le “prove di macchina” prima della partenza.
Tre domande pertinenti: una di queste ha, a mio avviso, scatenato il “terremoto” subito seguito da un “panico controllato” sul ponte di comando nell’impossibilità immediata di cercare di governare e correggere l’inerzia della traiettoria di un colosso di ferro che si dirige verso un bersaglio fisso occupato da persone al lavoro. Manovre di routine, come tante altre, eseguite tutti i giorni in tutti i porti, si effettuano con le dovute attenzioni e cautele. “Urtare ” contro la banchina capita, raramente ma capita, ogni volta per motivi e situazioni differenti. Ricordo ad esempio un incidente occorso (inizio anni 80) sull’angolo della precedente testata del molo foraneo del porto FIAT di Vado Ligure. Ero in banchina in qualità di responsabile dei carichi marittimi della FIAT, quando una piccola nave “carcarrier” francese, a causa del forte vento di tramontana, per ben due volte, prima da un lato, poi dall’altro, nel tentativo di attracco squarciava la fiancata nella parte centrale sopra la linea di galleggiamento.
Questa volta una nave, all’improvviso, senza possibilità di controllo, correttivi immediati da poter usufruire in una manciata di secondi, ha urtato contro una struttura portuale che, a quanto si è letto, è stata costruita con tanto di autorizzazione nel posto sbagliato rispetto a quello proposto inizialmente ma negato, bocciato.
Senza voler accusare nè scagionare alcuno, vogliamo considerare con un banale esempio come può essere programmata la rovinosa, improvvisa caduta per rottura del femore di una persona anziana? Si può evitare? E come?
Piero Ottone termina scrivendo: “Speriamo che le procedure della magistratura consentano di avere risposte in breve tempo”. E questo, a mio avviso, non solo è auspicabile, è doveroso.
POPOLO SOVRANO!!!??? MA PER FAVORE!!!!!
Pochi giorni fa capita di ascoltare e leggere sugli organi di stampa (ma solo per un giorno) dell’ennesimo pronunciamento negativo da parte degli stati OCSE nei confronti del nostro Stato. Siamo la “maglia nera” gli “ultimi – fanalino di coda” per quanto concerne la durata delle attese delle sentenze nelle cause civili. Ben 570 giorni sono la media italiana per ottenere la prima sentenza, il doppio della media degli stati membri. La media europea per le sentenze definitive è di 2,5 anni; quella italiana spesso supera i limiti dell’intollerabilità e finisce condannata dal tribunale dei diritti europei. C’è proprio da vergognarsi!
Lo stesso giorno il Presidente del Senato Grasso (ex magistrato) definisce la situazione da “girone dantesco” ricordando, tra l’altro, che in Italia è più facile, conviene “fare causa per non pagare”. E’ un sistema che favorisce la politica dei furbi/disonesti? Constatazioni già sentite e ripetute ormai da decenni. Le tante leggi soggette ad interpretazione, sommate alle gestioni … dei tribunali facilitano questa indegna situazione.
Ancora, lo stesso giorno, il Ministro della Giustizia Cancellieri afferma che è un “tema primario” da affrontare.
Cosa pensano di fare tutti, ma proprio tutti, in particolare coloro che “dicono” di rappresentare in Parlamento il POPOLO SOVRANO, per porre rimedio a quello che a tutt’oggi appare di chiara evidenza, cioè l’incapacità ma sopratutto la volontà di creare, modificare leggi per creare una giustizia degna di un paese civile? Non credo che questo popolo gradisca continuare a finanziare i rappresentanti istituzionali del potere legislativo così come quelli del potere giudiziario preposti a produrre efficienza i quali, invece, dimostrano nei fatti, troppo spesso il contrario.
Come a Noli, ad esempio, dal dicembre 2009 con le vicende di Via Belvedere. Giustizia penale e civile, con motivazioni che l’interpretazione del sistema indica e permette, sono ancora al palo in attesa del via libera per capire, in giudizio in un’aula di tribunale, chi e come si sia sbagliato. Chi è responsabile per i tanti danni causati, ancora oggi in uguale sofferenza. Nel contempo non fa piacere sentire sussurrare per strada questo tipo di considerazioni: “se ci fosse un magistrato od un politico locale proprietario o fuori casa… a quest’ora … dopo tre anni e mezzo…di niente… qualcosa di diverso ci sarebbe”. E’ voce del popolo sovrano nolese, quella che non ha interessi personali diretti nelle conseguenze finanziarie negative in essere, ma soffre, assieme alle altre altrettanto negative disfunzioni esistenti in Via IV Novembre, di quelle generali sulla inadeguatezza dell’accoglienza turistica. “Dal declino al degrado” ripeterebbe il giornalista Peter Gomez. Personalmente, anche in questo caso, piena condivisione. Sbaglio?
Carlo Gambetta