Claudio Bertieri è fra i critici cinematografici, del fumetto e pubblicitario dei più autorevoli, decano della categoria, giacché furoreggia dagli anni Cinquanta. I suoi interventi, le sue iniziative, le sue mostre, i suoi volumi, risultano talmente numerosi che – ci sia consentito precisarlo – un’intervista appare quanto mai complessa, inevitabilmente parziale, e potrà accennare soltanto qualche punto, ossia offrire qualche spunto. Bertieri fondò il Salone internazionale dei Comics in Bordighera nel febbraio 1965: (non il Salone dell’Umorismo fondato da Cesare Perfetti come erroneamente attribuito nella prima edizione del blog).
di Gian Luigi Bruzzone
Com’è sbocciata la passione cinematografica?
Tutto è nato da un vizio coltivato sin da ragazzo: il vizio di “guardare le figure”. Vizio, per altro, accompagnato da una mia buona disposizione per il disegno. Di conseguenza, interesse massimo per i fumetti (la vera “scoperta” della nostra generazione), per le illustrazioni dei racconti d’avventura, per le figurine, le vignette umoristiche, i cartelloni del cinema, e qualcos’altro ancora…
Quindi il cinema …
Del cinema ne è responsabile lo sfollamento a Santa Margherita Ligure causa i bombardamenti di Genova. La cittadina offriva due sale di spettacolo, il Centrale e l’Imperiale. Un invito da non perdere per chi sino allora si era immerso sino al collo soltanto nei racconti disegnati. Era d’obbligo il salto per scoprire quelli in movimento, ancora immersi in un assoluto bianco/nero, ma già si vociferava di un prossimo, magico film tedesco a colori, La città d’oro di Veit Harlan …
Prima critico di giornali, a partire dal 1947, poi di riviste, di enciclopedie, nazionali e foreste …
Prima però c’era stata la scoperta, per me determinante, delle serate settimanali organizzate dal Film Club Genovese, una istituzione nata sulle ceneri della intensa attività svolta in precedenza dai giovani del Cineguf. Un insieme di incontri tutti certo decisivi per un neofita quale ero quanto ai classici del cinema, muto e sonoro, al linguaggio sollecitante (e provocatorio) delle avanguardie, agli ingenui “cartoni animati” del periodo muto e tanto altro ancora. Non dunque solo il Potemkin, come direbbe Fantozzi … Dalla “Gazzetta del Lunedì” passai al concorrente “Il Piccolo” e quindi al “Corriere Mercantile”. Esperienze certo necessarie e interessanti per la crescita della professione, ma non del tutto soddisfacenti perché svolte entro schemi troppo di routine …
Quanti incontri… attori, registi, produttori …
Non ho mai particolarmente amato la mondanità o il divismo che ne è sodale compagno. Tant’è che il mio primo incontro con la mostra di Venezia l’ho vissuto con due amici, alloggiando in una pensione (tre a dormire in un camerone) e risparmiando la lira per poter prolungare la sosta al Lido. I festival, le diverse manifestazioni, hanno certamente favorito e intensificato conoscenze e amicizie, ma il non volermi distaccare definitivamente da Genova mi ha tenuto un tanto appartato, obbligandomi di conseguenza al ruolo del critico vagante, o viaggiante. Sempre però in auto o in aereo, mai in treno, con grave disappunto dell’amico Lele Luzzati che cercava di convincermi della bontà del muoversi su rotaie …
Il cinema ieri e oggi …
Aldilà della pandemia che ha davvero rivoluzionato le modalità di vivere il cinema, sia per la critica che per il pubblico, ritengo che un raffronto sia del tutto improponibile. Per dire: a Venezia, nella seconda metà degli anni ’50, i giornalisti accreditati alla mostra (quindi ospitati) eravamo un centinaio, o poco più; oggi sono migliaia (non ospitati) … Sino all’altro ieri nelle università il cinema non godeva certo di una favorevole ospitalità, quasi ogni anno nascevano nuove riviste di cinema, quotidiani e settimanali non mancavano di rubriche fisse di critica … Insomma, per molte stagioni il cinema ha occupato quel posto che oggi stampa e rete destinano alla televisione, alla musica, ai nuovi fenomeni sociali. Per capirci: i vari influencers, followers & C…..
Lei si è inoltrato in filoni sino allora inesplorati, alludo al cinema industriale, a quello sportivo, all’animazione …
Da sempre mi ha infatti intrigato un cinema defilato, trascurato perché non divistico, ma a mio giudizio di sicuro interesse e non apprezzato a sufficienza. Ci sono voluti anni perché si prendesse in seria considerazione il cinema di animazione (a parte, s’intende, il “mago” Disney, da sempre considerato un grande artista e non già un abilissimo manager), oppure il documentario, nonostante la lezione davvero magistrale di quello britannico, con John Grierson and Co., e -di conseguenza- il cinema del lavoro o cinema industriale che dir si voglia. D’altro canto, questa mia preferenza mi ha consentito più volte la preziosa esperienza di far parte di giurie specialistiche, nazionali o internazionali. Non ultima, quella di Venezia 1960, partecipata a fianco di quattro maestri del cinema: il già citato Grierson, lo statunitense Sidney Meyers, il ceco Bretislav Pojar, il francese François Reichebach. Quanto al cinema sportivo, altro settore che mi ha particolarmente sollecitato quale rifrazione del sociale, al quale ho dedicato diversi volumi, intrecciando l’agonismo al cinema e ai fumetti, ho diretto per una decina di stagioni l’internazionale SportFilmFestival di Palermo e ho progettato/allestito alcune mostre sull’argomento.
Quanto al cinema industriale, Lei è stato consulente della Edison-Volta e dell’Italsider e, prima, della Cornigliano…
Con funzioni però differenziate: a volte, occupandomi delle “human relations”, pertanto di iniziative destinate specificatamente al personale dell’azienda: cicli di film, introduzione a spettacoli teatrali, serie di conferenze, da cui è nato ad esempio il mio “30 anni di cinema italiano” , o altro ancora; a volte, e più di frequente, provvedendo invece alle comunicazioni dell’azienda rivolte all’esterno, quindi produzione di corti o medio metraggi (allora tutti in pellicola) o particolari pubblicazioni, in ogni caso realizzati in stretto rapporto con registi e tecnici della materia accostata. Non scordando, ovviamente, la attiva partecipazione a convegni, festival ed altri incontri che al tempo venivano organizzati nel corso dell’anno a proposito di questo tipo di attività.
Lei è anche uno storico ed un critico dei fumetti …
Galeotto fu il Salone dei Comics di Bordighera che invitò alcuni critici a dibattere sulla presenza dello humour nelle diverse cinematografie. Chiacchierando tra noi a briglia sciolta, scoprimmo che in passato avevamo tutti seguito per un po’ i comics, ma li avevamo poi abbandonati per buona parte … Eravamo nel 1964 e lì nacque l’idea di organizzare noi un Salone per i fumetti, alla maniera degli umoristi, con tanto di convegno internazionale affiancato da mostre. Un anno per organizzare la manifestazione e nel febbraio 1965 iniziò una vicenda annuale (prima nel mondo e già l’anno seguente trasferitasi a Lucca) che prosegue ancora oggi, certamente con obiettivi e scelte ben diverse rispetto alle Lucche del passato. Io me ne sono occupato, assieme all’amico Rinaldo Traini, per una ventina di stagioni, curandone gli aspetti culturali, allargatisi poi anche all’illustrazione e all’animazione.
Ha diretto riviste, scritto libri, immaginato mostre, allestito personali di autori e di cinematografie nazionali …
Effettivamente ho lavorato parecchio. L’impegno quale direttore della rivista “Sgt. Kirk”, l’edizione di alcuni volumi di racconti prattiani, la cura e l’introduzione per decine di pubblicazioni firmate da Battaglia, Toppi, Pratt, Milani, Di Gennaro e da altri loro colleghi, tutto questo mi ha in qualche modo allontanato dal cinema, ma ho presto recuperato il rallentamento accostando lo stretto rapporto tra le due forme narrative con la stesura di una coppia di volumi: “I film di carta” e il più recente “ComicShow”.
Il fumetto preferito?
Come giustamente ha scritto Umberto Eco in “La fiamma della regina Luana”, riandando alla seconda metà degli anni Trenta, è impossibile negare il grande fascino provato allora per le avventure di Flash Gordon o per quelle di Cino & Franco, i ragazzi della Pattuglia dell’avorio. Ma dai giorni della golden age della comic art statunitense i tempi sono radicalmente mutati ed hanno portato alla ribalta altri eroi di carta e altri artisti si sono imposti. Perché allora, per restare in terra nostra, preferire Valentina di Crepax e non Corto Maltese di Pratt, perché Pazienza e non Pino Zac, perché le tavole di Sergio Toppi e non quelle “filmiche” di Sesar, perché Altan e non Zerocalcare? Si potrebbe continuare all’infinito con citazioni e contrapposizioni …
Certo ha avuto incontri in qualche misura indimenticabili …
Beh, non ho esitazione nell’indicare due strepitosi incantatori di serpenti che ho avuto modo di frequentare in più situazioni: Roberto Rossellini e Hugo Pratt. Entrambi straordinari novellatori, il primo ho avuto la fortuna di frequentarlo per parecchio tempo quando stavamo conducendo ricerche nel sud d’Italia e nel centro della penisola per un film sulla storia del ferro, da etruschi e fenici sino alla prima ferriera del Granduca di Toscana, un’iniziativa però abortita prima di giungere alla fase di sceneggiatura. L’altro, conosciuto il giorno stesso che si era trasferito a Genova per essere in qualche modo il protagonista dell’avventura editoriale di “Sgt. Kirk”, per mesi e mesi in redazione e poi per anni l’ho sentito raccontare le storie più incredibili (personali e non) oppure essere l’animatore, con brasiliani e argentini, di lunghe serate lucchesi in cui storielle, brillanti imitazioni, si frammischiavano a musiche e a canzoni… Non per nulla, Strehler avrebbe voluto Hugo attore al Piccolo di Milano ...
Cinema, fumetti, ma anche editoria…
Quella della realizzazione dei volumi di ampio formato, un trecento e più pagine ciascuno, immaginati e realizzati per conto della Fiat e della Iveco, quale dono di fine d’anno delle aziende per i collezionisti, è stata senz’altro una delle maggiori soddisfazioni da me provate. Per l’ottimo risultato raggiunto dal progetto e per aver potuto utilizzare al meglio tanto materiale illustrativo raccolto nel tempo. Si è trattato di cinque antologie “visive”, cadenzate negli anni, dedicate alle auto, ai bus e ai camion, ove i protagonisti a quattro ruote vengono “raccontati” dai fumetti, dall’umorismo, dal cinema, dalla grafica, dalla pubblicità. Anche dal teatro e dalla fantascienza. Un’occasione davvero unica per mettere a profitto tante letture, visioni, visite, ricerche, messe assieme nel trascorrere delle stagioni…
E la sua collaborazione con la Fondazione Novaro?
Ormai più che trentennale, il mio apporto all’attività della Fondazione, presieduta da mia moglie e portata avanti da un gruppo di amici-collaboratori, non ha certo invaso territori che non mi appartengono. Ho cercato di mettere a frutto le esperienze vissute in altri ambiti culturali, avendo però ben presente la diversità sostanziale del nuovo spazio in cui mi trovavo ad operare. Indubbiamente, l’obbligo di rivolgere una particolare attenzione ai diversi versanti della comunicazione non muta nella fattispecie, ma risulta oltremodo impegnativo il versante della ricerca. Quali diffusori di un’attività svolta in certo senso in maniera nascosta, per nulla urlata, ma tuttavia intensa, continua, i quadrimestrali “quaderni” della Riviera Ligure, al pari delle varie manifestazioni, incontri, dibattiti, cicli di conferenze debbono pertanto riflettere quello che da sempre è lo spirito che guida la Fondazione nei suoi compiti istituzionali: una visibilità riconoscibile, sollecitante ma ad un tempo oltremodo misurata.
Grazie, Illustre Signore, per aver accolto le mie domande. I giorni donino a Lei, a Donna Maria ed ai Suoi Cari ore sempre serene. Viva noi!
Gian Lugi Bruzzone