Ad Albenga nel XV secolo fu edificato un monastero dei Frati Minori Osservanti e successivamente dedicato a San Bernardino da Siena, che secondo i documenti predicò nella città durante la Quaresima del 1431, lasciando una forte traccia nella cultura religiosa popolare.
di Danilo Bruno
La struttura conventuale ebbe diverse vicissitudini a cominciare dal Registrum del 1473 da cui emergono diverse case rurali nell’area di Vadino e sul Monte probabilmente conseguente all’edificazione del monastero.
Esso resistette fino al 1796 quando gli ordini monastici furono progressivamente soppressi e i pochi frati rimasti trasferiti in San Domenico di Albenga ove portarono pure la “speziera”, che incontrava un particolare favore popolare per la gestione attenta e oculata volta alle esigenze popolari.
La struttura ebbe poi diverse vicissitudini: ospedale militare, carcere mandamentale, prigione del Comitato di Liberazione Nazionale per coloro che erano stati compromessi con la dittatura fascista finché il recupero non fu cominciato nel tempo a cominciare dalla lettura archeologica ed artistica proposta nel 1971 dal Prof. Lamboglia, direttore e fondatore dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri fino ad arrivare all’insediamento dell‘Istituto Professionale per l’Agricoltura e del Comando della Polizia Urbana locale.
Nel complesso si trovano gli affreschi lungo la parete nord della chiesa, eseguiti dai fratelli Tommaso e Domenico Biazaci di Busca , che lavorarono pure al Santuario di Montegrazie e ai Piani di Imperia a testimonianza di artisti, che giravano il mondo lavorando e che meriterebbero sicuramente studi autonomi e valorizzazioni di approfondimento su un periodo importante e complesso per la formazione della mentalità collettiva locale.
Il ciclo di affreschi riguarda in particolare il Giudizio Universale e fu eseguito nel 1483 con una misura di metri 8.50 x 5.
Vi si ritrovano numerosi richiami danteschi compresi il Lucifero cornuto e i sette vizi capitali.
I dannati sono poi utilizzati come legna da ardere, immersi nel ghiaccio, torturati e bastonati dai demoni.
Questa breve introduzione è propedeutica al fatto che, secondo notizie di stampa, lo scorso 19 e 20 giugno 2021 il FAI Giovani di Albenga ha organizzato un ciclo di visite guidate a numero chiuso (causa covid) e previo pagamento di un contributo con il patrocinio del Comune.
Ora sorge la consueta domanda ma perché il FAI (Fondo Ambiente Italiano), che si vanta dalle origini di non ricorrere a contributi pubblici, non fa lo sforzo in un periodo di grandi difficoltà come questo di chiamare guide turistiche in modo da aiutare un settore in grave crisi e ricorre invece al volontariato, come si può presumere avendo già lavorato un paio di volte con l’associazione, quando lavoravo nel comune di Noli.
Naturalmente io chiedo e voglio essere smentito ma purtroppo so che il FAI, se non ricorre ai propri volontari, crea progetti con le scuole utilizzando studenti e studentesse in una logica, che in alcun modo favorisce la crescita delle professioni culturali.
A tal proposito vorrei ricordare al FAI e al Comune di Albenga, che esiste una specifica raccomandazione di ICOM Italia , di cui sono socio, ( International Council of Museums), ente dell’UNESCO, volto a definire i parametri museali, che prevede la necessità di personale stabile, scientificamente preparato e giustamente retribuito nelle professioni culturali, riducendo sia il precariato che il volontariato.
Quest’ultimo deve essere utilizzato e valorizzato. come ad esempio negli Stati Uniti e in Germania, sulla base di specifici progetti culturali e sotto la direzione di personale scientifico e non in sostituzione.
Questa è la linea, che la sezione Sabazia dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, si è data rispetto alle proposte improponibili del Comune ma perché non lo fa pure il Fondo Ambiente Italiano, sperando (lo ribadisco ) di essere smentito.
Danilo Bruno