L’idea di una ferrovia costiera per la Liguria nasce nel 1857 con quella che allora venne chiamata Ferrovia delle Riviere Liguri che, iniziata nel marzo dello stesso anno, doveva partire dal fiume Varo (a ovest di Nizza), allora confine del Regno di Sardegna con la Francia, per raggiungere il fiume Magra che allora segnava il confine con il Ducato di Modena. Questa ferrovia faceva parte dell’ambizioso progetto di sistema ferroviario considerato da Cavour come fattore determinante di accelerazione del processo di unificazione italiana.
di Alesben B.
La linea nasce dall’unificazione di due progetti distinti. Allora era già in esercizio una breve tratta nel ponente genovese, tra la stazione di Sampierdarena e Voltri, aperta l’8 aprile 1856, che si diramava dalla Torino-Genova e il velocizzarsi del processo di creazione del Regno d’Italia diede un ulteriore impulso al completamento dell’opera con la Reale Legge del 27 ottobre 1860
con cui si decideva la realizzazione di quella che fu chiamata ferrovia ligure, ferrovia che, correndo lungo tutta la costa, unisse Ventimiglia con Massa e quindi con le linee ferroviarie già esistenti. La costruzione e l’esercizio furono affidati alle Strade Ferrate Livornesi, da poco create, da Genova a Pisa attraversando la Riviera Ligure di Levante e la Versilia, fa parte del Compartimento di Pisa.
La tratta ferroviaria nella sua quasi totalità in galleria. Le gallerie, in alcuni tratti si biforcano per cui, nonostante la linea ferroviaria sia a doppio binario, sono presenti anche gallerie a semplice binario (cosiddette “a canne separate”) L’alimentazione elettrica della tratta è di 3.000 Vcc (Volt corrente continua); La manutenzione della tratta (stazione di La Spezia esclusa) è di competenza della Direzione Territoriale Produzione (DTP) di Genova, che ha proprio personale sul territorio. La gestione centralizzata della circolazione è di competenza della DTP Pisa.
Genova, punto d’incontro i due rami della ferrovia costiera ligure:
La linea nasce dall’unificazione di due progetti distinti. Il primo riguardava una linea, a doppio binario, tra Pisa e Massa come espansione del già esistente nodo di Pisa, mentre il secondo era quella che corre lungo tutta la costa del ponente ligure, dal capoluogo genovese fino al confine con la Francia. venne chiamata ferrovia ligure. Entrambe le tratte furono concesse inizialmente alle Strade Ferrate Livornesi.
Il progetto di una ferrovia ligure che unisse Ventimiglia con Massa (e il resto delle ferrovie esistenti nell’Italia centrale) fu deciso con apposita Reale Legge del 27 ottobre 1860, ma la sua realizzazione, a causa dell’impervia costa ligure, si rivelò tra le più difficili e costose del periodo.
Il primo tronco del progetto, di 17 chilometri, tra Massa e Sarzana con la stazione intermedia di Avenza-Carrara, venne aperto in due sezioni: da Massa fino ad Avenza il 26 dicembre 1862 e da Avenza a Sarzana il 15 maggio 1863, seguito dalla già più difficoltosa tratta Sarzana-Vezzano Ligure–La Spezia aperta il 4 agosto 1864. Nel 1865 le Strade Ferrate Livornesi, concessionarie della linea, furono assorbite dalle Strade Ferrate Romane (SFR).
Il 23 novembre del 1868 venne aperta la prima parte genovese della linea con l’inaugurazione della tratta, di 36 chilometri, tra Genova Brignole (allora capotronco) e Chiavari, seguita poi dal prolungamento su Sestri Levante, aperto all’esercizio il 25 aprile 1870. Nel frattempo, nel 1869, le SFR, in difficoltà economiche, avevano ceduto la linea alle Strade Ferrate dell’Alta Italia (SFAI).
Il 25 luglio 1872, con l’apertura della galleria traversata, che unisce ancor oggi Genova Brignole e Genova Piazza Principe, la linea esistente fino a Sestri Levante cessò di essere un troncone isolato e venne collegata alla linea diretta oltre Appennino, ma soprattutto alla linea per Ventimiglia che nel frattempo era stata già completata a semplice binario.
Sestri Levante-La Spezia
Treno con E.656.004 a Corniglia nel 1987; sullo sfondo i resti del tracciato abbandonato in occasione del raddoppio
Questo fu il tratto che presentò le maggiori difficoltà dell’intero progetto. La ferrovia doveva correre per lunghi tratti (e in alcuni lo fa tuttora) a contatto con il mare e doveva seguire la tortuosità della costa per ridurre il più possibile il numero e la lunghezza delle gallerie.
Anche le inclementi condizioni meteorologiche dell’inverno del 1872 crearono problemi a causa di smottamenti e violente mareggiate, che richiesero di realizzare varianti in corso d’opera. Inoltre, essendo lunghi tratti della costa inaccessibili da terra, si doveva ricorrere al trasporto dei materiali via mare e quindi le condizioni meteo marine erano determinanti per la durata dei lavori.
Il 22 luglio 1874 la tratta fu attivata e con essa la linea poteva dirsi conclusa. Quest’ultimo tratto di linea fu veramente rivoluzionario, solamente, in questo tratto erano state perforate 51 gallerie per un totale di oltre 28 chilometri sui 44 totali e costruiti 23 ponti per una lunghezza totale di quasi un chilometro.
Ovviamente, a causa delle penalizzanti condizioni orografiche del territorio e delle difficoltà realizzative incontrate, la linea era stata costruita tutta a binario unico; il raddoppio fu concluso solamente nei primi mesi del 1970 con l’apertura dell’ultima tratta tra Framura e Monterosso, tratto che comprendeva anche le nuove stazioni di Levanto e Bonassola.
Compartimento di Ventimiglia
Il collegamento internazionale (di soli 7 km), con la realizzazione della stazione di confine di Ventimiglia. La linea fu completata raggiungendo il 25 gennaio 1872 ed il collegamento venne attivato due mesi più tardi (18 marzo 1872)
Costruita quasi interamente a binario unico per le difficoltà tecniche e per contenere i costi, si rivelò ben presto inadeguata alle esigenze di collegamento ma, nonostante già dai primi anni del 1900 fosse iniziata la progettazione dell’adeguamento della linea alle mutate necessità, i lavori per il suo raddoppio sono proseguiti in diverse fasi e molto lentamente, tanto che ancora oggi alcuni tratti (tra Andora e Albenga e tra Loano e Finale Ligure) sono ancora a binario unico. Sotto il regime fascista venne compiuto il raddoppio della tratta Albenga–Loano nel 1936 ed edificati i nuovi fabbricati viaggiatori.
La ferrovia Genova-Ventimiglia, appartenente successivamente al
compartimento di Genova è una linea ferroviaria che corre lungo tutta la costa del ponente ligure, dal capoluogo genovese fino al confine con la Francia. È una delle principali linee ferroviarie italiane, e attraversa tre capoluoghi di provincia: Genova, Savona e Imperia. Ventimiglia ha acquistato la funzione di stazione di confine, dove terminano le corse sia i treni italiani che quelli francesi, tranne i treni della società Thello, che effettuano servizio internazionale. Con la linea SNCF per Marsiglia.
Nella realizzazione dell’opera i progettisti non prestarono molta attenzione alle esigenze dei territori che venivano attraversati anche perché la linea fu considerata di primaria importanza ai fini degli interessi militari e difensivi, prima dello stato sardo e poi di quelli del neonato regno italiano. La scelta costruttiva – tenuto conto che allora la maggior parte dei trasporti, sia di viaggiatori che di merci, avveniva prevalentemente via mare – si orientò su un tracciato che correva praticamente al livello del mare, seguendo fedelmente la linea costiera e affiancando, dove possibile, la Via Aurelia, unendo così oltre quaranta piccoli centri, fino ad allora difficilmente raggiungibili via terra quando non raggiungibili esclusivamente via mare.
La linea è a scartamento ordinario (1435 mm), elettrificata a 3000 V CC, a doppio binario dalla sua origine, tra le stazioni di Genova Principe e Genova Sampierdarena, fino a Finale Ligure, da Loano ad Albenga e da Andora al Confine di Stato.
La stazione di Ventimiglia è punto di confine e di raccordo con la linea SNCF per Marsiglia, elettrificata a 25000 V CA con frequenza di 50 Hz; per tale motivo è dotata di elettrificazione a 1500 V CC, standard impiegato su altre ferrovie francesi, ed i treni francesi che vi prestano servizio impiegano materiale rotabile in grado di funzionare sia a 25 000 V – 50 Hz che a 1 500 V CC, mentre i treni italiani, funzionanti a 3 000 V CC, vi operano a tensione e potenza dimezzate.
La linea è equipaggiata con SCMT per tutta la sua lunghezza, e con BAcc a 4 Codici nei tratti dall’origine a Savona e da Andora a Ventimiglia, permettendo velocità fino a 180 km/h.
Sulla linea circolano treni regionali, regionali veloci ed InterCity di Trenitalia, alcuni Eurocity “Thello” con destinazione Nizza e Marsiglia e un discreto numero di treni merci, con traffico spartito tra Mercitalia Rail, Captrain Italia e Fuori Muro.
L’organizzazione delle Ferrovie dello Stato in periferia fu progettata, pochi anni dopo, dal regio decreto 12 marzo 1908, n. 110 (decreto 12 marzo 1908), istitutivo delle Direzioni compartimentali delle ferrovie.
I compartimenti passarono da 8 a 15 e furono stabiliti nelle sedi di Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Genova, Bologna, Firenze, Ancona, Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo e Cagliari. La circoscrizione territoriale di ogni compartimento viene da allora fissata attraverso tabelle indicanti le stazioni di contatto dei compartimenti limitrofi, generalmente allegate a decreti del Capo dello Stato. La conoscenza dei limiti della circoscrizione compartimentale risulta necessaria ai terzi nei rapporti in cui l’azienda sia rappresentata dalle autorità compartimentali.
Da un punto di vista organizzativo, le Direzioni compartimentali delle ferrovie sono composte da organi di particolare rilievo quali il Direttore compartimentale, i Capi delle divisioni compartimentali ed il Comitato d’esercizio. Questi tre organi, di cui si analizzano di seguito le principali funzioni, esauriscono in sé le principali attribuzioni riservate alla Direzione compartimentale. In questo caso, dunque, l’analisi dell’organizzazione interna delle Direzioni compartimentali delle ferrovie si fonde in unico discorso con quella delle prerogative di tale amministrazione.
Allora era già in esercizio una breve tratta nel ponente genovese, tra la stazione di Sampierdarena e Voltri, aperta l’8 aprile 1856, che si diramava dalla Torino-Genova e il velocizzarsi del processo di creazione del Regno d’Italia diede un ulteriore impulso al completamento dell’opera con la Legge emanata il 27 ottobre 1860 con cui si decideva la realizzazione di quella che fu chiamata ferrovia ligure, ferrovia che, correndo lungo tutta la costa, unisse Ventimiglia con Massa e quindi con le linee ferroviarie già esistenti. La costruzione e l’esercizio furono affidati alle Strade Ferrate Livornesi, da poco create.
Dopo pochi anni, nel 1865, le Livornesi furono assorbite dalle Strade Ferrate Romane (SFR), che proseguirono la costruzione e attivarono il tratto da Voltri a Savona il 25 maggio 1868.
Tuttavia la SFR, che si trovava in difficoltà economiche, cedette la linea dal 23 novembre 1868 alla SFAI, che già gestiva il resto della rete del nord Italia. Pochi anni dopo, il 25 gennaio 1872, la linea fu completata raggiungendo Ventimiglia. Il collegamento internazionale (di soli 7 km), con la realizzazione della stazione di confine di Ventimiglia, venne attivato due mesi più tardi (18 marzo 1872).
Costruita quasi interamente a binario unico e come precedentemente detto fu considerata di primaria importanza ai fini degli interessi militari e difensivi e per le difficoltà tecniche e per contenere i costi, si rivelò ben presto inadeguata alle esigenze di collegamento ma, nonostante già dai primi anni del 1900 fosse iniziata la progettazione dell’adeguamento della linea alle mutate necessità, i lavori per il suo raddoppio sono proseguiti in diverse fasi e molto lentamente, tanto che ancora oggi alcuni tratti (tra Andora e Albenga e tra Loano e Finale Ligure) sono ancora a binario unico. Sotto il regime fascista venne compiuto il raddoppio della tratta Albenga–Loano nel 1936 ed edificati i nuovi fabbricati viaggiatori; inoltre si approfittò di alcune rettifiche nel tratto San Lorenzo al Mare-Ospedaletti per predisporre le due nuove gallerie realizzate (Santo Stefano e Sanremo-Ospedaletti) per il secondo binario, anche se di fatto questi lavori risultarono inutili dato il successivo abbandono di questo sedime nel 2001. Sino al 1968 le tratte raddoppiate erano:
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Genova Sampierdarena–Genova Voltri (11 km)
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Ospedaletti-confine francese (20 km)
Ma più dei costi, si sono rivelati inutili i piani regolatori dei 40 Comuni che il “binario unico” toccava. L’ingordigia o meglio l’aria di super Amministratori e di indicare l’ottimo lavoro del partito al governo comunale al fine di incrementare le casse dei Comuni, hanno realizzato un tessuto urbano incrementato da piani di fabbricazione che di fatto, facevano si che le aree aperte erano sempre di meno; e per fare un raddoppio ferroviario occorrevano aree libere, e se queste non ci sono le opzioni sono due: o si abbattono costruzioni o si costruisce dove non ci sono case, ed è quello che i tecnici delle ferrovie hanno fatto, aumentando i “mugugni” di cittadini e di amministratori. Un vecchio adagio: c’è chi vuole l’uovo la gallina ed il culo caldo.
La prima parte del raddoppio, tra la stazione di Genova Vesima e quella di Varazze, fu aperta nel 1968 (il 23 ottobre sino a Cogoleto, sette giorni dopo da Cogoleto a Varazze); la tratta rimanente, fra la stazione di Genova Voltri e Vesima, fu aperta il 29 luglio 1969. La nuova sede ferroviaria, spostata a monte rispetto alla precedente, consentì di liberare le cittadine rivierasche di Arenzano, Cogoleto e Varazze dalla linea che le attraversava. Ad Arenzano fu anche costruita una nuova stazione all’interno così come a Varazze. La sede ferroviaria dismessa venne in parte riutilizzata e in parte abbandonata. In particolare nella zona di Vesima, dopo anni di abbandono, fu utilizzata per l’allargamento della sede stradale della Aurelia mentre all’interno delle tre cittadine fu assorbita dal tessuto urbano. I tratti extraurbani, inizialmente abbandonati, sono stati negli ultimi anni recuperati e adibiti a percorsi ciclopedonali.
Invece per il raddoppio fino a Savona e oltre dovevano passare altri 9 anni. A Savona degno di nota fu che la nuova stazione era stata già costruita tra il 1961 e il 1962 su progetto dell’ingegner Nervi, e fu inaugurata dall’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni, rimanendo quindi inutilizzata e senza binari per ben 15 anni. Infatti solo nel 1977, con grande ritardo rispetto ai programmi, fu completata la tratta tra Varazze e Finale Ligure, che comprendeva anche la nuova stazione di Savona Mongrifone. Anche in questo caso la sede dismessa fu assorbita dal tessuto urbano, spesso con la sua trasformazione in passeggiata a mare. A Savona l’area della vecchia stazione lungo il torrente Letimbro restò abbandonata a lungo, trasformata prima in scalo di rimessaggio di vagoni e successivamente demolita per far posto ad un ampio parcheggio nella zona di Piazza del Popolo.
In seguito, solo dopo 25 anni di progetti, finanziamenti, rinvii e discussioni nel 2001 viene aperta all’esercizio, tra Imperia e Bordighera, la tratta di raddoppio tra San Lorenzo al Mare e Ospedaletti comprendente le nuove stazioni di Taggia-Arma e Sanremo mentre quelle di San Lorenzo, Santo Stefano e Ospedaletti vengono dismesse. Le aree dismesse sono oggetto di un programma di riqualificazione mentre si stanno svolgendo i lavori per il completamento del raddoppio che sarà quasi interamente in galleria. Tale progetto era esistente già dal 1982.
Il 2 aprile 2006 è stata attivata una variante di tracciato fra le stazioni di Genova Voltri e Genova Pegli, comprendente la nuova stazione di Pra.
Un rappresentante sindacale espone in tre punti quanto segue. “Il primo riguarda il settore socio sanitario. Ma davvero è possibile che il maggior numero di primari che mancano siano i nostri o che la Commissione per le invalidità rischi ritardi perché i medici non vengono pagati? Parliamo di invalidi, i soggetti più fragili. È possibile, ed è possibile che la nostra politica stia zitta? Secondo punto, i progetti che la Regione ha inviato al governo per il tanto citato PNRR riguardano poco o nulla il nostro territorio. Niente Aurelia bis, niente ferrovia verso il Piemonte. Le nostre merci per andare in Piemonte devono passare da Genova. Tra Altare e Ceva abbiamo la ferrovia del 1903. Eppure ci chiamano da Cuneo per impostare progetti comuni perché ci considerano ovviamente il loro porto naturale. Genova vuole fare Gronda e Terzo valico. È giusto, facciano pure, ma si ricordino anche del Savonese. Terzo punto, i contatti con il governo. Da quattro mesi Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro con il ministero dello Sviluppo economico. Non ci hanno neanche risposto, non rispondono neppure al prefetto, cioè a loro stessi, perché la prefettura rappresenta il governo sul territorio”.
Un quadro desolante…”. Persino La Spezia ha più attenzioni di noi, la Pontremolese la fanno. Per noi nei documenti approvati dalla Regione c’è solo il raddoppio ferroviario del Ponente, in ballo da decenni, e non siamo neppure certi che arriveranno finanziamenti sufficienti”.
Si vedono spesso nel savonese rappresentanti del Governo in tour…
“Vengono, ascoltano, o fanno finta di ascoltare, si mettono sottobraccio i dossier che si consegnano a loro, se ne vanno e non se ne sa più nulla. Non solo non arrivano soluzioni, ma neppure risposte. Savona non conta nulla, ma ci sono molti sindaci virtuosi. È quando si passa ai rapporti con Genova e Roma che viene fuori quella che chiamiamo mancanza di autorevolezza, che riguarda ogni area politica anche se, certo, il ministero dello Sviluppo Economico brilla per assenza e responsabilità nelle cose non fatte, incapace di costruire proposte di politica industriale”.
“Non ci arrendiamo, perché la provincia ha tutto: porto, industria, turismo; abbiamo tremila posti di lavoro in gioco nei settori strategici di cui si sta parlando: acciaio, aeronautico, infrastrutture, transizione ecologica compresa. Dobbiamo parlare delle crisi di Piaggio, Bombardier, Sanac, Funivie, Italiana Coke, LaerH. Non c’è solo l’ex Ilva di Genova, di cui, è giusto occuparsi”.
Ecco, forse “Genova matrigna”[] brucia ancor più di “Roma assente”. D’altronde la Storia (quella appunto con la S maiuscola) si ripete. I genovesi hanno rivolto i nostri cannoni contro la città e ci hanno interrato il porto, anzi ora il porto se lo sono proprio presi, anche se sono in corso manovre per avere finalmente un po’ più di autonomia. Toti non ha neppure messo un savonese in giunta, li lascia cinguettare tranquilli tanto i voti glieli hanno portati.
Alesben B.