Ciao Mirko e ben ritrovato! Eccoci dunque ad una nuova fase italica dell’epopea-coronavirus: piano piano si riapre. Ma quanto piano?
di Gianluca Valpondi
Credo che entriamo in una fase che è necessaria e fondamentalmente obbligatoria, nel senso che il Paese non poteva più continuare a convivere con regole così restrittive come quelle previste dalle normative nazionali riguardanti le cosiddette zone rosse e zone arancioni. Purtroppo la difficoltà da un certo punto di vista di riuscire a reperire a debito nuove risorse con cui indennizzare le attività economiche – risorse sempre comunque non adeguatamente all’altezza delle necessità economiche di aziende al collasso, che non hanno lavorato per mesi e che ovviamente hanno difficoltà a poter riaprire anche a causa dei costi di gestione che non sono purtroppo mai stati sospesi come si sarebbe dovuto fare. Inevitabilmente il Paese doveva ripartire.
Il governo ha ritenuto necessario far ripartire il Paese in un frangente particolare, dove si sono incastrate alcune situazioni particolari come quelle di una campagna vaccinale che finalmente ha preso il giro di boa – e siamo arrivati a quasi 400mila vaccinati al giorno e quindi a breve, entro la scadenza più o meno concordata e presentata dal generale Figliuolo, dovremmo essere dentro appunto a quell’obiettivo di 500mila vaccinazioni giornaliere, quindi cominciamo ad aver un dato percentuale attorno al 25% di soggetti vaccinati, che è un dato ancora basso ma sensibilmente in crescita rispetto all’inizio della campagna vaccinale -, l’arrivo della bella stagione e quindi il “generale caldo”, il “generale estate” possono essere un aiuto a far uscire le persone di casa e quindi a poter fare vita sociale sempre con le dovute precauzioni all’aperto; e quindi garantire un lento e graduale ritorno alla normalità cercando di far sì, come ho detto anch’io più volte, che entro il prossimo autunno si possa aver concluso la percentuale necessaria di vaccinazioni del Paese, che è il cosiddetto 70-75% per avere un’immunità diffusa nei confronti del Covid. È un piano veloce per alcuni, lento per altri.
Per me è un piano di buon senso, nel senso che sono state predisposte norme intelligenti. Alcune forse andavano migliorate, credo che il coprifuoco dovrà essere tolto entro e non oltre il prossimo inizio di giugno (penso alla festa della Repubblica come giorno da definire per il superamento del coprifuoco), si poteva prevedere un’estensione del coprifuoco dalle 22 alle 23…però sono dettagli.
Credo che la linea che il governo ha tenuto sia una linea di buon senso: riaperture graduali, riaperture strutturate con intelligenza per evitare una propagazione del virus in una situazione in cui ancora non abbiamo protetto i cittadini delle fasce più deboli, un forte e continuativo investimento nella campagna vaccinale e nella strutturazione di una risposta sanitaria adeguata in termini di medicina di prossimità e anche mi auguro di cure domiciliari, che sono estremamente importanti. E quindi insomma credo che con alcune migliorie si possa valutare positivamente l’operato del governo per quanto riguarda le aperture.
Hai costituito la fondazione Pensiero è azione e siete attivi mi pare sul territorio nazionale. Di cosa vi occupate? Con quale spirito?
La costituenda fondazione Pensiero è azione è un’iniziativa che ho pensato insieme ad altri attori: sono imprenditori, ricercatori, amministratori pubblici…Proprio con l’obiettivo di portare a far conoscere nel Paese le migliori eccellenze e le migliori “buone pratiche” in termini di buona amministrazione, buona impresa e buona innovazione. Credo che la pandemia ci ha dato una grande lezione: c’è bisogno di fare proprie, di portare nel proprio vocabolario due parole-chiave che altri Paesi hanno adottato da lungo tempo e che l’Italia ha sempre accantonato, commettendo un gravissimo errore, che sono programmazione e organizzazione. Abbiamo un deficit enorme in questo senso e paghiamo lo scotto ogni volta che ci sono emergenze di ogni tipo.
L’ultima è stata sanitaria; precedentemente abbiamo avuto emergenze e calamità naturali che ci hanno afflitto come ben conosciamo e che sono tipiche del nostro Paese. Per cui vogliamo far conoscere queste eccellenze, vogliamo far conoscere queste buone pratiche, e vogliamo metterle a sistema per il Paese, per far sì che non sia solo il pubblico, ma anche un pubblico che si apra ad un privato innovativo e che si occupa del bene comune a far diventare il nostro Paese un hub di eccellenza nei campi strategici di questi “anni venti”, uno dei quali, sicuramente il primario, è quello della sicurezza sanitaria. Per cui noi crediamo che oggi con una stagione dominata da fenomeni pandemici abbiamo la necessità di strutturarci, adeguarci come settore pubblico e come settore privato ad una corretta sicurezza sanitaria, e credo che il nostro Paese possa ambire ad essere un sistema di eccellenza in questo settore.
E noi come fondazione Pensiero è azione ci stiamo impegnando e ci impegneremo per far sì che nel nostro Paese ci siano processi, sistemi e pratiche di eccellenza su questo comparto produttivo che nella, per così dire, “guerra commerciale” con la Cina, saranno sicuramente decisivi.
Come vedi il futuro? Il virus sarà solo un brutto ricordo? Diventerà grossomodo come una normale influenza? Dovremo vivere in continua emergenza/allerta sanitaria?
Credo che il futuro sarà determinato, condizionato dalla situazione di permanente presenza di contaminazioni virali che dovranno essere arginate e che dovranno essere contrastate. Purtroppo la globalizzazione è entrata nel suo pieno vigore, è un processo che ora ha portato non solamente degli effetti negativi sul campo economico, come abbiamo più volte sottolineato ed evidenziato, ma ha portato anche degli effetti negativi sul campo sanitario. E ovviamente adesso ne paghiamo le conseguenze. Il che non vuol dire che si sia contro o per un sistema di flusso di sviluppo e di progresso mondiale; dobbiamo cercare di capire, come in tutte le cose, quali sono gli elementi positivi e gli elementi negativi. Sicuramente questo è un elemento negativo, che va capito, compreso e con cui dovremo convivere sistematicamente. Per cui dovremo capire che ogni anno ci saranno delle campagne di tutela dei soggetti più fragili e più deboli; dovremmo cercare di adeguarci in maniera sufficientemente preparata per contrastare eventuali attacchi pandemici, e che una delle armi con cui si faranno appunto quelli che sono i nuovi scontri commerciali potrà essere legata, volontariamente o involontariamente, a delle situazioni di emergenza sanitaria.
Se guardate ora le immagini che arrivano dalla Cina, dove gli stadi sono pieni di gente, e noi qui in Europa siamo ancora incerti se avere gli stadi per i prossimi europei che partono a giugno con capienza ridotta al 10, al 25, al 50%, questo sta a significare che abbiamo un’economia come quella cinese che è ripartita a gonfie vele e che sta facendo dati di crescita del Pil imponenti, e dall’altra parte abbiamo invece una situazione legata appunto all’Europa che la vede in grosse difficoltà. E tutto è dovuto ovviamente al modo in cui l’Europa ha gestito l’emergenza pandemica, ha gestito le frecce da scoccare per arginare questa emergenza pandemica: i ritardi della campagna vaccinale, i ritardi nelle procedure di gestione anche della cura del Covid e le inadeguatezze riguardanti alcuni sistemi sanitari nazionali come quello italiano hanno fatto pagare lo scotto, sono state situazioni che ci hanno dato un peso enorme che ci ha fatto naturalmente trovare indietro rispetto ad altre economie.
Ilaria Capua ha scritto sul Corriere che ci sono laboratori nel mondo che lavorano a rinforzare i virus rendendoli più letali, non escludendo, anzi direi mettendoci una gigantesca pulce all’orecchio, che quello che attualmente ci attanaglia sia uno di questi virus artificiali “rinforzati”. La risposta della politica quale dovrebbe essere e qual è di fatto?
Purtroppo credo che ci siano queste situazioni. Non voglio entrare nel filone di quelli che potrebbero essere definiti “complottisti”, ma molto probabilmente quando si saprà la verità reale di quello che è stato il processo che ha portato alla propagazione del coronavirus, capiremo che forse non tutto è nato per caso, ma che forse c’è stato dietro qualche errore voluto o non voluto della Repubblica democratica cinese. E quindi inevitabilmente bisogna cominciare a dotarsi di quella che è una situazione di tutela reale che deve essere realizzata nei confronti per l’appunto degli Stati che possono essere colpiti da questi tipi di processi. È chiaro che a livello internazionale è difficile pensare ad una Norimberga del coronavirus, perché inevitabilmente oggi come oggi la Cina ha in mano un potere enorme, che è quello di detenere buona parte del debito pubblico degli Stati occidentali, in particolare degli Stati Uniti d’America, e quindi ha un potere di “ricatto” imponente.
E anche la nuova “via della seta”, che ha visto in diversi attori europei grandi protagonisti, è un’altra arma di ricatto che riguarda il mondo occidentale. Credo che invece bisogna che ci adeguiamo e ci attrezziamo a proteggerci. Quello che un tempo era il cosiddetto “scudo missilistico spaziale” per tutelare l’Occidente da eventuali attacchi nucleari che potevano arrivare dai Paesi dell’est, dell’Unione sovietica o dalla Russia etc…possa essere oggi ripresa questa terminologia per parlare di “scudo sanitario”, ovvero l’Occidente per tutelare le proprie economie, tutelare le proprie popolazioni, tutelare le proprie fasce più fragili, più deboli di popolazione deve creare uno scudo sanitario e la grande risposta deve essere un grande investimento, riqualificazione, riorganizzazione e programmazione in termini di sicurezza sanitaria. È la vera sfida di questi “anni venti”.
“La salute prima di tutto”, si dice. Ma quella del corpo, dell’anima (della psiche) o dello spirito? Suprema lex est salus animarum è un motto oscurantista?
È una domanda molto intelligente, molto interessante. Devono conciliarsi le due cose. Io credo che non possono essere viste in antagonismo l’una con l’altra; devono conciliarsi e devono ritrovare un punto di ricaduta comune. Credo che tutelare la salute fisica e tutelare la salute mentale sia fondamentale. Per questo parlando di riaperture è importante che si possa riaprire perché va bene tutelare la salute, ma va bene anche creare le condizioni perché ci sia un minimo di socialità per evitare che ci siano condizioni di sofferenza psicologica per i cittadini.
È chiaro che noi, come Popolo della Famiglia, avevamo proposto una soluzione che sarebbe stata vincente: la doppia “L”, lockdown e liquidità, cioè chiusura temporanea per evitare la propagazione del virus e liquidità sufficiente per garantire la tenuta economica delle famiglie e delle loro imprese, così da evitare crisi anche sul piano della salute psicologica delle persone; e dall’altra parte una forte campagna vaccinale ben organizzata che andasse a proteggere in tempi celeri – ovviamente entro aprile, cioè entro ora – le fasce più colpite dal Covid, cioè gli anziani over 70 e le persone fragili. Questo purtroppo dal precedente governo Conte bis non è stato fatto, il governo Draghi è entrato in corsa, ha cercato di migliorare con dei risultati positivi che sono sotto gli occhi di tutti, con alcuni limiti oggettivi ed evidenti che cerchiamo di condizionare, in modo che si possano superare, migliorare. Ma è altrettanto evidente che bisogna investire in questo comparto che è quello della salute, sia fisica che mentale, perché una persona deve stare bene a 360 gradi; e avere un Paese continuamente afflitto da scioperi, manifestazioni, rivolte di piazza…non è una cosa che fa bene alla democrazia.
Già dicevi, in piena sintonia col Santo Padre Francesco, che a livello politico occorreva passare dall’io al noi per affrontare la difficile situazione. A che punto ti sembra che stiamo in Italia, ma anche nel mondo, nel processo che dovrebbe traghettarci dall’io al noi, a tutti i livelli, compreso quello politico? Dalla pandemia usciremo, quando ne usciremo, diversi: migliori o peggiori?
Credo che la pandemia abbia aperto tanti interrogativi su questo punto che ho sentito molto mio, e mi ha fatto tanto piacere vederlo proposto, rilanciato dal Papa in prima persona. Quando ho visto l’intervista a Canale 5 a inizio anno di papa Francesco, che sottolineava nei suoi interventi proprio questo passaggio, ho sentito una forte vibrazione al cuore perché sono parole che ho sempre avvertito come necessarie, come decisive nel dibattito politico che si deve presentare.
Quindi credo che sia fondamentale tutto questo. Naturalmente non è semplice. Credo che non siamo ancora dentro un reale processo di passaggio dall’io al noi, siamo ancora in una società fortemente egoista, in una società fortemente individualista, in una società dove è scomparsa la parola comunità, la parola popolo. E forse questa crisi pandemica ha accentuato questo processo perché davanti alla domanda di bisogno di relazione che è emersa durante il periodo più critico ognuno poi ha risposto cercando di darsi una risposta da solo. Forse purtroppo è dovuto anche da uno Stato che non è stato all’altezza per creare delle condizioni di adeguata risposta comunitaria, ma ha dipeso molto dal fatto che purtroppo mancano quelle che io chiamo le reti sociali che garantiscono dei processi comunitari.
Oggi si fa fatica ad affrontare questa crisi in un’ottica di relazione con gli altri, ma ognuno cerca di arrangiarsi come può per trovare una risposta possibile al proprio bisogno. Di fatto un tempo c’erano luoghi che consentivano una risposta comunitaria. Penso alla chiesa, organizzata nelle sue varie modalità territoriali, che sono diventate sempre più deboli e più fragili, purtroppo – e quelle che ci sono fanno un lavoro grandioso ma a volte molto faticoso e a volte in condizioni sempre più difficili e a cui va detto un grande grazie per il lavoro immenso di welfare sociale che comunque garantiscono nel nostro Paese.
Ora manca tanto di tutto questo, ovviamente aggravato prevalentemente anche dalla situazione di impossibilità di relazioni sociali normali dovuta al processo pandemico in corso. Credo che dobbiamo investirci tanto, e prima di tutto deve crederci e investirci la politica, non deve abdicare a questo ruolo di ridare dignità a un protagonismo popolare e comunitario necessario. Per cui io personalmente ho ripreso a girare l’Italia, portando avanti un progetto di messa in sicurezza sanitaria nei settori pubblico e privato attraverso un’attività mia personale e imprenditoriale, attraverso la fondazione costituenda Pensiero è azione e attraverso l’impegno politico col Popolo della Famiglia, che credo che possa essere una risposta adeguata a un protagonismo delle famiglie e delle loro imprese in un momento storico particolare come quello attuale dove le famiglie non vogliono risposte per slogan, ma vogliono risposte concrete ai loro bisogni, e noi stiamo cercando con umiltà e passione di offrirgliele.
Gianluca Valpondi