Nei racconti di anziani loanesi e borghettini appariva una favola. Un loanese, vecchio bersagliere, che aveva scelto a dimora una grotta sul Castellaro, tra Borghetto S. Spirito e Loano; si cibava unicamente di frutti ed erbe selvatici e soprattutto serpi dalla cui pelle rivestiva bastoni e non solo.
di Luciano Corrado
Il personaggio era già stato raccontato, anni fa, da ‘La Gazzetta di Loano‘, citando il libro storico di Cesare Vignola ‘Loano e Dintorni’ e dedicato alla “memoria del Comm. Stefano Carrara, ministro plenipotenziario di S.M al Messico “che meglio di ogni altro coll’opere illustra il paese che queste pagine voglion far conoscere ed apprezzare”.
La grotta, dicevamo, che non era mai stata fotografata, né esplorata almeno per quello che abbiamo appreso.
IL CONTENUTO DEL LIBRO NEL CAPITOLO: GROTTE DEL MANGIABISCE
……”Il generale Buonaparte non prese parte alla Battaglia di Loano. Venne subito dopo a prendere il comanda cedutogli dallo Scherer e pernottò a Loano ospite di un signore del luogo.
Sul Castellaro si scorgono le rovinate trincee che furono testimoni degli ultimi aspri episodi della lotta, che, si può dire, segnò l’inizio delle splendide vittorie delle armate francesi.
Nei lavori agricoli, eseguiti nelle vicinanze del colle, si trovano tuttora,sebbene più raramente, resti mortali di quei disgraziati: bottoni, spadine, fibie ed altri ricordi.
Il pittore Bellangé riprodusse in un quadro la fase risolutiva delle Battaglia di Loano, che trovasi esposto al museo di Versailles.
GROTTE DEL MAGIABISCE – In quei pressi si trovano tre gallerie sotterranee scavate dalla mano paziente di un vecchio bersagliere, veterano di Crimea, morto pochi anni fa, che le aveva fatte sua dimora. Questo stranissimo tipo era uno delle macchiette più in vista del circondario. Viveva quasi esclusivamente di frutta selvatica, verdura e serpi che cacciava all’intorno e delle cui pelle rivestiva dei bastoni da passeggio.
Sempre arzillo e gioviale, animato da un possente fanatismo religioso cristiano, si vedeva sovente nei giorni di festa e in quelli di fiera vestito di tela rossa, con un berretto rotondo del medesimo colore, raccogliere uno stuolo di curiosi, e agitando una bandiera rossa, con in mezzo l’immagine del Redentore, arringare l’uditorio sulla morale cristiani, esponendo gli irraggiungibili ideali di una libertà chimerica !
Povero vecchio, è morto sfinito dagli anni e dalle privazioni !
Quali e quanti atavismi rispecchiava il suo animo, la sua vita quasi selvaggia e primordiale nella solitudine di quelle caverne, il cibo vegeto- animale ridotto allo stadio più primitivo ed il contrasto spiccato della sua vita con le vicende del mondo !”.
Il geometra loanese Fulvio Longo, un figlio Marco architetto in Cracovia , aveva scritto alla ‘Gazzetta‘ chiarendo che il ‘mangiabisce‘ non era affatto il papà, pur soprannominato così, bensì un eccentrico personaggio del secolo scorso, nato nell’800.
Pagine di storia che meriterebbero, finchè è possibile, un approfondimento attraverso i registri della parrocchia o Curia Vescovile, all’anagrafe comunale e archivio militare. Abbiamo chiesto ad anziani loanesi e borghettini, diciamo over anni ’90 e tutti ricordano la fama del ‘Mangiabisce’, ma nessuno era in grado di indicare il luogo preciso, come poterci arrivare e cosa è rimasto da vedere. Forse era crollato tutto non c’è più nulla ?
Non disponendo di droni con cinepresa utilizzati dal più ricco Ivg.it, non è rimasto che affidarci alle nostre povere forze, alle maniere e mezzi antichi si direbbe: gambe levate e sudore. Facendo tesoro delle nostre origini montare. E di un ottimo accompagnatore nella veste insolita di esploratore, seppure alle prese con l’età e i limiti che essa impone. Abbiamo infatti chiesto aiuto ad un loanese – borghettino (abita sulla strada che porta a Pineland immerso in un giardino gioiello, vivaio, museo di piante grasse, alcune uniche e rarissime e di cui trucioli ha dato conto in passato). Parliamo di Gian Luigi Taboga, cofondatore ed anima di Assoutenti savonese. Anche lui aveva ascoltato i racconti dei più anziani e avuto conferma che non si trattava di leggenda popolare. Taboga, papà e nonno moderno, rimasto fedele ed interessato ai ricordi degli avi, con personaggi straordinari e unici del loanese.
E un giornalista vecchio stampo finisce quasi per commuoversi di fronte a tanto slancio e disponibilità. “Ti accompagno volentieri, mi devo munire di una roncola per superare i punti critici della boscaglia….” .
Dalla strada di Pineland, svoltando verso levante, lungo una stradina stretta e sterrata, una paio di incroci nel bosco, poi bisogna fermarsi e procedere a piedi. Inizialmente attraverso fasce piene di arbusti e ulivi abbandonati. Ad un certo punto l’incontro con due biciclette riverse, una più accessoriata e seminuova. Non hanno ancora la ruggine, tutto intorno fazzolettti bianchi di carta.
Non ci sono più sentieri, non resta che cercare di orientarsi verso ponente. Iniziano le rive, i saliscendi improvvisi, e la fitta boscaglia. Taboga ha ‘fiuto’ e si orienta, si procede per quasi mezzora fino a quando, imponente, ecco ciò che resta di una evidente grotta e caverna. Qui l’argilla era una ricchezza, ci sono cimeli naturali sparsi qua e là. Con non poco disagio, quasi strisciando, a gattoni, risaliamo un dosso del Castellaro. Ci troviamo proprio davanti alla grotta ‘avvolta’ dalla boscaglia, arbusti, i segni franosi di scivolamento a valle. Impossibile, almeno per noi, raggiungere l’ingresso a pochi metri comunque, in alto. Il rischio e le difficoltà non sono a nostra portata.
Taboga ci ‘guida’ verso la valle, lungo il piccolo ruscello, ricorda che da quelle parti ha la sua azienda agricola il prof. Armando Corino (al quale dedicheremo un servizio il prossimo numero del blog, un altro personaggio da raccontare finchè è in vita), la sua specialità è l’aloe Arborescente. E per hobby accudisce ed alleva, con grande amore e passione ricorda, un piccolo gregge di capre, pecore, montoni, oche, galline. Risponde subito al cellulare.Arriviamo davanti ad una prima casa, la più vicina alla grotta del Mangiabisce, 400- 500 metri in linea d’aria. C’è una sola inquilina ad accoglierci e tutt’attorno terreni coltivati dalla figlia che frequenta il mercatino a km 0 di Borghetto. Rivelato lo scopo della nostra presenza narra: “Certo che ricordo, mia
mamma raccontava del personaggio, forse l’ha conosciuto…io sono nata a Tovo San Giacomo e abito a Borghetto, in questa casa, da quando mi sono sposata”.
Grazie signora Romana, gentile ed ospitale. Lei che vive quasi in un eremitaggio e a fargli compagnia, oltre alla figlia con una palazzina a poche decine di metri, Corino contadino ed allevatore per hobby. Nell’aria limpida e soleggiata solo il ‘rumore della presenza felice di tanti animali coccolati con amore. (Luciano Corrado)