Era la fine del 1981. Marco Lengueglia, 50 anni, due figli, Commendatore al merito del Repubblica, presidente della Comunità Montana dell’Arroscia, sindaco Dc a Pieve di Teco, poi a Cisano sul Neva, consigliere comunale ad Albenga. Fu lui, con meritato risalto sui media liguri, ad inaugurare nel 1960 la prima attività industriale nel suo paese natale. E la sua giornata più ‘nera’ quando nel 1970 perse le elezioni. Diciamo che la sana alternanza è sinonimo di maturità civile, sociale, democratica. Il ‘casato Lengueglia’, il ‘primo amore’ dei fratelli Luigi (Ginetto) e Marco, orgogliosi di papà Paolo Lengueglia, nel 1909 inaugurava l’azienda di trasporti Alptur con la prima e storica corriera che collegava la Valle Arroscia con Albenga.
Pieve di Teco che, nell’album storico ad honorem, nel 1898, ricorda Bartolomeo Marchisio produttore di carri e carrozze per il trasporto, si specializzava nella vendita per il mercato francese. Nel 1920, subentra il figlio, l’azienda vira verso il commercio di ferramenta fino al 1963. Gli eredi decidono di spostarsi nel mercato enologico, un business fiorente e favorevole. Nasce la Fratelli Marchisio spa. con lo spirito imprenditoriale dei fondatori, Gilberto e Bartolomeo Marchisio. Una terribile nevicata il 17 febbraio 1967 mette a dura prova l’azienda, ma cresce sempre attraverso le novità tecnologiche. Nel 1985 si abbandonano i vecchi serbatoi in legno e cemento sostituiti dall’acciaio inox per raggiungere alti livelli produttivi e clienti in tutto il mondo. Tra rari casi nella Liguria di Ponente che ricorda anche le sue storiche aziende olearie.
La dinastia Marchisio che, contrariamente al secondogenito Marco Lengueglia, non entrò mai nell’arena politica anche se non da oggi il loro peso sull’elezione del primo cittadino di Pieve di Teco non è un segreto. E’ anche grazie ai dipendenti sensibili al ‘richiamo’ del datore di lavoro che almeno in una frazione del paese una maggioranza assoluta ha sempre votato, grimaldello del successo, il giovane sindaco geom. Alessandro Alessandri, un democristiano alla Forza Italia, un breve periodo di conversione a sinistra quando candidata a presidente della Regione Liguria era l’alter ego di Claudio Burlando (e forse qualcosetta di più).
Oggi onorevole Raffaella Paita – il giorno dopo essere stata eletta nel Pd ha traslocato nel partito di Italia Viva di Matteo Renzi – fa parte una pattuglia di 40 deputati e senatori che ha abbandonato il governo Conte. Dopo che lo stesso Renzi, due anni fa, era stato l’artefice della coalizione giallo rossa. E dopo che Matteo Salvini ministro dell’Interno aveva staccato la spina per assaporare invano la vittoria ad elezioni che sono saltate.
Un piccolo siparietto dimenticato. Ferruccio de Bortoli che è stato direttore per 20 anni de Il Corriere della Sera e nel suo libro parla di massoneria: ” Il problema c’è e c’è da sempre: la massoneria italiana (e non solo quella italiana) ha spesso le mani in pasta in molti affari. E nel Belpaese banche (alcune) e logge sono un connubio storico”. Nel suo libro ‘Poteri forti (o quasi)’ dove il giornalista scrittore liberale ha precisato: “Io non ho mai scritto che Renzi è un massone, mi sono solo limitato a porre l’interrogativo sul ruolo della massoneria in alcune vicende politiche e bancarie. Ruolo emerso, per esempio, nel caso di Banca Etruria.” de Bortoli pendolare a Finalborgo nella sua casa al mare.
Se de Bortoli, con la sua esperienza giornalistica nazionale, non ha molte simpatie per Renzi, nel piccolo e con altre carature il sindaco di Pieve di Teco rimane ostinatamente sordo (non è solo, ma con la sua maggioranza) a dedicare ai Lengueglia pionieri, l’imperituro ricordo di un luogo pubblico (strada, piazza, cippo). E’ vero è mancata pure la sprone di chi siede all’opposizione, magari con una mozione e vedere così in ‘faccia’, nero su bianco nei verbali consiliari, quali erano i ‘coraggiosi’.
Il primo cittadino che vanta la parentela con Marco Scajola neo dominus, con Forzitaliota, ora Cambiamo di Toti, del potere di turno imperiese. Con il papà Alessandro e lo zio Claudio, entrambi onorevoli eletti nel collegio del ponente ligure, da Ceriale a Ventimiglia, che qualche debito di riconoscenza al Marco Lengueglia, come raccontava all’amico cronista, non certo per vanto, ma per testimonianza. Già la gratitudine, una di quelle cose che non possono essere comprate. Essa deve nascere …dalla virtù delle persone sagge e accorte…
L’INTERVISTA CONFESSIONE A MARCO LENGUELIA DEL DICEMBRE 1981.
‘AMO IL PALLONE ELASTICO, DISCIPLINA TIPICA DELLA CARA PIEVE DI TECO’
Raccontava al cronista di quel tempo che gli amici di Pieve di Teco gli avevano scherzosamente donato una ‘Ciappa’, simbolo di conciliazione tra le parti. Lui era sempre per mediare e ricucire. Con l’amico Manfredo Manfredi, altro onorevole che ‘faceva votare’, aveva fatto parte, per un periodo, della corrente dei ‘pontieri’ di Paolo Emilio Taviani. Quei pontieri e quei ‘ponti’ che uniscono (e non dovrebbero mai dividere) i cristiani, ma anche il mondo intero ricorda spesso papa Francesco. L’esatto contrario di quanto sta avvenendo nella vita pubblica comunale pievese ormai da troppo tempo e senza che l’elettorato ne tenga conto e punisca chi cavalca divisioni e settarismo più o meno nascosto dalle invidie umane. Il primo cittadino continua a ignorare l’appello dell’umile trucioli.it (senza padroni, senza padrini, senza pubblicità a pagamento) credendo di fare il ‘duro’ e non si rende conto, ma non è solo, di quanta ingiustizia sia capace verso chi riposa in eterno.
E QUANDO IL PREMIO SAN LEONARDO FU ASSEGNATO AI MARCHISIO DAL SINDACO SCAJOLA