Eravamo ai primi anni settanta, alla vigilia della corsa ciclistica Milano-Sanremo: il rito di primavera che appassionava i finalesi molto più di oggi. Tanti si preparavano a raggiungere i luoghi più strani e suggestivi per vedere bene la carovana multicolore degli atleti in bicicletta. Alcuni raggiungevano le curve del Malpasso, altri si organizzavano per salire in cima alla Torre Colombara, sulla punta della Caprazoppa; da quel punto panoramico, con il binocolo, si potevano seguire i campioni del pedale da Finale fin quasi a Pietra Ligure.
di Gabriello Castellazzi*
Nell’Albergo Florenz, di Finalborgo, i primi ospiti di una primavera particolarmente mite si dedicavano a brevi passeggiate all’interno delle mura; i più sportivi affrontavano la Via Berretta per visitare Castel Gavone. Verso l’ora del tè, nel viale alberato di fronte all’hotel si fermava una grossa auto: una lussuosa 1300 Fiat. Ne scendevano un signore di mezza età ed un’elegante signorina. L’albergatore, il signor Rinaldo, dal suo ufficio vedeva l’arrivo dei nuovi clienti e preparava l’accoglienza.
Aperta la porta a vetrata dell’ingresso salutava in primo luogo la signorina elegante e di bell’aspetto che, con accento francese, chiedeva se era possibile avere ospitalità per una sola notte. “Certamente!” – fu la risposta – “Non siamo ancora in piena stagione e una delle stanze più belle è senz’altro a vostra disposizione”.
“Veramente, gradiremmo due camere” – precisava la signorina.
“Non c’è problema. Adesso vi accompagno ai piani superiori e potrete scegliere con comodo”.
Dicendo questo, il signor Rinaldo, lanciava qualche occhiata all’accompagnatore e pensava: “ Sarà il marito o un amico occasionale?”
Un po’ perplesso per la differenza di età tra la ragazza ed il maturo ospite, cercava di capirne la provenienza . Era incuriosito in modo particolare dal distinto signore con quei capelli brizzolati ed il viso nascosto dietro un gran paio di occhiali da sole: si accorgeva di una fisionomia quasi familiare, ma per quanto si sforzasse di ricordare non gli veniva in mente niente. Saliti ai piani superiori visitavano le due stanze più accoglienti, quelle arredate con mobili antichi.
“Ma questo è un mobilio Luigi Filippo!”, esclamava il signore , togliendosi gli occhiali per osservare meglio il letto, l’armadio e le sedie, proprio con l’attenzione di una persona che sapeva apprezzare le cose belle.
A questo punto il signor Rinaldo rimaneva, come si dice, di sale. Il viso del suo nuovo ospite assomigliava incredibilmente a quello di un notissimo regista. Possibile?… forse sarà un sosia. Mantenendo un atteggiamento professionale Rinaldo non disse nulla.
Il sosia del grande regista si avvicinava al letto, si sdraiava e, dopo averne valutato con delicatezza la consistenza diceva: “Qui si sta proprio bene. Complimenti. Era da un pezzo che non entravo in una stanza d’albergo arredata con mobili di antiquariato e così accogliente”.
Rinaldo aveva un tuffo al cuore: anche la voce era proprio quella del regista visto e sentito tante volte in televisione e al cinema. Che sia proprio lui? E la signorina chi è? Non assomiglia nemmeno lontanamente alla moglie.
Poco dopo scendevano in silenzio verso la reception. Rinaldo premuroso presentava il libro per la registrazione degli ospiti. La signorina scriveva il suo nome, Colette B.. ; passava quindi la penna al misterioso personaggio. La firma era abbastanza chiara: Federico Fellini, proprio quel nome era scritto sulla pagina del librone. A questo punto Rinaldo abbandonava un po’ la sua distaccata professionalità e non riuscendo a trattenere l’entusiasmo: “Quale onore avere nel mio albergo un artista come lei! La ringrazio per aver scelto di fermarsi a Finalborgo”.
Con voce quasi un po’ timida il regista rispondeva: “Veramente non ero mai stato da queste parti, andavamo a Cannes per ritirare un premio e cercavo un posto tranquillo per riposare un po’ fuori dal traffico….. Mi dica un po’ cos’è quella strana torre che si vede in cima alla collina?”
L’orgoglio finalese di Rinaldo saltava fuori immediatamente: “Quella è la Torre dei Diamanti di Castel Gavone. Nel medioevo il maniero, distrutto poi dai genovesi, era la dimora dei Marchesi del Carretto. Subito sotto c’è Castel San Giovanni costruito in epoca più recente e meno mal ridotto: i lavori di restauro dovrebbero iniziare proprio tra pochi mesi. Dal Castel San Giovanni, come vede, iniziano le mura medievali che scendono e circondano tutto il Borgo, con le sue case e il campanile del Convento di S. Caterina. Tutto è veramente pittoresco , molti turisti vengono in visita e fanno anche tante fotografie”.
L’illustre ospite, un po’ soprapensiero, ascoltava e guardava: “Mi ha fatto venire un’idea; sono stato troppo seduto in auto, quasi quasi prendo la macchina fotografica che ho nella valigia . Se è così gentile da accompagnarmi, una bella passeggiata mi farà bene e magari possiamo trovare qualche angolo da fotografare. C’è ancora un’ottima luce, se non la disturbo ed è disponibile a farmi da guida, tra cinque minuti sarò da lei”.
“Ma ci mancherebbe! Per me sarà un vero piacere accompagnarla. L’aspetterò qui all’ingresso”.
Rinaldo non stava più nella pelle. Scendeva subito al piano terra, dove il personale preparava la cena. Entrando nelle cucine annunciava con voce squillante:
“Ragazzi, questa sera abbiamo un ospite illustre: Federico Fellini, il regista”.
Tutti si voltarono a guardarlo ed uno di loro gli diceva: “Signor Rinaldo, lei ha sempre voglia di scherzare, cosa ci fa Fellini da queste parti? Con tutto il rispetto per il suo albergo, i registi di quel livello se non trovano almeno un “cinque stelle”, non si fermano nemmeno.”
“Lo sapevo, non mi credete, venite a leggere il registro con nome e cognome; ma presto, perché devo uscire a fargli da guida e non voglio che vi veda all’ingresso come un gruppo di curiosi e ci facciamo anche una brutta figura”.
Sorridendo per il probabile scherzo, Nicola e Sandro accettavano la sfida, salivano nell’ufficio dove era aperto il registro degli arrivi. Non si trattava per niente di uno scherzo, la firma si leggeva bene: Federico Fellini.
Rientravano velocemente al piano terra a confermare, tra la sorpresa dei colleghi, la presenza dell’inatteso e illustre personaggio. Intanto Rinaldo aspettava gli ospiti per una passeggiata tra i vicoli del vecchio borgo. Nella hall scendeva però solo il regista; la signorina aveva deciso di rimanere in camera a riposare fino all’ora di cena.
Rinaldo non era male come guida, cercava di illustrare come meglio poteva tutti gli aspetti più caratteristici del suo paese: le mura, il campanile, la chiesa, ecc… Fellini ascoltava distrattamente come se stesse seguendo dei pensieri lontani: osservava i carruggi, gli archi, le facciate dei palazzi più antichi. Camminando lentamente, ogni tanto si fermava ad osservare con attenzione, quasi scoprendo in ogni nuova inquadratura un’ipotetica scenografia. Sollevava la sua Rolley professionale e scattava foto su foto. Chissà che cosa aveva in mente: forse stava valutando gli ambienti adatti a un nuovo film.
Quando la luce si stava ormai attenuando, decisero di avviarsi verso l’albergo. Attraversando il Borgo, le poche persone distratte non facevano caso a uno dei tanti turisti che giravano curiosi per Via Nicotera, Piazza S. Caterina e Piazza del Tribunale.
Il mattino seguente i due ospiti facevano colazione in sala, tra le occhiate curiose degli altri clienti. Sistemate le valige e sbrigate le solita formalità Fellini si avvicinò a Rinaldo, stretta di mano e con la sua voce inconfondibile: “Un bel arrivederci!”
Saliva sull’elegante 1300 Fiat e si allontanava. Purtroppo Federico Fellini non ritornò più all’Albergo Florenz e il sogno di un possibile set cinematografico nel Borgo medievale di Finale occupò la mente di un grande regista solo per un pomeriggio di primavera.
*Tratto dal libro “Ritorno a Finalborgo” -Racconti veri- Fatti e personaggi- di Gabriello Castellazzi. Edizioni “Libreria Cento Fiori”.