Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Acqui, la rivoluzione della Cardiologia
e la privatizzazione ospedale di Cairo M.
Interrogativi tra sanità pubblica e privata


Da un paio di settimane, la stampa, tanto a diffusione Nazionale, quanto a diffusione locale, scrive in merito ad una presunta rivoluzione nella Cardiologia Acquese. Per quanto si possa desumere dalla lettura dei vari articoli, sembrerebbe essersi innescata una faziosa diatriba tra i vari partiti o tra le varie fazioni, anziché un serio dibattito politico.

Se, come affermato, i Cardiologi – ma vale anche per i Medici di tutte le altre discipline – debbono avere la possibilità di riferirsi alle Società Scientifiche e confrontarsi con il mondo della ricerca, questo è indipendente dall’essere incardinati in una Divisione estesa a tutta la Provincia, escluso il Capoluogo o dal fare capo al Reparto di Medicina Interna del proprio Ospedale: ciò che conta è la professionalità dei Medici, operanti in scienza e coscienza.

In una Città come quella di Acqui Terme, anche non volendo istituire un Reparto autonomo di Cardiologia, il che sarebbe, comunque, raccomandabile, nell’ambito del Dipartimento di Medicina Interna, si potrebbe tranquillamente istituire un Reparto di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e Respiratorio, con Medici Cardiologi e Pneumologi, che potrebbero venire a vantaggio anche di quei Pazienti che, a scopo preventivo o curativo, frequentano gli stabilimenti termali o che vi potrebbero essere inviati.

Nel programmare un servizio, occorre anche tenere presente la vastità del bacino d’utenza, per il Distretto di Acqui Terme, è quanto mai ampio ed impervio e, con certe malattie, è quanto mai utile essere tempestivi nell’intervenire, se non per una soluzione definitiva, almeno per eseguire una prima diagnosi e stabilizzare il Paziente. Un cenno meriterebbe anche l’Oncologia, attualmente presente come Servizio ambulatoriale o di ospedalizzazione giornaliera, senza degenza: considerando l’aumento dell’incidenza di queste patologie, sarebbe quanto mai auspicabile avere un piccolo Reparto di Oncologia Medica, facente capo, come quello precedentemente citato, al Dipartimento di Medicina Interna, restituendo, almeno in parte, all’Ospedale Monsignor Galliano la sua dignità ed evitando all’utenza estenuanti trasferte per raggiungere questo o quel Servizio, dato che non tutti sono in grado di guidare e che i Trasporti pubblici sono stati ridotti al lumicino.

In questi ultimi giorni, si è altresì compiuta la quanto mai indesiderabile privatizzazione dell’Ospedale di Cairo Montenotte e, secondo quanto trapelato, pare che sia avvenuta nella più classica delle maniere: insediamento di persone fisiche o giuridiche il cui scopo è la remunerazione di un capitale investito, il che, seppur lecito in altri settori, non dovrebbe essere assolutamente contemplato nell’ambito della Sanità, la quale è volta ad assistere l’Uomo e non già a fare impresa, cosa ben diversa dal retribuire adeguatamente le persone per il proprio ufficio, diritto quest’ultimo poco o punto garantito, specie in quest’epoca, anche nel settore sanitario. Va da sé che una simile (il)logica porti ad un peggioramento dei servizi offerti all’utenza, a cominciare dal taglio di quelle prestazioni che, in una gestione privata pura, sarebbero meno redditizie: un’operazione di sciacallaggio peraltro già compiuta con altri servizi come Poste, Telecomunicazioni, Energia e Trasporti.

Un analogo spettro aleggia sull’Ospedale di Tortona, le cui radici affondano al lontanissimo anno 1303: una sventata delibera ha soppresso la Divisione di Cardiologia, riducendola a mero servizio ambulatoriale, come già successo nel Nosocomio Acquese, ma, come per incanto, sembrerebbero comparire dei privati intenzionati a riaprire il Reparto, non si sa bene a quali condizioni. Sorge spontaneo domandarsi il perché una, peraltro necessaria, Cardiologia a gestione pubblica rappresenti una perdita, mentre sia economicamente sostenibile la stessa Cardiologia a gestione privata. Purtroppo, le risposte, più d’una, sono facilmente immaginabili e, comunque, correlate a quell’auri sacra fames, di cui parlano Virgilio e Seneca.

Roberto Borri

 

 

 

 


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