In vista della scadenza del tempo concesso dalla Corte Costituzionale al parlamento della Repubblica italiana, inadempiente, per legiferare in materia di «fine vita», la Cei, per bocca del suo presidente, cardinale Gualtiero Bassetti, è tornata ad armarsi di bazzooka e a mirare in alto, sposando «l’ideologia della vita sempre e comunque».
di don Paolo Farinella
Se fosse un’affermazione astratta, senza riferimento alla storia dei popoli, degli uomini e delle donne, sarebbe accettabile senza problemi. Così non è perché Bassetti parla al Parlamento italiano per condizionare la legge italiana che riguarda il Popolo italiano. Il cardinale perde il pelo, ma non il vizio. Io spero, ma ne dubito, che questa ideologia non sia figlia del terrificante ideologismo salviniano: «Prima gli Italiani», secondo cui «gli altri» possono morire in mare, per strada, lungo i confini di tutto il mondo, a patto che solo gli Italiani vivano sani, belli, pasciuti e «sicuri» dentro i porti chiusi, dentro le case sbarrate a smaltire le paure di «assalti di stranieri», assetati di sangue italiota.
Mentre Bassetti parlava sulla «vita sempre e comunque», oltre 1200 bambini muoiono ogni giorno per mancanza di acqua; nel Mediterraneo «i morti d’ufficio» per decreto ministeriale non si contano; in Libia torture, violenze, uccisioni sono la norma con i soldi degli Italiani «brava gente»; in Niger, Ciad, Nigeria, Sudan, Burkina Faso, Somalia, ecc. la transumanza di popoli disperati conta migliaia e migliaia di morti nel deserto verso il Mediterraneo, di cui nessuno sa nulla perché si sa che partono, ma spesso, molto spesso, non arrivano nemmeno nei luoghi tortura libici perché la Pietas stessa li solleva dalle sofferenze indicibili con la morte in transito.
Cardinale Bassetti, vale anche per loro «l’ideologia della vita sempre e comunque»? Se sì, perché non avete scomunicato Matteo Salvini che, rosario in bocca, vangelo in mano, invocando il sacro cuore di Maria, decretava in nome del vangelo «suo» la morte di tanti figli di Dio, quei poveri di cui Dio si dichiara «vindice e protettore»?
Perché i vescovi della Cei, invece di minacciare il Parlamento di uno Stato laico e di Diritto, non si armano di borracce e taniche e zaini per andare alla ricerca di chi «ha fame e sete» e vuole vivere «sempre e comunque» per assicurare un futuro dignitoso ai propri figli e alla propria famiglia?
Difendere una vita che non è più vita, ma solo una vegetazione senza linfa, è aberrante e bisogna trovarcisi prima di sproloquiare astrattamente e nel chiuso di una vita comoda e senza problemi. Nell’ambito cattolico, solo «Noi Siamo Chiesa» ha preso una posizione di verità che ripropongo nel testo integrale. La vita è umana finché resta umana, ma quando umana non è più perché manca la conoscenza, il pensiero, la memoria, la relazione, si difende un vegetale che se potesse decidere, sceglierebbe di essere liberata da un peso che nessuno ha il diritto di porre sulle spalle di chiunque.
«Misericordia voglio e non sacrificio» vale anche per capire le condizioni di vivere e le opportunità per morire se è vero che «la vita non è tolta, ma trasformata». Sarebbe bene che i preti uscissero dalle loro buie sacrestie e si mescolassero «alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono» che, secondo il magistero del concilio Vaticano II, Gaudium et Spes n. 1, dovrebbero essere «pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo».
Con buona pace del «sempre e comunque», che non sarà mai né potrà esserlo, un criterio cristiano. Forse è un criterio clericale di dominio, ma non un valore umano da vivere nella storia dell’umanità.
Paolo Farinella, prete